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Analisi delle carte dei tarocchi: storia, simbologia e divinazione

Published by
Maria Letizia Camparsi

Il mondo dei tarocchi è ancora oggi circondato da un alone di mistero. Si spazia dalla documentazione storica e dai tentativi di formulare basi scientifiche con la psicoanalisi, fino alla cartomanzia e all’esoterismo più spinto. Non esiste, peraltro, un unico mazzo di carte di tarocchi. Ci sono quelli da 22 carte, i più comuni, formati solamente dai cosiddetti Arcani maggiori; seguono i Tarocchi di Marsiglia, usati anche da Italo Calvino per costruire le storie del suo Castello dei destini incrociati; l’antico Tarocchino bolognese e altri ancora.

Origini

Le fonti storiche ipotizzano che le carte dei tarocchi furono inventate in Italia alla fine del XIV secolo. E già nel XV secolo si distinguono il Tarocco di Lombardia o di Venezia, il Tarocchino di Bologna e altri. Si diffusero in varie parti d’Europa e raggiunsero il periodo di maggior diffusione a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.
Tuttavia si svilupparono anche teorie alternative, come quella di Antoine Court de Gébelin, secondo il quale risalirebbero addirittura all’antico Egitto. Il letterato ed esperto di esoterismo espose la sua tesi in Le Mond primitif (1871), senza tuttavia addurre prove storiche. Suppose che i tarocchi siano in realtà i Libri di Thot, codificati dai sacerdoti egizi nelle immagini simboliche dei Trionfi (o Arcani maggiori) per tramandarli sotto l’aspetto di carte da gioco.

Una teoria accreditata riconduce poi i primordiali tarocchi a un antico gioco di carte arabo. Quando i musulmani si insediarono in Sicilia nel IX secolo, infatti, portarono con loro anche alcune lamine di un gioco chiamato Naibbe. Come imposto dalla loro fede, queste tessere non portavano figure, ma solo ornamenti e numeri. Le Naibbe, arricchite di figure, ebbero la loro massima diffusione in Italia verso la metà del XIV secolo, diventando una forma primordiale dei tarocchi. Il primo documento che menziona le Naibbe nel nostro Paese è il Ludus qui vocatur naibbe (Il gioco chiamato naibbe): contenuto in un’ordinanza del Priore di Firenze del 1376, in cui si vietava il gioco delle naibbe. È questo il nome arcaico per le carte da gioco, probabilmente derivato da nā’ib (dall’arabo “deputato”, nome di una delle figure del mazzo).

Arcani maggiori dei Tarocchi di Marsiglia.

Composizione del mazzo e divinazione

Le carte sono suddivise in due mazzi: gli Arcani maggiori (o Trionfi) e gli Arcani minori. I primi sono illustrati in ventidue carte figurate, numerate da I a XXI con cifre romane, a cui si aggiunge il Bagatto, senza numero. I secondi formano un mazzo di cinquantasei carte, divise in quattro semi: coppe, denari, spade e bastoni. Ciascun seme è poi composto da dieci carte lisce o cartazze, dall’Asso al numero 10, e da quattro carte di corte: Re, Regina, Cavallo e Fante. È probabile che gli Arcani minori derivino dalle Naibbe, mentre delle restanti ventidue carte non si ha traccia nei mazzi più antichi.

In origine i tarocchi erano semplici carte da gioco, ma la più antica forma documentata di divinazione con i tarocchi dovrebbe risalire già al XVII ed è descritta in un manoscritto ritrovato nella biblioteca universitaria di Bologna. La terminologia presente nel documento suggerisce inoltre una datazione anteriore al 1750. Le istruzioni contenuto indicano che la divinazione veniva fatta con sole trentacinque carte e la stesa (la disposizione) consisteva probabilmente in cinque gruppi di sette. Ma nel manoscritto non vi è nessuna indicazione su come si leggessero le carte e soprattutto su quali dei ventidue arcani fossero utilizzati.

Il simbolismo dei tarocchi

Generalmente, nella lettura delle carte, gli Arcani maggiori sono considerati come un macrocosmo e i minori come un microcosmo. I maggiori sono l’idea o il cuore della situazione analizzata ed i minori ne sono la manifestazione o la forma.
Già nel periodo ellenistico il simbolo venne considerato come qualcosa di misterioso e inesprimibile. Questa visione rimase invariata per tutto il Medioevo e il Rinascimento, fino a che alchimisti e cabalisti non formarono una complessa simbologia per formulare le loro dottrine. Più recentemente, l’apparire di simboli simili in diverse culture indusse lo stesso Carl Gustav Jung a postulare il famoso “inconscio collettivo”, contenitore e matrice degli archetipi, considerabili come grandi simboli universali.

