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L’eterno dibattito su Balotelli

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Andrea Braschayko

«Per convocarlo serve carattere: non lo aveva Ventura, non lo ha Di Biagio». Mino Raiola non è certamente una persona che ama la diplomazia e le accuse velate, ma nel parlare dell’ennesima esclusione del suo assistito dalla Nazionale ha usato toni forti e furenti persino per il suo “stile”: «La Nazionale dovrebbe rappresentare i migliori ma i migliori non vengono presi in considerazione. Questa Federazione fa schifo, è piena di gente scarsa. La Federazione dà poteri totali al commissario tecnico, che ora è cambiato, ma le scelte no».
Qualcuno sottolinea come sia lo spogliatoio azzurro a sconsigliare la chiamata di Mario in azzurro: «Ma quale spogliatoio? La punta è l’unico giocatore a cui basta segnare e se lo spogliatoio non lo vuole che lo dicano. Vengano fatti nomi e cognomi: nell’Italia comanda lo spogliatoio o il ct?».
Mario Balotelli, probabilmente il calciatore italiano più discusso di sempre, e Mino Raiola, forse il procuratore più odiato del calcio mondiale. Insomma, cosa può andare storto?

Balotelli e l’uomo che a vent’anni gli promise: «Ti farò vincere tre Palloni d’Oro».

Rispondendo ad alcune domande è possibile dividere il mondo in due macro-categorie, destinate a non incontrarsi mai e rimanere in lotta perenne: sei di destra o di sinistra? preferisci il tè alla pesca oppure al limone? Ami oppure odi Balotelli? 
Difficile trovare qualcuno nel mondo del calcio che non abbia una propria opinione sull’attaccante di origine ghanese, in una scala che va da «l’attaccante più forte che abbiamo dai tempi di Vieri» a «un sociopatico che non cambierà mai il suo atteggiamento».
Alla prima categoria appartiene Jorge Sampaoli, che pochi giorni fa prima dell’amichevole con gli azzurri a Manchester ha dichiarato su SuperMario: «È un grande giocatore, lo vorrei con me, ha capacità e passione per il gioco e per questo lo ammiro». Detto da un ct che non convoca Dybala e Icardi per scelta tecnica, sono parole pesanti.

Criticare Balotelli è cosa molto facile

La domanda rivolta a Raiola sullo spogliatoio azzurro non è casuale: Balotelli non veste la maglia dell’Italia dal 2014, anno del fallimento alla rassegna iridata in Brasile. Come tutti ricorderanno, Balotelli fu il principale bersaglio della stampa e – a quanto si disse – degli stessi “senatori” della Nazionale.
Lo stesso Prandelli, colui che aveva più creduto nelle doti di SuperMario, dopo le dimissioni commentò rassegnato l’atteggiamento del ragazzo fino a dire che «non ha ancora capito che il calcio è un lavoro».
Con l’arrivo di Conte (a proposito di «commissari tecnici di carattere» dei quali parla Raiola) per Balotelli è arrivata una sola convocazione, per la partita di qualificazione a Euro 2016 contro la Croazia. In quell’occasione, peraltro, Mario lasciò il ritiro per infortunio.

Nonostante Claudio Marchisio – uno dei pilastri della Nazionale in quegli anni – abbia dichiarato che «Ormai chiunque cerchi a tutti i costi il titolone ci prova con Mario. Talvolta lui commette ingenuità, quasi dà l’impressione di non aver tanta voglia di diventare adulto. Nessuno però scrive mai che è, prima di tutto e per davvero, una persona buona. Ma noi lo sappiamo» è difficile pensare a un Balotelli ben accetto tra le fila azzurra nonostante le dichiarazioni di circostanza. Le parole imputate a Buffon e De Rossi («in nazionale non vogliamo le figurine») negli spogliatoi dopo la sconfitta con l’Uruguay ancora rimbombano negli ambienti azzurri.
Se ogni fallimento ha bisogno di un capro espiatorio (oltre all’allenatore, ovviamente), Mario Balotelli nell’estate brasiliana lo incarnava perfettamente. Le colpe dell’attaccante sono state sicuramente molte (poco da ricordare oltre il gol all’Inghilterra), ma di colpevoli nella figuraccia ce ne furono molti. Si possono solo immaginare le reazioni di stampa e tifosi se con il Costa Rica fosse stato espulso lui e non Marchisio.

La metamorfosi in Costa Azzurra (sognando l’azzurro)

In ogni caso, i successivi due anni furono i più difficili della carriera di Balotelli: tra Liverpool e ritorno al Milan segna solo un paio di gol nel biennio in cui Conte trascina l’Italia a Euro 2016. Parlare di convocazione in nazionale è pure utopia, per molti Balotelli non è neanche più un calciatore.

