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Perché l’autoironia è la carta vincente in una partita contro gli influencer

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Ilaria Bucci

I social network ormai fanno parte delle nostre vite: ci connettiamo online per incontrare amici, cercare informazioni, seguire le nostre icone di riferimento e per essere aggiornati costantemente sui trend del momento. Fruiamo dell’informazione che ci arriva, soprattutto quella visiva, spesso in maniera inconscia; ammiriamo celebrities, influencers e fashion bloggers come se fossero il modello ideale a cui attenersi. Sembra che essere dannatamente belli e perfetti sia sinonimo di successo. Ma ci siamo mai domandati se questo modello sia sano o meno? Se sia realtà o mera finzione?

In particolar modo Instagram è un ambiente virtuale che accoglie milioni di utenti, semplice ed economico, è un ottimo strumento di pubblicità, per fare e farsi conoscere, per promuovere e autopromuoversi. Anche le grandi aziende hanno capito le enormi potenzialità di questo social network se consideriamo che la particolarità di questa piattaforma è proprio l’essere-vetrina. Infatti, ogni giorni siamo bombardati da pubblicità su prodotti di bellezza, buoni consigli per curare la propria pelle e segreti per tenersi in forma. E chi ci propone tutto questo, ovviamente, sono delle persone competenti, attente alla propria linea e al proprio aspetto fisico, perché, in un certo senso, è come se il loro corpo svolgesse metà del lavoro. Soprattutto il genere femminile è sempre più numeroso, competitivo e presente in questo ambiente di promozione, ma ciò che arriva all’utente non è solo un prodotto, è anche un modello prefabbricato di bellezza e stile di vita: alte, magre, palestrate, labbra carnose, zigomi marcati, capelli curati, make-up perfetto, outfit impeccabile.  Insomma: la tipica ragazza di Instagram non sembra avere difetti! Ma se è vero che l’apparenza inganna, allora bisognerebbe prendere tutto con le pinze e soprattutto tenere in considerazione il fatto che tutte le foto che ogni giorno ammiriamo sbalorditi non sono altro che frutto di Photoshop e altri programmi per ritoccare le immagini (senza considerare i magici ritocchi del chirurgo). D’altro canto non ne possiamo fare una colpa: essere belli e seducenti è sempre stata una buona arma per il successo, e chi lavora con la propria immagine questo lo sa bene. Dall’altra parte della medaglia – o dello schermo – però, ci sono gli utenti, i comuni mortali per così dire, a volte inconsapevoli e sprovveduti, sempre più critici e severi con sé stessi, perché questo nuovo mondo che punta tutto sull’estetica e non lascia mai trasparire debolezze porta con sé anche una percezione diversa del nostro corpo: «Il corpo oggi è considerato come uno strumento, un mezzo di comunicazione e di seduzione, dunque un oggetto. Per di più un oggetto destinato agli altri, che deve costruire un’apparenza gradevole e seducente».

È vero la maggior parte degli utenti sono semplici fan che hanno piacere a seguire le proprie muse o che vogliono restare aggiornati cercando sempre nuove informazioni, ma è anche vero che molti di loro, soprattutto i millennials, non sono abbastanza coscienti e competenti da capire che essere in quel modo non è obbligatorio, non è una regola a cui attenersi, poiché nel mondo dei riflettori e del marketing sembrare perfetti e imbattibili è puramente a fine commerciale. Infatti il brand è solo un pretesto per dipingersi infallibili, e spesso il brand è proprio l’influencer o chicchessìa, per questo motivo costruire una buona immagine di sé fa parte dei giochi ed è il biglietto da visita per risultare efficaci. Il prodotto è ciò che fa da collante tra l’immagine del personaggio e i social network, nonché il filo logico su cui la gente inciampa. Tolto questo elemento fondamentale sarebbe inutile presentarsi come la dea della bellezza 2.0 e l’esperto di turno.

Bisognerebbe prendere le distanze da ciò che si legge e si vede, contestualizzare ogni immagine e messaggio ricordandosi che per i personaggi – a cui ci ispiriamo – essere perfetti è un dovere, nient’altro che il loro lavoro, così come postare foto e stories a tutte le ore del giorno per farci sapere cosa fanno e dove si trovano. L’utente guarda – prende appunti – imita, di conseguenza anch’esso si propone al suo pubblico in maniera sbagliata, puntando tutto sul fattore estetico, come se un corpo provocante fosse l’unica arma per racimolare qualche seguace in più, per essere giusti e conformi alla massa. Viviamo in un’epoca legata al culto dell’estetica, nella quale per gli individui è importante vibrare attraverso immagini comuni.

