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Difesa d’ufficio: un diritto fondamentale

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Michele Corato

Le recenti esternazioni del neo-Ministro dell’interno, rilasciate nel corso di una lunga intervista al Corriere della Sera, hanno fatto molto discutere, specialmente in dottrina, tanto da suscitare un’immediata reazione sotto forma di lettera aperta da parte del presidente del Consiglio Nazionale Forense. Durante tale occasione, il cui tema principale era quello dei migranti, vi è stato, a opera del Ministro, un attacco diretto alla presunta “Lobby dei difensori d’ufficio” accusata di arricchirsi alle spalle dei migranti che, in modo pressoché automatico, proporrebbero ricorso avverso il respingimento delle richieste d’asilo. Poche brevi frasi che, in realtà, contengono un’accozzaglia di istituti singolarmente autonomi e importanti che nulla hanno a che fare l’uno con l’altro e che, direttamente, va ad attaccare uno dei principi fondamentali costituzionalmente garantiti: quello della difesa d’ufficio, promosso dall’articolo 24 della Costituzione.

Alcuni concetti fondamentali

In primo luogo occorre definire esattamente la materia oggetto di discussione: quella migratoria e del diritto di asilo. I procedimenti inerenti a tali materie, infatti, sono di tipo amministrativo e, durante gli stessi, non è prevista la presenza di un avvocato. Soltanto nel caso di un’eventuale impugnazione, invece, è prevista l’assistenza legale ma in questo caso il procedimento è di tipo strettamente civile e non amministrativo. Questa prima precisazione si è resa necessaria per meglio comprendere il successivo argomento, al contempo imputato e vittima dell’intera questione: la difesa d’ufficio.

Possiamo tranquillamente affermare, innanzitutto, che la difesa d’ufficio è un istituto tipico del diritto penale, che viene in rilievo ogni qual volta lo Stato eserciti la propria potestà punitiva quale perfetta espressione del principio di legalità, parimenti appartenente al diritto penale, e che quindi nulla ha a che fare con il processo civile. La difesa d’ufficio, poi, non ha nulla a che vedere con eventuali costi a carico dello Stato, o meglio potrebbe averci a che fare, ma allo stesso modo di qualsiasi altro processo se la parte o l’imputato rientra in quelle ipotesi di diritto di accesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato. Tale istituto, la cui origine è ascrivibile al rispetto del diritto all’eguaglianza, consente alle persone non abbienti di essere rappresentate in giudizio, tanto per agire quanto per difendersi. L’ammissione al gratuito patrocinio non è automatica; in primis è necessario che la pretesa non sia manifestamente infondata, poi, il reddito imponibile di chi ne richiede l’ammissione deve essere inferiore agli € 11.493,89 annuali. Per reddito imponibile, inoltre, deve intendersi il reddito percepito e non dunque i possedimenti in generale; allo stesso, dovranno essere sommati i redditi dell’intero nucleo familiare quindi del coniuge, dell’unito civilmente e di tutti gli altri familiari conviventi. Gli avvocati che forniscono tale servizio, iscritti in un apposito albo, il più delle volte lo fanno per fini che vanno al di là del semplice profitto e questo perché i compensi, in questi casi corrisposti dallo Stato, sono dimezzati e i tempi d’attesa per percepirli possono andare ben oltre l’anno dalla conclusione del processo. L’Italia, su questo tema, ha adottato una normativa efficace solamente negli anni Duemila e solamente a seguito di una condanna da parte della Corte di Strasburgo.

Photo Credit: Ben Leuner/AMC

Il diritto a una difesa piena

Fatte queste fondamentali premesse, utili per lo più a riportare un po’ di chiarezza nel marasma terminologico venutosi a creare, andremo ora ad analizzare questo fondamentale diritto, pubblicamente e ingiustamente volgarizzato. Il diritto alla difesa d’ufficio, previsto dall’articolo 97 del vigente codice penale, opera qualora l’imputato non abbia provveduto a nominare un difensore di fiducia o ne sia rimasto privo. Questa procedura altro non è che la nomina di un avvocato diretta appunto alla tutela dei diritti e, in particolare, all’effettivo esercizio del diritto di difesa. L’istituto in analisi, oltre a essere una piena espressione della tutela dei diritti umani, condivide la sua ragione di esistenza con il già citato istituto del gratuito patrocinio: un pieno accesso alla giustizia, consentendo una difesa qualificata a chiunque. Nonostante le chiare differenze entrambi coesistono, o possono coesistere, mirando alla garanzia dell’inviolabilità del diritto della difesa, principio sancito dall’art.24 della Costituzione. L’articolo in questione, richiamando contemporaneamente l’inviolabilità della difesa e il diritto ad una difesa gratuita, fa sì che il processo possa avvenire in piena equità, mettendo dunque le parti processuali allo stesso livello ed evitando che una delle due possa ritrovarsi in una posizione di favore rispetto all’altra. Tutto ciò si rende necessario perché il processo è un evento complesso ed estremamente tecnico, anche se nell’attuale clima popolare connotato dal sapere innato o fornito da internet, ciò non si direbbe. L’imputato, ma anche il semplice cittadino che agisce o deve difendersi in un giudizio, dunque, non sarebbe in grado di provvedere alle incombenze processuali né fisicamente, se in carcere, né efficacemente, data la probabile assenza di conoscenza, senza l’ausilio di un tecnico: l’avvocato. Attraverso questi istituti, come molti altri che non sono stati qui chiamati in causa, lo Stato garantisce una piena uguaglianza dei cittadini abbattendo quelle che sono le barriere economiche e sociali del cittadino nei confronti della legge.

È profondamente sbagliato, dunque, attaccare la figura del difensore d’ufficio, soggetto la cui funzione è ignota per la maggior parte della popolazione è ignota. Questi null’altro è che l’espressione piena e concreta del diritto a una difesa necessaria e tecnica oltre che, più generalmente della difesa costituzionalmente garantita. Nel 1977 Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli Avvocati di Torino, veniva ucciso dalle Brigate Rosse e questo solamente per essersi occupato di difenderle sul banco degli imputati, appunto come difensore d’ufficio, tutelando e garantendo così il diritto pieno alla difesa. Tutte le sfaccettature fin qui esposte del diritto alla difesa concorrono a sorreggere l’intero sistema giuridico e, indirettamente, tutto lo Stato. Tali principi cardine non devono essere presi sottogamba, decontestualizzati e offerti alla pubblica gogna ignorandone l’essenza, ma devono essere trattati e conosciuti, con il giusto rispetto che meritano senza alcuna approssimazione.

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Michele Corato

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