Una delle voci leggendarie della musica popolare del Novecento si è spenta il 16 agosto scorso: Aretha Franklin, celeberrima cantante americana, è venuta a mancare all’età di 76 anni nella sua casa di Detroit dopo una lunga malattia, sulla quale non si conoscono ancora molti dettagli. Con una carriera esplosa già a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, Aretha Franklin è diventata un vero e proprio monumento della musica americana, tanto da guadagnarsi il soprannome di regina del soul.
Dalla chiesa ai primi album
Nata a Memphis il 25 marzo 1942, Aretha vive a stretto contatto con la musica fin dalla più tenera età: il padre è un pastore della chiesa battista abbastanza conosciuto, mentre la madre è una cantante gospel. Nel 1948 i genitori divorziano e Aretha si trasferisce col padre a Detroit, dove inizia a esibirsi cantando e suonando durante le funzioni nella chiesa del padre. Aretha vive una giovinezza travagliata: dopo il divorzio la madre muore nel 1952, mentre nel gennaio del 1955, quando non ha ancora tredici anni, Aretha dà alla luce il suo primo figlio. Ciò non le impedisce di iniziare già da allora la sua carriera musicale: nel 1956, dopo aver partorito un altro bambino, Aretha realizza il suo primo album, Songs of Faith. Inoltre, grazie alla crescente fama del padre come predicatore in giro per gli Stati Uniti, Aretha entra in contatto con alcuni musicisti più o meno noti, fra cui Sam Cooke e Jackie Wilson. Ma non è solo nel campo musicale che si fa notare: a soli sedici anni conosce Martin Luther King, aderendo al movimento per i diritti civili.
Dopo essersi trasferita a New York all’inizio degli anni Sessanta, Aretha Franklin viene messa sotto contratto dalla Columbia Records, per la quale inciderà i suoi primi successi. In questi anni l’inconfondibile voce di Aretha inizia a lasciare traccia nell’orecchio dell’ascoltatore: dotata di un’eccezionale estensione vocale, il suo canto incredibilmente emotivo le permette di raggiungere acuti dall’altezza inarrivabile e dalla potenza graffiante, che esplodono con una rabbia e un senso di ribellione fino ad allora inespressi nel soul.
La regina del soul
Il 1967 è l’anno che segna l’ingresso di Aretha Franklin nella leggenda: viene pubblicato I Never Loved a Man the Way I Love You, decimo album in studio e primo pubblicato per la nuova etichetta, la Atlantic Records. Oltre alla sensuale title-track, a trascinare il disco è soprattutto Respect, uno dei brani più celebri del repertorio di Aretha e cover di una canzone del 1965 di Otis Redding. La differenza fra le due versioni è però sostanziale: oltre all’arrangiamento, impreziosito nella cover da una più consistente sezione di fiati e dalle due sorelle di Aretha, Carolyn ed Erma, come coriste, un leggero cambiamento nel testo del brano ne stravolge completamente il significato. Se Otis Redding cantava di un uomo tormentato dall’amore per la sua donna, alla quale è disposto a perdonare qualsiasi cosa, Aretha Franklin è una donna forte, che non accetta di farsi maltrattare e che pretende rispetto dal suo uomo data la devozione che lei ha per lui. Data la tematica del brano e l’energia con cui Aretha sfoga i propri pensieri, Respect è diventata una delle canzoni simbolo della regina del soul, nonché una sorta di inno sia per la popolazione femminile che per la comunità afroamericana in un periodo di forte tensione politica. Una tensione che scoppierà l’anno successivo, con il brutale assassinio di Martin Luther King, al cui funerale Aretha rende un commosso omaggio cantando Precious Lord.
Fra gli anni Sessanta e Settanta Aretha Franklin raggiunge il picco della propria carriera: pubblica svariati singoli di successo come I Say a Little Prayer for You, Chain of Fools e Think, dal ’68 al ’75 vince otto Grammy consecutivi nella categoria “Best Female R&B Vocal Performance” e pubblica una decina di album. La moda però sta cambiando: gli anni d’oro del soul stanno lentamente lasciando spazio per l’avvento della disco, la nuova musica da ballo per i giovani. Aretha Franklin continua imperterrita a lavorare, realizzando fra le altre cose la colonna sonora, con Curtis Mayfield, del film Sparkle, ma c’è tutta una nuova generazione che ha una conoscenza appena marginale della musica del decennio precedente. È in questo momento, nel 1980, che Aretha, assieme a una sfilza di altre leggende della black music, recita in una commedia di John Landis al fianco di Dan Aykroyd e John Belushi: i Blues Brothers rilanciano negli anni ’80 una musica apparentemente così distante e vecchia, ma allo stesso tempo piena di vita e di energia. L’interpretazione di Aretha Franklin nei panni di una cameriera in un fast food, condita da una coinvolgente versione di Think, la fa tornare in auge di fronte al grande pubblico.
Aretha Franklin, una voce nella leggenda
Ma se da un lato la sfavillante carriera procede a gonfie vele, la salute crea più di qualche problema ad Aretha: il fumo eccessivo le rovina leggermente la voce, riducendone l’estensione, mentre la dipendenza da alcol e una dieta irregolare ne alterano il fisico. Nonostante ciò, Aretha è una cantante instancabile che continua ad esibirsi e a registrare dischi, anche se con meno regolarità. Nel 1992 decide di smettere di fumare, riuscendo in questo modo a recuperare in parte le capacità di un tempo. È in questa fase della sua carriera che diventa un’icona della cultura popolare: collabora con i più famosi musicisti in circolazione e spesso viene chiamata a esibirsi per cerimonie ed eventi speciali. Come nel 1998, quando sostituisce Pavarotti e canta Nessun Dorma al suo posto, o quando vent’anni dopo omaggia Barack Obama alla cerimonia di inaugurazione del suo primo mandato come presidente.
Aretha Franklin ha ormai raggiunto lo status di leggenda, ogni sua apparizione pubblica viene acclamata dalla folla in delirio, ma le sue condizioni di salute si fanno sempre più precarie: si trova costretta a cancellare numerose date per problemi di salute mai chiarificati fino in fondo, fino a dover smettere definitivamente di esibirsi dal vivo. Una delle sue ultime, emozionanti apparizioni pubbliche è nel 2015 al Kennedy Center per il premio conferito a Carole King: in questa occasione, Aretha compare a sorpresa e canta (You Make Me Feel Like) A Natural Woman, uno dei brani più noti del suo repertorio ma scritto originariamente dalla King, la quale non riesce a trattenere l’entusiasmo nel vedere Aretha cantare.
Con la morte di Aretha Franklin non se ne va solo una cantante eccezionale, ma un vero e proprio pezzo di storia del Novecento, il simbolo di una generazione musicale ormai quasi del tutto estinta e un’icona che va oltre la musica, sconfinando anche nel movimento dei diritti civili e di affermazione della comunità afroamericana. Non è solo la musica soul ad aver perso la sua regina, è tutto il mondo a piangere la sua scomparsa.