Guardare una foto di Chiara Biasi – per citarne una – , che di like ne ha migliaia, forse porta a pensare «anch’io devo essere così!»; in realtà ciò che vediamo – oltre ad essere passato prima sotto le mani dell’amico Photoshop – è probabilmente un corpo giusto per una modella/influencer, ma tolto da quel contesto risulterebbe inadatto e insano per una ragazza di sedici anni che la venera e cerca di trarne l’ispirazione. Dunque, spesso, è proprio il messaggio che arriva a essere sbagliato.

Il problema è l’effetto emulazione da parte dell’utenza: ci abituiamo ad un’immagine sbagliata che ci offre il web e cerchiamo di adeguarci, proviamo a essere ciò che non siamo, tentiamo di nascondere i nostri difetti perché altrimenti nessuno ci accetterebbe, ostentiamo ricchezza solo per far credere, a chi ci osserva, che la nostra vita sia piena di benessere e sensazioni di piacere legate al consumo, arriviamo perfino a disprezzare noi stessi se non ci sentiamo in linea con i canoni dettati dal web. Parliamo di una generazione con mille risorse a disposizione ma priva di istruzioni per l’uso, spesso vulnerabile davanti all’elevato numero di input, che misura la propria autostima a suon di notifiche, di apprezzamenti ricevuti e del numero di seguaci, tenendo sempre in considerazione un modello di riferimento a cui ispirarsi, senza mai far trasparire i propri difetti, perché quelli no, nessuno li vorrebbe vedere! Eppure bisognerebbe essere più trasparenti e fedeli alla propria persona: essere sé stessi, senza filtri e senza vergogne, anzi, imparare a giocare con i propri difetti e sapersi accettare, perché un conto è migliorarsi e prendersi cura per sentirsi in armonia con sé stessi, un conto è criticarsi ed essere severi con il proprio corpo, anche a costo di creare un personaggio che non ci appartiene, solo per sentirsi apprezzati, ammirati e non essere out. Indossare una maschera non è l’unica soluzione per avere successo, il corpo non è l’unica arma di seduzione, ragion per cui potremmo anche smetterla di stressarlo e di metterlo sempre a dura prova con infinite ore di palestra – postando online anche il nostro sudore – e con diete drastiche come se la prova costume fosse il test della vita. Non siamo dei manichini da esporre in vetrina, purtroppo non corriamo il rischio di comparire sulla copertina di Vogue, non tocca a noi sponsorizzare e pubblicizzare prodotti e brand, partecipare ogni giorno a un nuovo evento e di sfilare su qualche importante red carpet; soprattutto non abbiamo i riflettori perennemente puntati addosso – anche se il numero di visualizzazioni delle stories di Instagram può farci credere il contrario.

Abbiamo l’illusione che coloro che ci influenzano siano delle potenze superiori o degli esseri gloriosi, più fortunati di noi, che ci vogliono insegnare come essere belli per vincere facile. Eppure, il vittorioso è chi riesce a distinguersi da tutto ciò, chi smette di seguire il dettato e decide di lasciarsi andare, perché non c’è solo l’aspetto esteriore. L’autoironia è la risposta che rompe gli schemi: bisognerebbe fare come CamiHawke, esempio lampante di chi, nonostante la sua bellezza, ha saputo fare leva sull’ironia, sulla naturalezza, sull’umiltà e sul sarcasmo che la contraddistinguono, nonché a mostrare ogni lato bizzarro di sé aggiungendo quel pizzico di umorismo nei suoi post. Dovrebbe esserci una CamiHawke in ognuno di noi! Forse occorre fare un passo indietro e tornare a emozionarci per le cose semplici, senza troppe costruzioni teatrali per piacere a un pubblico immaginario. È arrivato il momento di giocare le carte dell’ironia e della spontaneità, qualità che oggi facciamo fatica ad esibire poiché qualcosa di molto più elaborato e menzognero ha preso il sopravvento.

Amiamoci ed accettiamoci così come siamo perché non c’è un modo giusto o sbagliato di essere.  Curiamo prima di tutto il nostro corpo interiore e torniamo a vivere di umiltà e semplicità, non abbiamo il bisogno di essere sempre rigidi e pronti sul pezzo. Non siamo alunni della scuola di Instagram, non facciamo parte della classe di sfortunati e il nostro insegnante non si chiama Chiara Ferragni.

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Ilaria Bucci

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