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Earth Overshoot day: come stiamo divorando il nostro pianeta

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Cecilia Valente

Tutte le specie animali sfruttano le risorse dell’ambiente che li circonda. Tutte, però, vivono in simbiosi con il loro habitat e tentano di preservarlo al meglio perché da esso e da ciò che esso offre dipende la loro sopravvivenza. Non lo danneggiano, non consumano più del dovuto. Tutte le specie. Tranne l’uomo. Abbiamo infatti da poco passato l’Earth Overshoot day 2018, il giorno dell’anno che segna l’esaurimento delle risorse naturali che il pianeta Terra è in grado di rigenerare in un anno. Quest’anno è arrivato il 1 agosto. Cibo, suolo, aria pulita, minerali: l’uomo ha esaurito tutto ciò che l’ecosistema è in grado di offrire in 365 giorni con cinque mesi di anticipo. Perciò, tutto ciò che abbiamo consumato e che consumeremo dal primo agosto 2018 fino alla fine dell’anno sarà da considerarsi un sovrasfruttamento del nostro pianeta.

Fonte: www.fondazionemps.it

Cos’è l’Overshhot day e come si calcola

La data che segna l’aumento del nostro debito ecologico con la Terra viene calcolato all’incirca dagli anni Settanta del secolo scorso, quando veniva definita Ecological Debt day. Negli ultimi anni ha invece preso il nome di Earth Overshoot day ed è calcolata annualmente dal Global Footprint Network, think tank no-profit di ricerca ambientale fondato nel 2003. Per comprendere l’impatto della nostra esistenza sul pianeta, il GFN mette in relazione due parametri: l’impronta ecologica dell’uomo e la biocapacità della Terra. L’impronta ecologica, ecological footprint, indica l’insieme delle risorse naturali di cui ognuno di noi ha bisogno: dalle risorse alimentari a quelle minerarie, ai terreni coltivati. La biocapacità è invece la capacità della Terra di rigenerare nell’arco di un anno ognuna di queste risorse consumate. Se ovviamente, il primo indicatore supera il secondo, significa che stiamo sovra sfruttando le risorse che il nostro pianeta è in grado di offrirci nell’arco di 365 giorni.

Logo del Global Footprint Network.

Bisogna dire che questo genere di conteggi non sono perfettamente precisi e dimostrabili, in quanto i parametri presi in considerazione sono molto ampi e i fattori da valutare a volte difficilmente quantificabili. Il calcolo però ci da un’idea generale di quanto il nostro impatto sull’ambiente nel quale viviamo sia tutt’altro che trascurabile. Secondo il WWF, infatti, attualmente per soddisfare i nostri bisogni avremmo bisogno di 1,7 pianeti Terra. E se il ritmo di crescita e sfruttamento continuerà ad essere quello attuale, nel 2030 ci ritroveremo ad avere bisogno di due Terre. A disposizione ne abbiamo però solamente una.

Il fatto più preoccupante è che ogni anno la cosiddetta data del “superamento della Terra” si avvicina sempre di più. Nell’arco di cinquant’anni siamo passati dal 29 dicembre al 1 di agosto. Senza andare troppo indietro nel tempo, basti pensare che nel 2009 l’Overshoot day cadeva il 20 agosto. Nell’arco di nove anni, quindi, il nostro impatto ecologico ha tolto venti giorni di vita alle risorse dell’ecosistema. Ogni anno andiamo perciò ad aumentare il nostro debito con il pianeta, debito che sarà difficile se non impossibile ripagare, anche con il passare di molti anni.

Perché usiamo sempre più risorse?

Senza dubbio, parte della responsabilità della crescita di questo deficit è da ricondurre all’aumento della popolazione mondiale, ma non è l’unico fattore. Il mondo, o almeno una parte di esso, sembra essere affetto da una sorta di bulimia di risorse naturali. Consumiamo, sfruttiamo, usiamo e gettiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno senza pensare alle conseguenze di ciò che facciamo, all’impatto delle nostre azioni su ciò che ci circonda o al tipo di pianeta che potremmo lasciare alle future generazioni. Il nostro consumo di risorse è forsennato, irrazionale e decisamente non ecosostenibile.

Le diseguaglianze tra le diverse parti del mondo sono poi evidenti. A sfruttare in modo più vorace le risorse naturali sono, senza alcun dubbio, i paesi più industrializzati: dall’Occidente fino alle nuove potenze asiatiche e mediorientali. Il “primo mondo” è in grado di sovrasfruttare risorse naturali a scapito degli altri paesi. Questi ultimi sono di solito le nazioni meno industrializzate e quelle zone del mondo dove la popolazione vive in simbiosi con l’ambiente naturale e utilizza le risorse preservando il proprio habitat. L’Italia ha un ritmo di consumo del pianeta tra i più elevati al mondo: siamo al decimo posto tra i paesi che consumano di più. Davanti a noi Stati Uniti, Australia, Corea del Sud, Russia e Germania. Secondo le stime del WWF e del GFN, gli italiani per soddisfare le proprie esigenze avrebbero bisogno di 4,3 Italie. L’Italy Overshoot day quest’anno è arrivato il 24 maggio: appena cinque mesi dopo l’inizio dell’anno avevamo già consumato le risorse che il nostro paese era in grado di offrirci nel corso di tutto l’anno. Se tutto il globo consumasse la quantità di risorse che utilizziamo in Italia, servirebbero 2,6 Terre. Se invece seguissimo l’esempio degli Stati Uniti, ne servirebbero addirittura cinque. Al contrario, paesi come Giamaica e Vietnam hanno un’impronta ecologica minore. Se tutto il mondo seguisse i loro ritmi di sfruttamento, l’Overshoot day arriverebbe il 21 dicembre e non in agosto.

