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Se leggiamo poca narrativa forse non è solo colpa nostra

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Michele Maestroni

Quando si parla di libri, si decide di parlare a un pubblico molto piccolo: le statistiche sul numero di lettori in Italia si conoscono bene, e si sa che a ogni rilevazione scendono sempre di più. A completare il quadro, il paradosso: nonostante i lettori siano sempre meno, le pubblicazioni in Italia continuano ad aumentare. Quasi 67.000 novità nel 2017 (lettori: 40% della popolazione italiana), contro le 59.000 del 2012 (lettori al 46%).

Il numero di pubblicazioni è enorme. Certo, occorre scremare il dato: questi 67.000 sono da dividere in fette di diversa grandezza. Libri scolastici, saggistica, letteratura per bambini e ragazzi, narrativa adulta, manualistica, guide di ogni tipo, eccetera. La narrativa è il genere che va per la maggiore, ovvero quello che viene letto di più da più persone: di conseguenza è quello più pubblicato (un libro su tre, 20.000 copie nel 2017).

Da mettere in evidenza il dato ancora una volta: 20.000 nuovi libri di narrativa solo nel 2017, 67.000 nuovi libri nello stesso anno. Sommati alle pubblicazioni degli anni immediatamente precedenti, la quantità di nuove pubblicazioni è esorbitante.

A confronto, il numero di novità pubblicate nel 1980 e nel 2017.

L’immagine qui sopra mostra come in quasi quarant’anni il mercato del libro sia esploso in modo impressionante. Sempre più libri, per un pubblico che diminuisce di anno in anno, che si riversano in migliaia in librerie ancora strabordanti dall’anno prima, e tutti potenziali casi letterari e insieme sull’orlo del flop. Un mondo che viaggia a tutta velocità verso una prevedibile (e forse già in corso) inflazione.

In mezzo a tutto questo, c’è il lettore, che inevitabilmente si trova più confuso e intimorito che incuriosito dall’enorme varietà di scelta. Tolti i casi letterari diventati incredibile fenomeno di consumo (Harry Potter, Twilight), per quale titolo, per quale autore aprire il portafogli? Puntare sul contemporaneo affermato, pubblicizzato e apprezzato dalla critica (ma quale dei già tanti?), o è nell’ombra che si nascondono le storie migliori di oggi? Affidarsi alla quarta di copertina o alle recensioni online? La soluzione a tutti i dilemmi spesso la si trova facilmente cambiando direzione e rifugiandosi sotto la sezione dei classici.

Durante l’ultimo Festivaletteratura di Mantova, un autore di libri per ragazzi fa notare, in un incontro, come i libri preferiti dei giovani oggi siano due volte su tre dei grandi classici. Aggiunge, poi, che la sua generazione invece leggeva e apprezzava molto di più i suoi contemporanei – e cita come uno dei suoi preferiti Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi, prima edizione nel 1994 (l’autore in questione è nato nel 1974, perciò si ritorni al diagramma precedente: in quegli anni, con una quantità minore di novità annuali, la narrativa contemporanea era sicuramente più semplice da scoprire e seguire).

C’è un insieme di ragioni concatenate per cui il gusto e l’orientamento della lettura di ragazzi e giovani adulti, in linea di massima, rimane fortemente indirizzato al testo classico.
Si può partire da ciò con cui i giovani lettori hanno a che fare nella vita di tutti i giorni, ovvero la scuola, di cui sono ancora frequentanti o freschi reduci. Il programma scolastico propone quasi esclusivamente, dentro e fuori l’aula, letture di classici, dai più antichi ai più recenti. L’alunno è portato così a familiarizzare con un certo tipo di canone: gli viene cioè indicato il sentiero illuminato e sicuro su cui muovere i primi importanti passi nel mondo della letteratura.

A meno che l’insegnante non sia un anarchico (e di professori anarchici, rivoluzionari e dissidenti l’insegnamento della letteratura oggi ne ha uno smisurato bisogno), la scuola, quindi, mette gli alunni-lettori di fronte a una possibilità, che è lo standard del classico, e tace disinteressata e forse poco informata su tutto quello che non è nel programma ministeriale. E se si vuole conoscere e assaporare altro, bisogna arrangiarsi con letture personali, uscire dalle sicure direzioni scolastiche e vagare per le altre sezioni di libreria e biblioteca, provando a scegliere un po’ a naso e un po’ seguendo i passaparola e i blurb: a questo punto il giovane lettore potrebbe trovarsi nello smarrimento accennato prima.

Per di più, l’ascrizione di un libro all’etichetta di classico dona all’opera la più alta considerazione. Dal vocabolario Treccani: «perfetto, eccellente, tale da poter servire come modello di un genere, […] che forma quindi una tradizione o è legato a quella che generalmente viene considerata la tradizione migliore». Una certificazione di massima qualità che condiziona fortemente la scelta di lettura, nonché la percezione culturale e sociale dell’opera: un classico, in quanto tale, è in grado certamente di arricchire e soddisfare ogni lettore. Dell’aura di magnificenza che circonda il testo tradizionale se ne serve con furbizia la logica commerciale della libreria, che ha divisa scrupolosamente in due sezioni la narrativa: “Classici” e “Narrativa contemporanea” o simili, nonostante la distinzione sia puramente formale – il genere è uno solo, viene scisso in due in funzione di una maggiore facilità di vendita del prodotto.

Il ripiego sul classico, quindi, per poter andare a colpo certo, in termini sia di soddisfazione che di rapporto qualità/prezzo. La tradizione letteraria è per il lettore inesperto (e non solo) una mamma sempre pronta ad accoglierlo in grembo e mantenerlo al sicuro. In fondo, se il classico è sopravvissuto all’insidia del tempo, vuol dire che era e rimane un libro eccezionale, un meridiano (si veda non a caso la pregiata collana della Mondadori) verso cui orientare ancora una volta la propria lettura. Un riparo forse dettato un po’ anche dalla pigrizia, ma almeno all’inizio costretto dalla sconfinata pluralità di prodotti con cui il vorace mercato del libro oggi ci assalta; il lettore (giovane, ma forse e più verosimilmente di qualunque età) si trova in una condizione di incapacità che cela il bisogno di avere qualcuno o qualcosa che indichi un nuovo sentiero: una via parallela (o, meglio, complementare) a quella del classico che permetta di attraversare con lo stesso passo sicuro il mondo della narrativa contemporanea.

Probabilmente, è conseguenza del fatto che i lettori oggi sentono la necessità di un consiglio affidabile e autorevole che mostri loro (tra i ventimila annuali) quale libro fresco di stampa possa valere l’impegno della lettura – in altri termini, è perché il gusto e l’interesse del lettore non riescono più a orientarsi autonomamente in mezzo alla quantità esagerata di nuove uscite – che oggi le riviste letterarie attraversano una fase di grande successo, diffusione e influenza. A ben vedere, realtà come La Lettura, Il Tascabile, Minima&Moralia e molte altre hanno il dichiarato obiettivo di costituire una critica letteraria consapevole e di livello, e fornire al lettore le migliori coordinate con cui tracciare le giuste rotte nell’universo narrativo di oggi; ma qui si apre un discorso – quello delle riviste letterarie e del loro ruolo culturale e sociale – che merita sicuramente di essere trattato a parte.

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Michele Maestroni

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