Ci siamo lasciati alle spalle una settimana tanto emozionante quanto turbolenta. Una tre giorni di coppe europee che ha saputo ridare prestigio al calcio italiano, dopo il tracollo dello scorso novembre: una ferita che ancora non si è rimarginata, anzi. In questa settimana a sorridere è stata la Roma, che ha conquistato la semifinale di Champions League che mancava dal lontano 1984, l’anno della finale persa tra le mura di casa contro il Liverpool. La casualità vuole che l’ultimo ostacolo tra i giallorossi e la finale di Kiev siano proprio i Reds di Jurgen Klopp, formazione dove peraltro gioca Mohamed Salah, prelevato proprio dalla Roma nella scorsa sessione estiva di calciomercato. Dall’altra, la delusione e la rabbia di una Juventus combattiva e determinata a far vedere a tutta l’Europa che il Real Madrid non è una squadra imbattibile, tutt’altro. Soprattutto, alla delusione di aver perso la speranza, si aggiunge l’amarezza di vedere un campione come Gigi Buffon perdere completamente il controllo per via una decisione arbitrale, risultata poi decisiva al fine del risultato.
Tutta l’Italia calcistica si è stretta attorno ai colori della Roma, sostenendo ed emozionandosi per quella che è stata una rimonta tanto grande quanto insperata: un vero e proprio miracolo confezionato da Eusebio Di Francesco. Una partita completamente diversa rispetto a quella che si è vista al Camp Nou, in cui una Roma abbastanza confusa ha concesso quattro gol di cui due autoreti. Sul risultato parziale di 3-0 la Roma va a marcare quello che è stato indubbiamente il gol della speranza: Edin Dzeko si inserisce tra la coppia dei centrali di difesa e batte Ter Stegen con un sinistro rasoterra a fil di palo. Successivamente il Barcellona troverà la rete dal 4-1 definitivo con Luìs Suarez, risultato che sembrava assolutamente proibitivo. Come spesso accade in molte partite di Champions League – competizione in cui ancora non c’è l’aiuto del VAR – la partita è stata condizionata da un episodio dubbio che avrebbe potuto portare la Roma a usufruire di un calcio di rigore ancora sul risultato di 0-0. Nonostante questo però, il tono seppure critico è rimasto basso, contestando una decisione che era assolutamente rivedibile e che poteva completamente rivoluzionare l’esito di questa contesa. Questo è solo uno dei motivi per cui un aiuto tecnologico come quello offerto dal VAR è assolutamente indispensabile in questi casi. Nella partita di ritorno inoltre è stato lampante come sul rigore che ha portato al 2-0 di De Rossi, lo stesso arbitro inizialmente ha lasciato correre quella che è stata una palese trattenuta nei confronti di Dzeko. Tutti pensieri che sono svaniti al 3-0 di Manolas, con un colpo di testa preciso che anticipa i difensori blaugrana sul primo palo, lasciando Ter Stegen spiazzato. Una grande vittoria, una partita ragionata perfettamente sulla tattica, contro quelli che senza ombra di dubbio sono i rivoluzionatori del calcio del nuovo millennio. Proprio da queste partite il movimento deve ripartire, sfruttando il grande potenziale della tradizione italiana in tema di comprensione tattica di certe partite. Ancora più bello è stato vedere i complimenti e le congratulazioni per quanto successo a Roma da parte delle società, che una volta tanto sono state capaci di mettere da parte le questioni interne e gioire tutti insieme di una grande impresa sportiva.
