Siamo nel 23 ottobre 2015. Un nuovo, ennesimo, videogioco basato sulla IP di Warhammer è appena stato sviluppato e pubblicato da Fatshark Games. Mentre tutti cercano di capire se il proverbiale lancio della monetina possa favorire questo gioco, facendo sì che finisca nello schieramento dei videogiochi quantomeno decenti, tutti notano la parola End Times. Orrore. Per chiunque abbia anche solo conosciuto leggermente il mondo di Warhammer prima degli End Times queste due parole hanno più o meno l’equivalenza di una pugnalata nei reni. Appare quindi ovvio quanto come la scelta di accostarle ad una nuova serie di giochi sia decisamente poco saggia. Vermintide riesce comunque ad avere un successo discreto, accattivandosi buona parte della critica con tutti i suoi evidenti lati positivi. Perché questa digressione sul primo capitolo è necessaria? Perché fondamentalmente tutto ciò che segue è riassumibile nelle seguenti parole: Vermintide fatto meglio.
Cosa centra quindi il miglioramento di un gioco acclamato dalla critica con la nostra rubrica? Presto detto: Vermintide 2 è un ottimo gioco, ma per i risultati che potrebbe raggiungere sembra più pigro che altro. Se da una parte inoltre possiamo affermare che sia Vermintide fatto meglio, dall’altra possiamo anche affermare senza ombra di dubbio che sia anche Vermintide fatto peggio. Questo può essere notato in alcuni cambiamenti che inizialmente appaiono appropriati, ma che molto rapidamente finiscono con l’esacerbare alcuni dei più importanti problemi di Vermintide. Problemi che, come nelle più svariate mitologie a cui si appoggiano spesso le ambientazioni fantasy, finiscono con il trattenere Vermintide 2 saldamente al di fuori del paradiso dei cult. Probabilmente produrre un cult non si tratta del vero obbiettivo degli sviluppatori, ma osservando i livelli di dettaglio e passione infusi all’interno del gioco, viene veramente naturale accorgersi che manchi qualcosa.
I Globadier, Toponi armati di globi contenenti miscele tossiche, sono solo alcuni dei nemici speciali che fanno il loro ritorno in Vermintide 2.
Vermintide, in entrambi i suoi capitoli, è un gioco d’azione cooperativa in prima persona. Questa classificazione non dice davvero granché. Per avere un’idea fondamentalmente precisa di che cosa effettivamente sia Vermintide basta semplicemente pensare al capostipite di questo genere di giochi, colui che ha lanciato la cooperazione contro la IA al centro della notorietà al grido di PILLS HERE. Parliamo infatti del successo di Valve: Left for Dead. Vermintide non è assolutamente un clone completo di questo gioco, presenta delle variazioni molto importanti sia nell’ambientazione che nello svolgimento delle missioni, ma sostanzialmente il succo, vivo o morto che sia, rimane quello: spostarsi dal punto A al punto B raggiungendo i più disparati obbiettivi e cercando di ridurre a pezzettini orde su orde di nemici. Il cambio di era tecnologica sposta pesantemente il centro delle meccaniche di gioco sul combattimento in mischia, ma riesce a mantenere convincenti componenti a distanza.
Se con buoni ci riferiamo ai nostri eroi interpretabili, non sono molti. Se invece ci riferiamo ai lati positivi di Vermintide in generale, o anche del secondo capitolo sul primo, possiamo parlare molto a lungo. Parlando proprio dei personaggi, ci accorgiamo di come pochi decisivi cambiamenti possano rivoluzionare tutto. Siamo infatti di fronte agli stessi identici protagonisti del primo Vermintide: il soldato imperiale Markus Kruber, che impersoneremo durante il tutorial, il ranger nano Bardik Goreksson, il cacciatore di streghe Victor Saltzpyre, la guardavie elfica Kerillian, l’unica senza cognome, e la piromante Sienna Fuegonasus. Tralasciando gli interrogativi sul perché Kerillian sia l’unica non sposata del gruppo, pare naturale interrogarsi invece sulle differenze tra Vermintide e Vermintide 2. Essendo End Times già un retcon, ovvero una modifica all’ambientazione, pare abbastanza ridondante tornare indietro e modificare o aggiungere ulteriori personaggi. Quindi Vermintide 2 si avvicina agli RPG con l’introduzione delle classi.
Vermintide non è un RPG. Il vecchio sistema del primo capitolo prevedeva un modello di equipaggiamento molto calzante, ma il livello di potere dei personaggi esclusi gli oggetti rimaneva costante. Vermintide 2 invece prende una piega molto marcata verso gli RPG, introducendo delle classi interne ai personaggi. Questo è importante poiché permette ai giocatori di coprire ruoli diversi senza per forza dover cambiare eroe. Oltre alla miglioria meccanica derivante da questa decisione, ci troviamo di fronte anche a un’ampia varietà grafica. Ogni eroe ha infatti a disposizione tre classi diverse, importate direttamente dall’ampissimo mondo di Warhammer. Chi già conosce Vermintide riconoscerà facilmente le classi base, disponibili fin da subito, mentre invece chi dovesse essere già pratico di Warhammer troverà familiarità con le nuove aggiunte. Queste forniscono inoltre un senso di progressione all’interno di Vermintide 2, essendo sbloccabili solo giocando con l’eroe giusto.
