Impeachment per Mattarella?
Roma, 27 maggio 2018. Intorno alle sei di sera quelle che prima sembravano voci irrazionali diventano realtà: Conte, premier incaricato dal duo Salvini-Di Maio di formare un “governo del cambiamento”, rimette sorprendentemente il mandato nelle mani di Sergio Mattarella. Il motivo? Il Presidente della Repubblica sembrerebbe assolutamente contrario sul nome del titolare del Ministero dell’Economia: Paolo Savona, tecnico ultra ottuagenario passato dall’europeismo ciampiano all’euroscetticismo filorusso in un battito d’ali. Apriti cielo! Lo statista pentastellato, i suoi pasdaran e i media amici tuonano contro “Re Sergio“, colpevole di “alto tradimento” e dunque da sottoporre al più presto al procedimento di impeachment (dicono, loro); Salvini dal canto suo si dice “molto arrabbiato” e ventila immediatamente l’ipotesi di nuove elezioni. Nel frattempo il “paese reale” si spacca fra chi considera la mossa di Mattarella alla stregua di un “colpo di stato”, chi si dice “pronto a imbracciare le armi” al suo fianco e chi, interessato ma poco avvezzo al diritto costituzionale, fa impennare i trend di ricerca di Google sulle parole chiave “impeachment Italia”, “art.90 costituzione” e “art.92”. Nella tempesta istituzionale senza precedenti che stiamo vivendo, in questo mare magnum di incertezza politica, proviamo a fare chiarezza: Sergio Mattarella ha davvero attentato alla sovranità democratica o ha agito in difesa di essa?
Cosa dice la Costituzione
Andiamo nel dettaglio della questione: è davvero possibile, come paventato dalle vedove di Savona (e dalle loro amiche), sottoporre la figura del Presidente della Repubblica al procedimento di impeachment? Nel nostro ordinamento, tale istituto è denominato “messa in stato di accusa” ed è disciplinato dall’art. 90 della Costituzione; l’articolo recita: «Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri».
Da questo punto di vista non ci sembra fondata l’ipotesi di un impeachment: bisognerebbe dimostrare che Mattarella abbia effettivamente “attentato alla costituzione”, inventando di fatto un reato che pare difficile riscontrare nella fattispecie in esame. Ad avvalorare questa tesi viene in nostro soccorso l’art.92 Cost.: «Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri».
La prerogativa di nomina dei ministri spetterebbe dunque al Presidente della Repubblica, che se ne assume formalmente le responsabilità (del resto lo aveva detto anche Di Maio qualche giorno fa, prima di cambiare come al solito idea): se, come accaduto in passato, il Presidente ravvisa che per ragioni di opportunità un individuo non sia adatto all’incarico di Ministro, questi ha la facoltà di respingere il nome propostogli e di chiedere un altro nome al Presidente del Consiglio proponente. L’unico limite a questo potere sembrerebbe il divieto di opporsi (da parte del Presidente della Repubblica) per motivazioni prettamente politiche, e a ciò si sta aggrappando furiosamente il fronte dell’impeachment; peccato che, nel caso di specie, il rifiuto non sia dettato da antipatie ideologiche (come ribadito anche da Mattarella in un energico discorso post-consultazione) quanto piuttosto da una strenua difesa della carta costituzionale, prerogativa che, come è noto, spetta proprio alla figura di garanzia del Presidente. A sostegno di questa tesi difensiva accorrono gli artt. 10-11 della Costituzione, che prevedono l’aderenza e il rispetto dei trattati internazionali stipulati dall’Italia (con tutto ciò che ne consegue in materia di Euro ed Europa); ancora più rilevanti in questo senso sono gli artt. 111 e 117, che disciplinano, fra le altre cose, il «rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» e riguardo alle quali l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick ha dichiarato che «gli articoli 111 e 117 della Costituzione attribuiscono (al)la nostra adesione al sistema economico e giuridico europeo: un sistema che può essere modificato secondo le procedure previste dai trattati e non in modo unilaterale. Non riesco a comprendere come l’adempimento di questo diritto-dovere costituzionale possa configurare una ipotesi di attentato alla Costituzione come qualcuno pare aver detto nell’ambito dei primi commenti». Non dimentichiamo poi che lo stesso Mattarella è un ex giudice costituzionale.
A chi giova la crisi di governo?
I veri vincitori sembrerebbero almeno a una prima lettura i due leader della coalizione post-elettorale gialloverde, abili da sempre a guadagnare consensi in situazioni di conflitto sociale, nutrendo le paure e insicurezze del popolo con i loro falsi dei (reddito di cittadinanza e STOP invasione) e i loro slogan irrealizzabili. Tuttavia, pare che Di Maio abbia fiutato la trappola e abbia capito che in realtà è proprio il leader del Carroccio ad aver volutamente generato questa situazione: del resto, il secondo nome proposto da Mattarella per l’economia nelle convulse ore di ieri pare sia stato Giorgetti, accettato da Di Maio ma clamorosamente cassato dal suo padrino Salvini con scuse e motivazioni che, agli occhi degli addetti ai lavori, sono parse risibili. La polemica è dunque un mero strumento, una provocazione voluta più da Matteo che da Gigino per scaricare la colpa su un terzo per poter aumentare i propri consensi in quella che sembra essere la campagna elettorale più lunga di sempre. L’obiettivo ormai chiaro sembra quello di guadagnare poltrone e parlamentari alle urne a discapito proprio dei grillini e del derelitto Berlusconi, che in queste ore sembra smarcarsi dall’ex-amico Salvini in favore di un “governo del Presidente” targato Cottarelli, che ha ricevuto ufficialmente l’incarico da parte di Mattarella. A chi giova dunque questa crisi di governo? Qualunque siano i risvolti, a rimetterci saremo (come sempre) noi.