Mazzo del Tarocchino bolognese.

Iconografia del tarocco

Analizzando il mazzo del Tarocchino bolognese, possiamo classificare le carte secondo un ordine iconografico che divide personaggi e disegni. Tra i primi rientrano quattro Re, quattro Cavalli, quattro Regine, quattro Fanti, il Medico, la Temperanza, la Legge, la Forza, l’Imprevisto, l’Intrigo, il Sole, la Luna, il Mondo, l’Amore, la Stella, la Ruota della fortuna, l’Eremita (il Blocco), il Bagatto (il Bambino), il Jolly (la Passione), il Folle, l’Impiccato, la Torre (il Sacrificio), l’Angelo, il Diavolo, il Tredici.

Seguono poi i disegni: l’Asso di bastoni (il Sesso), l’Asso di spade (ai Martelli di casa), l’Asso di coppe (le Mura domestiche), l’Asso di denari (il Lavoro), il Sei di bastoni (la Strada), il Dieci di coppe (il Fiorimento), il Nove di coppe (il Contratto), il Dieci di denari (la Stabilità), il Nove di denari (il Denaro), il Sei di denari (le Lacrime), il Sei di spade (Entro un tre), il Sette di spade (il Destino).

Re di bastoni del Tarocchino bolognese.

I Re e le Regine

I Re sono considerati come personaggi chiave, se non addirittura come i protagonisti del mazzo. Agiscono in prima persona e hanno intorno tutto lo stuolo degli altri personaggi: per questo occupano una posizione di risalto nelle stese del Tarocchino bolognese. Il Re di bastoni rappresenta quindi il Consultante, quello di coppe l’Uomo di casa, Padre o marito, mentre quello di spade impersonerebbe lo Spadino e quello di denari l’Uomo importante.
Per quanto riguarda le Regine, esse avrebbero la forza di rendere negative le situazioni. La Regina è così considerata portatrice di danni e rovina, concetto che potrebbe avere radici molto antiche. Alla Regina di bastoni si associa la figura della Consultante, a quella di denari la Verità, a quella di coppe la Madre o Donna di casa e a quella di spade l’Afflizione.

Cavallo di spade del Tarocchino bolognese.

I cavalli e i fanti

L’archetipo del cavallo presenta un’ambivalenza di fondo. Da un lato viene considerato come un essere nobile, intelligente e affascinante; dall’altro come un’esplosione di forza istintiva, che causa angoscia e turbamenti. Per quanto riguarda i diversi semi, il Cavallo di bastoni rappresenta il Pensiero di lui, quello di coppe l’Accomodamento, quello di denari l’Ambasciata e quello di spade la Lite.
Dall’altra parte, il fante di bastoni è il Pensiero di lei, quello di coppe la Coppina, quella di spade diventa la Lettera o Telefonata e quello di denari le Parole.

Il tredici – la Morte

Il Tredici, o la Morte, nel mazzo del Tarocco bolognese.

Il Tredici è una carta importante nel mazzo del Tarocchino di Bologna ed è densa di significati.
“La morte cammina a cavallo”: in accordo con questo antico detto lo scheletro è in sella a un cavallo bianco. Molto probabilmente questa rappresentazione della Morte deriva dai quattro cavalieri dell’Apocalisse (di Giovanni 6, 1-8), successivamente tramandati nella cultura medievale. I quattro cavalieri sono legati a ognuna delle disgrazie che cavalcheranno sulla terra nell’ultimo giorno. I loro nomi sono Guerra, Pestilenza, Morte e Carestia. Questa carta è detta anche “il Tredici”, numero particolare per gli innumerevoli riferimenti, tra cui l’episodio evangelico dell’ultima cena e la data della caduta dell’ordine dei Templari (13 ottobre 1307); tredici sono infatti le costole dello scheletro rappresentato nella carta.

Possiamo concludere che l’universo dei tarocchi non è riducibile a un’analisi univoca. Parte della loro storia è solamente ipotizzata e non conosciamo il periodo esatto della loro nascita. Nemmeno le carte e le immagini che rappresentano sono riconducibili ad unico modello. L’eventuale lettura e la divinazione con i tarocchi si rifanno a basi comuni per quanto riguarda gli archetipi, ma presentano una discreta libertà di sviluppo e interpretazione.

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Maria Letizia Camparsi

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