Ormai dimenticato da tutti (che sia stato questo il vero motivo della sua rinascita?) l’ultimo giorno della sessione di mercato del 2016 Balotelli passa in Ligue 1, al Nizza.
Al debutto segna una doppietta al Marsiglia, e si ripete la settimana dopo contro il Monaco. Pochi giorno dopo arriva anche la prima rete in Europa League contro i russi del Krasnodar. Per uscire dal dimenticatoio e tornare alla ribalta dei quotidiani sportivi italiani bastano poche settimane: il dibattito sul ritorno Balotelli in nazionale diventa subito infuocato, anche se l’opinione pubblica è ancora diffidente.

Dopo il Milan, Balotelli veste la maglia rossonera del Nizza.

Diffidente è anche Giampiero Ventura, che si gode la coppia Belotti-Immobile che fa faville contro Israele e Macedonia nelle qualificazioni e a molti sembra andare bene così. Le discussioni sulla sua convocazioni continuano tra alti e bassi, per poi infiammarsi dopo la clamorosa eliminazione contro la Svezia nel play-off Mondiale: «A questo punto potevamo convocarlo Balotelli, no?» si chiedono alcuni tifosi.

Nel frattempo Balotelli continua a segnare e far sognare la Populaire Sud dell’Allianz Rivera, diventando in fretta l’idolo della tifoseria nizzarda. Lo scorso febbraio, con la doppietta alla Lokomotiv Mosca, SuperMario è diventato il miglior marcatore del Nizza nel nuovo millennio, con 38 reti in appena 55 gare.
In una dimensione più ristretta e nel calcio sottoritmo francese Balotelli ha ritrovato un buon ambiente per rinascere, in un mondo a lui più congeniale rispetto a Serie A e Premier League sia sul campo che fuori da esso.

L’Italia ha davvero bisogno di Balotelli?

In questa stagione SuperMario ha realizzato 22 gol in 31 partite con la maglia del Nizza. Si può discutere sul livello attuale del campionato francese, ma dati alla mano Balotelli è il secondo attaccante italiano più prolifico dopo Ciro Immobile.

L’attacco azzurro sembra in realtà essere già sistemato per i prossimi anni, con Immobile in lotta per la Scarpa d’Oro e un Belotti che cerca di tornare agli splendori di un anno fa. Negli ultimi mesi si sta affacciando anche il baby-bomber del Milan Cutrone.

Eppure la situazione non sembra essere così florida: nei 180′ minuti con la Svezia l’Italia non è riuscita a trovare neanche un rete. Gli altri due match significativi del biennio di Ventura, quelli con la Spagna, non sono stati molto diversi: una sola rete in due gare. Il tutto nonostante le basi ultra-offensive poste dal gioco di Ventura durante le qualificazioni.
Per le amichevoli con Argentina e Inghilterra, insomma, Di Biagio poteva provare alcune soluzioni nuove nel reparto d’attacco, e Balotelli (insieme a Zaza che sta vivendo una splendida stagione al Valencia) poteva essere uno di questi.
D’altronde negli ultimi anni sono stati provati tra gli altri Eder, Gabbiadini, Petagna, Sansone e Destro; perché non provare anche Balotelli?

Se Balotelli avesse partecipato alle due partite di novembre con la Svezia, probabilmente sarebbe stato additato come principale colpevole della sconfitta.

Un ragazzo che ha sbagliato molto, forse troppo nella sua vita, ma che negli ultimi tempi ha ritrovato la gioia e la motivazione di giocare a calcio (e un Balotelli in forma e in piena salute mentale ha poco da invidiare a molti attaccanti europei) non merita una seconda chance?

Un’occasione che dipenda solamente da ciò che fa in campo e non quello che fa o dice fuori dal rettangolo di gioco? Anche perché, francamente, non illudiamoci: Balotelli al Nizza è rinato calcisticamente, ma il suo carattere non è molto cambiato rispetto a qualche anno fa. Le “balotellate”, seppur diminuite e più lontane dalla pressione mediatica italiana, ci sono ancora: espulsioni e dichiarazioni senza peli sulla lingua sono rimaste nel patrimonio di SuperMario anche in Francia.

Forse, però, è questa l’essenza stessa del calcio e dello stile di vita di Mario Balotelli: essere un personaggio scomodo, magari mai completamente maturo, con i problemi che non riesce a superare dall’infanzia. Un atteggiamento che può essere tollerato o meno, a seconda dei punti di vista, ma che non può fare a meno di suscitare interesse: nel 2013 si prese la copertina della rivista statunitense Sports Illustrated con il titolo The most interesting man in the world. Balotelli è anche questo. Prendere o lasciare. E l’Italia, in questo momento, non può permettersi di far finta che non esiste.

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Andrea Braschayko

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