Già a questo punto si può quindi notare una miglioria fondamentale. Vermintide 2 ha un senso di progressione a prescindere dalla difficoltà di gioco. Nel primo capitolo infatti ci si poteva stancare rapidamente senza andare ad aumentare la difficoltà, l’unico vero stacco tra i giocatori era l’esperienza e la qualità dell’equipaggiamento. Ora ci troviamo invece di fronte a un sistema di livelli che premia il giocatore a prescindere dalla difficoltà prescelta, e che fornisce a quest’ultimo equipaggiamento consono alla sua esperienza. Anche i talenti, piccoli bonus sbloccabili ogni cinque livelli del personaggio, illuminano la via in questo nuovo modo di pensare di Vermintide. Quindi un eroe di livello alto sarà a prescindere più potente di uno di livello basso. Certo, le capacità del singolo rimangono il fattore più importante, e non è assolutamente impossibile che giocatori più capaci riescano a fare cose ritenute impossibili, ma un numero rimane un numero.
Vermintide 2 presenta 3 specializzazioni per personaggio, portando il totale di classi giocabili a 15. Nel caso di Kerillian pare essere in grado di farle anche cambiare razza di elfo.
Vermintide 2 apporta tante novità, cambia le classi, cambia il sistema di loot (qualcuno ha per caso detto lootbox?), cambia il potere del giocatore, cambia gli scenari. A un novizio il cambiamento più importante potrebbe apparire ovvio, ma a un giocatore esperto importerà sempre e prima di tutto come diventare più potente. Il sistema di loot di Vermintide era oggettivamente abominevole. Passi il minigioco casuale legato ai dadi, che a fine partita portava via più tempo che altro. Passi il fatto che anche giocare a livelli più alti non assicurasse assolutamente loot migliore. Passi il fatto che un giocatore assiduo di Bardin o in generale personaggi da mischia potesse ottenere armi da tiratore. Beh no, questo proprio no. In generale, pur rimanendo basato sulla fortuna, il sistema di lootbox di Vermintide 2 rappresenta un passo, seppur da lumaca, avanti, limitando il random al personaggio giocato. Non è da poco.
Ben poche cose sono rilassanti come il rumore di un cranio di topo che si sfracella. Da questo punto di vista sia Vermintide che Vermintide 2 sono assolutamente soddisfacenti. Osservare le braccia del nostro personaggio che caricano lateralmente o verticalmente il proprio martello, sentire il rumore della carne che si schiaccia e delle ossa che si sfracellano. I fiotti di sangue e i pezzi di topo che volano. Vermintide 2 risulta veramente poetico per chi cerca queste cose. Molto spesso il gioco diventa frenetico e ci si ritrova invischiati in un vortice di colpi mortali, ossa e pezzi di umanoide non meglio identificabili. Il dettaglio con cui viene gestito questo aspetto del gioco rasenta in maniera accurata la psicopatia ed è un tratto distintivo di Warhammer, tuttavia in tutte le altre IP risulta veramente blando rispetto al risultato di Vermintide 2. Assolutamente dieci martelli su dieci.
Nulla sottolinea distruzione come un paio di incendi dolosi qua e là. Sienna potrebbe saperne qualcosa.
Difficile parlare di mondo riferendosi a Vermintide. Il sistema di gioco è sempre stato infatti caratterizzato da singoli livelli sconnessi tra loro. Nel primo capitolo questo risultava poco funzionale. Le mappe infatti si presentavano sì sempre diverse e con piantine varie, ma con colori sempre monotoni e a volte ripetitivi, quantomeno prima dell’aggiunta dei DLC. Vermintide 2 non si presenta invece con un gruppo di mappe molto folto di per sé, ma le tematiche sono sempre molto chiare e ben differenti tra loro. Anche la colorazione e le diverse sfumature dell’ambiente riescono a comunicare in maniera efficiente come il luogo del gioco non sia più Ubersreik, pur mantenendo diverse località prettamente urbane. Bisogna rendere atto di come rendere questa differenza non sia facile e di come vi siano riusciti in maniera sicuramente convincente in Vermintide 2.
Uccidere ratti grandi come adolescenti è sempre soddisfacente, ma può correre il rischio di diventare noioso in fretta. I diversi nemici speciali di Vermintide spezzano molto la monotonia e tengono il giocatore sulle spine, evitando che questi si rilassi troppo. Tuttavia anche questa aggiunta diventa presto familiare e insufficiente per il suo scopo. Vermintide 2 decide quindi di puntare sulla varietà in altri campi, e getta nella mischia non altri Skaven, i nostri amati rattoni giganti, ma direttamente i guerrieri del Chaos. La scelta è in questo caso andata a cadere sui seguaci del dio Nurgle, una delle quattro divinità principali del pantheon caotico. Questi era senza ombra di dubbio il più gettonato, poiché permette a Fatshark di non allontanarsi troppo dal suo colore preferito: il verde. Certo, si tratta di una scelta di colori che sicuramente non ci lascia verdi d’invidia. Sensato per l’ambientazione, meno vario dal punto di vista visivo.