Discorso diverso invece per quanto riguarda la Juventus, che è andata vicina a conquistare un posto per le semifinali di Champions League. Un compito certamente difficile: dopo lo 0-3 subito in casa contro il Real Madrid era impensabile, quasi impossibile, pensare di replicare un risultato così schiacciante contro i bi-campioni d’Europa. E pensare che era partito tutto splendidamente per i bianconeri, che erano passati in vantaggio già al ‘2 di gioco grazie a un colpo di testa di Mandzukic, su assist di Khedira. Questo ha avviato la partita verso una grande rimonta: infatti allo scadere del primo tempo il numero 17 della juve segna la sua doppietta, sempre di testa. Il doppio confronto viene pareggiato attorno al ’60 quando su una grossa indecisione di Keylor Navas, Blaise Matuidi segna a porta vuota quello che è il gol del momentaneo 0-3. Una partita che sembrava indirizzata verso i tempi supplementari, con il vantaggio per la Juve di poter effettuare due sostituzioni. Il piano va tutto a rotoli quando su un errore di Alex Sandro, Cristiano Ronaldo scappa sul fondo e mette un cross a centro area, diretto per Lucas Vazquez, marcato da Medhi Benatia. Il contrasto viene giudicato falloso ed è calcio di rigore. La Juventus si accanisce contro il direttore di gara Michael Oliver, accerchiandolo e protestando in maniera abbastanza adirata riguardo l’assegnazione del penalty. Tra la sostituzione per far entrare Szczesny e la battuta del rigore la partita finirà al ’98 minuto di gioco: Cristiano Ronaldo, dall’alto della sua precisione sui tiri dal dischetto porta avanti il Real Madrid nella semifinale di Champions League, lasciando l’amaro in bocca ai tifosi della Juventus, che avevano creduto a una rimonta ormai possibile.
Un miracolo che quasi si è compiuto, dal momento che i bianconeri avevano quasi portato a casa i tempi supplementari, fino al rigore che ha deciso la contesa a favore dei Blancos. Quello che è successo nei minuti successivi al fischio dell’arbitro Michael Oliver rovina tutto il buono fatto dalla Juventus fino a quel momento. Infatti fa male vedere un campione come Gigi Buffon finire quella che – probabilmente – sarà la sua ultima partita di Champions League in questa maniera. Una scena assolutamente vergognosa, come tutta la squadra abbia accerchiato il direttore di gara in maniera rabbiosa per contestare la decisione del tiro dagli undici metri. Oltre quello, le proteste del capitano Buffon hanno portato il direttore di gara a dare un cartellino rosso al portiere juventino. Questa però è stata solamente l’inizio di una serie di polemiche. L’amarezza è continuata nel dopopartita tra le dichiarazioni dello stesso Buffon, ma anche di altri uomini Juve: Medhi Benatia, autore del fallo da rigore su Lucas Vazquez, ma anche il presidente Andrea Agnelli. Hanno fatto il giro del mondo le parole di Buffon, che hanno definito Michael Oliver come una «persona insensibile», invitando lo stesso direttore di gara – più o meno velatamente – a non esercitare più la professione di arbitro. La gravità di queste dichiarazioni si manifesta soprattutto quando molti tifosi della Juve hanno insultato la moglie dello stesso arbitro Oliver: alcuni tweet abbastanza pittoreschi recitavano frasi come «devi morire tu e quel pezzo di m***a di tuo marito». Questo attacco diretto alla signora Oliver ha portato la polizia inglese ad aprire un’inchiesta, dal momento che oltre ai tweet minacciosi, sono arrivati sms e altri messaggi di posta minatori. Le parole di Buffon hanno scatenato una tempesta mediatica talmente grande che gli stessi tifosi juventini si sono addirittura scagliati sui social contro la bandiera bianconera Alessandro Del Piero, storico capitano della Juventus, reo di non aver essersi trovato d’accordo con quanto detto da Buffon.
Successivamente, l’attuale capitano della Juventus ha ribadito – in toni comunque più pacati – la sua posizione, sostenendo quanto detto in precedenza al Santiago Bernabeu. Una partita che si lascia dietro degli strascichi esagerati, perché è impensabile che un campione come Gigi Buffon, che tutti quanti abbiamo stimato con la maglia della nazionale, sia nei momenti belli che nei momenti brutti possa scendere a tali livelli. Il discorso di un uomo in lacrime, perché visibilmente dispiaciuto di non essere riuscito a portare l’Italia ai mondiali aveva fatto il giro del mondo, appassionando tutti i fans di questo sport per l’umiltà di un campione. Le frasi di Buffon non aiutano a migliorare l’antipatia nei confronti di una squadra come la Juve che è da diversi anni che rappresenta il calcio italiano in Europa. Nella partita di Madrid abbiamo perso tutti, non solo la Juventus: siamo tutti capaci a gioire delle vittorie collettive, ma abbiamo ancora molto da imparare su come reagire alle sconfitte.
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