Come rallentare il sovrasfuttamento

Pagina web del Footprint calculator. Fonte: www.footprintnetwork.org

Il Global Footprint Network, oltre a fornire questi dati, si impegna anche a sensibilizzare i cittadini sui temi ambientali. Il think tank ha creato un Footprint calculator online che permette a ognuno di noi di calcolare la propria impronta ecologica in base alle attività quotidiane. Inoltre, l’organizzazione sul proprio sito raccoglie dei consigli per diminuire l’impatto sull’ambiente, sia a livello di singoli individui, sia a livello governativo. La sfida è quella del #Movethedate, ovvero spostare in avanti la data dell’Overshoot day, in modo tale da poter pian piano colmare il debito che abbiamo accumulato con il pianeta. I principali campi d’azione sui quali lavorare sono quattro: la sostenibilità delle nostre città, il settore alimentare, i consumi energetici e il controllo della crescita demografica.

I consumi energetici e le relative emissioni rappresentano il 60% dell’impronta ecologica totale. È chiaro che ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas serra sarebbe il cambiamento più importante per ritardare l’arrivo dell’Overshoot day. Il primo passo per raggiungere questo obiettivo è quello di investire maggiormente su settori emergenti come quello delle energie rinnovabili. Tant’è che se riducessimo le nostre emissioni del 50% la data del “superamento” si sposterebbe addirittura di 93 giorni.

Anche l’impatto ambientale delle nostre città non può essere ignorato. Considerando che, andando avanti negli anni, sempre più persone vivranno nei centri urbani, bisogna far sì che esse diventino delle smart cities. Piani di sviluppo urbanistico sostenibili, edifici energeticamente efficienti e trasporto pubblico funzionante e accessibile a tutti. Queste sono le principali sfide che i governi dovrebbero affrontare per migliorare la situazione ambientale, secondo il Global Footprint Network. L’uso delle macchine private rappresenta il 14% dell’impronta ecologica in fatto di emissioni: se riuscissimo a ridurlo del 50%, l’Overshoot day si sposterebbe in avanti di dodici giorni.

L’alimentazione rappresenta il 26% della nostra impronta ecologica. In parte questo è dovuto all’allevamento intensivo degli animali, in parte allo spreco di cibo. Infatti, spiega il GFN, gli alimenti di provenienza animale richiedono il consumo di molte più risorse rispetto agli alimenti vegetali. Gli allevamenti hanno bisogno di suolo e di ingenti quantità di acqua, oltre a essere particolarmente inquinanti. Se riuscissimo a ridurre il consumo di carne del 50% e a sostituirlo con una dieta vegetariana, l’Overshoot day si sposterebbe in avanti di cinque giorni. Non meno impattanti sono gli sprechi alimentari, che rappresentano il 9% dell’ecological Footprint. Secondo dati della FAO, circa un terzo del cibo che consumiamo finisce nella spazzatura. Gli Stati Uniti, addirittura, gettano nel cestino il 40% del loro cibo. Negli ultimi anni, fortunatamente, sta diventando sempre più popolare la strategia dello Zero Waste. Essa consiste nel riconsiderare la vita ciclica di tutti i rifiuti e, in modo particolare, di quelli organici. Se si riuscisse quindi a ridurre gli sprechi alimentari del 50%, potremmo spostare in avanti di undici giorni l’Overshoot day.

Infine, non meno impattante per l’ambiente è la continua crescita demografica del pianeta. Le risorse della Terra non sono in grado di soddisfare i bisogni di una popolazione in continuo aumento. Il controllo demografico è quindi un fattore da tenere in considerazione per ridurre la nostra impronta ecologica. L’obiettivo può essere raggiunto tramite una maggior emancipazione femminile e una pianificazione familiare efficiente che assicuri a tutti benessere.

Fonte: www.overshootday.org

La sfida #Movethedate è quindi aperta. Ovviamente, i primi responsabili dell’impatto ecologico sono i governi dei nostri paesi che possono dare un contributo per invertire questo trend negativo tramite una pianificazione energetica e dei consumi più ecosostenibili. Ma tutti siamo chiamati a partecipare e a responsabilizzarci su questo tema. Ogni azione, anche la più piccola, può aiutarci a colmare il debito enorme che abbiamo con il nostro pianeta.

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Cecilia Valente

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