Il senso di progressione negli RPG è uno dei fattori più importanti che mantengono il giocatore incollato al gioco. Vermintide 2 non è un RPG. Le nuove meccaniche appaiono quindi decisamente fuori posto all’interno del ruolo che dovrebbe occupare un gioco di questo genere. Il giocatore medio dei giochi d’azione infatti desidera qualcosa di immediato, in cui prevalere grazie alla propria abilità e ai propri riflessi. Vermintide offre questo, ma Vermintide 2 avvelena il suo pozzo con questa sorta di deriva RPG, mettendo di fatto una, seppur labile, barriera. Questa scelta è molto particolare poiché rende sì Vermintide unico rispetto ai suoi competitori, ma al tempo stesso lo pone in una posizione di svantaggio rispetto a questi ultimi. Un giocatore che amasse Vermintide 2 sicuramente potrebbe apprezzare pilastri come Left for Dead, un giocatore di Left for Dead potrebbe assolutamente non trovare divertente e immediato Vermintide 2. Design errato?
Anche dal punto di vista del loot il miglioramento è relativo. Certo, non corriamo più il rischio di ricevere un arco per la nostra amata Kerillian se giochiamo Bardin tutto il giorno, ma questo non significa che i problemi siano finiti. Il loot è infatti legato al personaggio giocato, non alla sua specializzazione/classe. Ecco che sembra quindi di ritrovarsi a vedere un film già visto, quando invece di ricevere inutili armi a distanza per altri personaggi come in precedenza, riceviamo magari inutili armi da mischia per la specializzazione del nostro personaggio che detestiamo. Certo, il passaggio dal drop per partita a tre oggetti invece che uno diminuisce la possibilità di ritrovarsi in queste situazioni paradossali e frustranti, ma ironicamente non la elimina totalmente. Difficile dirsi se si tratti di un errore di valutazione da parte degli sviluppatori o se semplicemente sia stato deciso come margine minimo.
Nessuno si aspetta di aprire un gioco ed essere già un giocatore più che capace nei primi cinque minuti. Vermintide 2 non è immediato, caratteristica che dalla prima uscita va a peggiorare immensamente. Nel primo capitolo infatti conoscere a menadito le mappe in cui ci si andava a muovere era il requisito principale. L’unica altra capacità richiesta era una buona mira e un minimo di riflessi. Il secondo capitolo invece oltre a quanto già visto prevede anche l’aver giocato un certo periodo di tempo e possedere le armi più performanti. L’equipaggiamento risulta soprattutto un problema da questo punto di vista, poiché potremmo trovare le armi più adatte alla nostra classe nei livelli più bassi, rendendole meno potenti di altre alternative meno adatte. Tutto questo insieme di requisiti non fa altro che rendere sempre più difficile potersi godere Vermintide 2 in ogni livello di gioco, e immobilizza tranquillamente i giocatori meno determinati.
Il più grosso problema di Vermintide 2 rimane quindi l’accessibilità e la capacità di intrattenere i giocatori meno impegnati. Sotto questo punto di vista le mappe fanno più danni che altro. Bisogna sottolineare che il risultato da voler raggiungere fosse diversificare ogni partita, cosa che riesce soprattutto dal punto di vista tattico in maniera egregia. I livelli risultano però molto spesso disorientanti e, in maniera evidente in ambito urbano, molto confusi. Possedere opzioni diverse per raggiungere lo stesso identico luogo è un ottimo metodo per mantenere sempre fresco il gioco, ma può essere penalizzante dal punto di vista temporale. Trattandosi di un gioco cooperativo bisogna sempre infatti considerare come sia facile dividersi o perdersi di vista anche solo per errore, e farlo in una mappa che va avanti da venti minuti può lasciare molto amaro in bocca.
Dal punto di vista tecnico Vermintide 2 è assolutamente più curato del suo predecessore, ma non per questo esente da critiche. Il sistema di generazione dei nemici è sempre molto ballerino, posizionando a volte modelli incastrati tra loro. Non manca assolutamente qualche piccolo buco nella programmazione. Volendo essere precisi, per il costo finale presentato da Vermintide 2, non si tratta sicuramente di un titolo indegno, anzi. Bisogna però anche osservare il potenziale inespresso e, rapportandosi a produzioni ben più costose, concedere che Vermintide 2 sia un titolo godibilissimo e degno dei più svariati apprezzamenti. Ecco che quindi il nemico che decolla verso la mesosfera dopo un colpo mortale può si provocare qualche risata inconsulta, ma può altrettanto facilmente farci ragionare su come sia fragile la parte tecnica di Vermintide 2. A questo dettaglio si aggiunge che i crash siano tutt’altro che rari, argomento soggetto a variabili difficilmente calcolabili.
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