Qualche settimana fa Cristiano Ronaldo ha ricordato a tutti che pochi gesti sono più iconici in uno sport come può essere la rovesciata nel calcio. Sia essa cercata o fortunosa, la rovesciata è l’asso nella manica, l’azione della follia disperata del difensore che vuole allontanare il pallone dalla propria area o il colpo segreto che l’attaccante tira fuori quando, spalle alla porta, sembra ormai essere impossibilitato a calciare il pallone all’interno dei tre pali difesi dal portiere. E un gol segnato in rovesciata è ancora più strabiliante: è il coronamento di un estemporaneo colpo di genio, la torta da mettere sotto quella ciliegina che è la rovesciata. Ma, come ogni cosa, ci deve essere stata una prima volta. Deve esserci stato un uomo di straordinaria inventiva che un giorno ha deciso che il mondo fosse più bello a rovescio. Quell’uomo veniva dal Cile e si chiamava Ramón Unzaga: in suo onore, nei paesi ispanofoni, la rovesciata è chiamata infatti chilena.
Quella di Ramón Unzaga Asla è la storia di molte persone nate a cavallo fra Ottocento e Novecento. Nato nel 1894 in Spagna, a Deusto, un piccolo distretto della città di Bilbao, si trasferì in Cile con la propria famiglia all’età di dodici anni. A Talcahuano, una città che allora contava poco più di ventimila abitanti, Ramon studiò contabilità e come contabile venne impiegato presso le miniere Schwager. Ma, soprattutto, Unzaga era dotato di un fisico adatto a ogni tipo di sport: in un’epoca in cui il dilettantismo permetteva a chiunque fosse portato di poter partecipare a diverse attività sportive, il giovane basco naturalizzato cileno prendeva parte con uguale successo a competizioni di atletica leggera e di nuoto, oltre al calcio. Secondo alcuni, l’origine del soprannome di Unzaga (detto “trizaga“) era dovuto proprio alla sua capacità di eccellere in tre discipline sportive diverse; secondo altri, invece, era legato al suo valore sui campi da calcio, valendo da solo come tre giocatori. E proprio al fútbol, questo sport da pochi decenni importato dagli inglesi in Sudamerica, il nome di Ramón Unzaga era destinato a legarsi.
Il fútbol era cosa diversa dal football: quest’ultimo era caratterizzato da un approccio più fisico alla gara, più legato all’intensità dei giocatori e meno alle giocate di fino. Quello arrivato nel continente sudamericano era uno sport destinato a essere adottato dagli atleti dell’America Latina e a uscirne completamente rivoluzionato, in nome di un rapporto più stretto e personale fra l’uomo e il pallone, che diventava a tutti gli effetti un estensione del calciatore. Il fútbol, quindi, faceva dell’imprevedibilità spettacolare della giocata individuale la propria cifra distintiva e permetteva allo sport inventato nei college britannici un’evoluzione qualitativa sorprendente. Non deve sorprendere dunque che la giocata spettacolare per eccellenza sia stata inventata in Sudamerica, un giorno di gennaio come un altro del 1914. Si giocava allo stadio “El Morro” di Talcahuano, quando Ramón Unzaga, con la maglia del Club Estrella de Mar, decise di entrare nella leggenda. Si prendano in prestito le parole del celebre scrittore uruguaiano Eduardo Galeano dal suo El fútbol a sol y sombra: «Si distaccò da terra con un salto, come un uccello, e realizzò una contorsione con il petto rivolto al cielo: le sue gambe si agitarono come un paio di forbici e il colpo che diede al pallone provocò lo stupore dei suoi compagni, dei suoi avversari e del pubblico. Quei secondi ebbero lo splendore delle cose che si fanno per la prima volta».
I giornali cileni dell’epoca battezzarono questa meraviglia con il nome di chorera, da choro, cozza, di cui la regione era ricca. Bisognerà aspettare qualche anno perché la rovesciata prendesse il nome con cui è nota nei paesi di lingua spagnola: l’occasione fu il Campeonato Sudamericano disputato in Cile nel 1920, un antenato della Copa America, il torneo per le nazionali della federazione calcistica sudamericana. Ramón era ormai diventato un maestro delle rovesciate, che sfoggiava anche più volte in una stessa partita. Capitano della Roja, la nazionale cilena, Unzaga stupì l’intero continente con il suo colpo segreto e i giornalisti convenuti per commentare ribattezzarono quella sforbiciata a mezz’aria con il nome con cui passò alla storia: la chilena, appunto. A ventisei anni Unzaga era già nella leggenda. Chissà quali altri colpi avrebbe potuto inventare, se un infarto non lo avesse stroncato tre anni dopo, a soli ventinove anni.
Il calcio dei primi del secolo non è lo stesso di oggi, sotto molti aspetti. È inevitabile che molti aspetti delle vicende di quei tempi portino con sé un che di leggendario, mitologico e, come ogni leggenda che si rispetti, c’è chi pone in dubbio la sua veridicità. C’è chi, a ragion veduta o per ragioni campanilistiche squisitamente sudamericane, nega i meriti di Unzaga e sostiene che la chilena non sia in realtà cilena, ma abbia origini peruviane e sarebbe stata esibita per la prima volta addirittura vent’anni prima rispetto a quel gennaio del 1914 che permise al difensore di origini basche di entrare a pieno titolo nei libri della storia del calcio. Quel che non si può tuttavia negare è che, a prescindere dal fatto che Unzaga sia stato il primo o meno a farla, è merito suo se la rovesciata, oggi, è quel gesto iconico che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo voluto provare a fare.
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