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Orbán detta i cinque pilastri del sovranismo

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Pietro Lepidi

È passato quasi in sordina l’intervento fondamentale di Viktor Orbán in Transilvania, di fronte alla cospicua minoranza ungherese in Romania. Come riporta il 30 luglio Stefano Giantin sul Piccolo, il visionario premier ungherese, recentemente riconfermato alle urne con una schiacciante vittoria, lì ha dettato i princìpi del suo sovranismo.

La platea a cui Orbán si rivolge è particolare: si tratta di quegli ungheresi che hanno perso la propria patria in seguito alle dolorose amputazioni al territorio dell’Ungheria dettate dal trattato del Trianon, firmato a Parigi il 4 giugno 1920. In questo trattato il regno d’Ungheria, già parte dell’Impero Austro-ungarico, è costretto a cedere due terzi del proprio territorio a Romania, Cecoslovacchia, Regno dei Serbi e al Regno d’Italia, che ingloba con truppe irregolari la città di Fiume. Oltre alla privazione dell’accesso al mare, detenuto in Croazia per oltre ottocento anni, il trattato prevede altre umiliazioni nazionali simili a quelle imposte alla Germania dal trattato di Versailles: l’esercito venne limitato a 35000 uomini ed inoltre in Ungheria non potevano essere costruite ferrovie con più di un binario.

Il primo ministro magiaro Viktor Orban si rivolge alla stampa nell’ambasciata ungherese a Vienna, Austria, il 25 settembre 2015.

A questi magiari esclusi dalla madrepatria il premier Orbán prospetta la fine «della solitudine dell’Ungheria», durata «un secolo», e l’istituzione di una «nuova e più sicura regione, l’Europa Centrale». Questa regione avrà il compito di dettare una nuova linea all’Unione Europea, perché le élites di Bruxelles «hanno fallito». Secondo la visione del premier, trent’anni fa «pensavamo che l’Europa fosse il futuro, ora siamo noi il futuro dell’Europa». Vale la pena di ricordare che Orbán è un primo ministro che aderisce al PPE, come Angela Merkel e Silvio Berlusconi, tuttavia la deriva nazionalista e sovranista del primo è un altro campo di battaglia rispetto al centrodestra moderato di questi ultimi, oggi in grande difficoltà, col rischio di essere spazzati via. Quali sono dunque i nuovi princìpi del sovranismo nazionalista destinati a prendere il sopravvento in Europa?

La nuova regione dell’Europa Centrale secondo Orbán si dovrà reggere su cinque pilastri. Primo, il diritto di proteggere la cultura cristiana rigettando il multiculturalismo; sarebbe giunta l’ora infatti di «mostrare che c’è un’alternativa alla democrazia liberale, si chiama democrazia cristiana». A seguire, gli altri quattro pilastri sono: l’autorità di difendere il modello tradizionale di famiglia, il diritto al protezionismo economico, il potere di respingere i migranti e di proteggere i confini e il diritto dell’«una nazione un voto» a livello UE. Orbán chiosa prevedendo il momento del ricambio nella leadership dei paesi UE: infatti, i «sessantottini al potere» andranno in pensione e verranno sostituiti con «la generazione del 1990, di anti-comunisti, cristiani, con lo spirito nazionale».

La lotta portata avanti dal premier magiaro e dal suo partito Fidesz su questi punti non è solitaria, infatti trova supporto nell’internazionale sovranista messa in piedi da Steve Bannon. L’ex capo della comunicazione di Trump, recentemente fuoriuscito dal suo entourage, è il fondatore di The Movement, associazione con sede a Bruxelles che ha lo scopo di unire e dare assistenza alle forze sovraniste e antieuropeiste in vista delle elezioni europee della prossima primavera. I più famosi partiti coinvolti in questa unione, oltre a Fidesz di Orbán, sono il Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia, Alternative fur Deutscheland di Alexander Gauland in Germania, il Partito Popolare Austriaco di Sebastian Kurz e in Italia la Lega di Matteo Salvini.

Steve Bannon, ex consigliere strategico per la Casa Bianca.

Una volta definiti quali sono i princìpi è possibile, mediante un’operazione di esclusione, capire quali sono gli oppositori ideali dell’internazionale sovranista. In primis, a essere travolti dall’onda sovranista saranno in tutta Europa i partiti di destra e sinistra nati dopo la Guerra Fredda. Questi partiti moderati sono divisi da visioni conservatrici o progressiste ma hanno dei punti in comune quali la fiducia nella globalizzazione e nel ruolo decisivo che l’Unione Europea avrebbe avuto in essa. Inoltre questi partiti, che hanno definito il bipolarismo politico fino all’ultima crisi economica, non si fondano sul nazionalismo ma hanno fiducia nella diplomazia e nelle organizzazioni internazionali. In Italia un esempio del modello bipolare moderato destra-sinistra, crollato a seguito della discesa in campo dei partiti populisti, era lo scontro PD-PDL (poi FI), partiti oggi che fanno esperienza di una forte crisi di consensi. Inoltre, il sovranismo constata il fallimento di coloro che credevano di vivere in una società multiculturale che, come scrisse Magdi Allam, «si basa sulla certezza che sia possibile vivere pacificamente, nello spazio sociale e giuridico, mantenendo identità e idee di cittadinanza diverse».

Al contrario, la nuova Europa identitaria di Orbán, Salvini, Le Pen, Bannon, Gauland, Kurz, è un Europa che distingue chiaramente cosa sia normale nella nazione e cosa vada contro i valori nazionali di matrice cristiana, cattolica o protestante a seconda del paese. Secondo questa visione, in Europa è normale la famiglia tradizionale uomo-donna, quindi il ministro Fontana è giustificato nel dire che «le famiglie gay non esistono»; inoltre, in Europa la religione “normale” è il cristianesimo, è quindi giustificato il discorso di Orbán alla conferenza Budapest Europe-Talk 2018 in cui afferma: «mettiamo in guardia tutti contro l’idea che l’Islam faccia parte di qualsiasi paese europeo». Infine, le istituzioni sovranazionali della nuova Europa non sono create con l’obiettivo di promuovere un’unione politica europea, ma sono semplicemente una piazza di incontro di stati con sovranità separata, ognuno dei quali superiorem non recognosens. La direzione del campo sovranista nell’ambito internazionale è quindi quella di creare più organi come il Consiglio d’Europa e meno come l’Unione Europea attuale, vista come un costoso carrozzone da smantellare pezzo per pezzo, a partire dall’Euro e a finire con il potere legislativo europeo.

Kurz, Salvini e Orbán.

Quale futuro ha questa linea politica? A giudicare dalle ultime elezioni un futuro roseo e implacabile. L’Italia, governata dal ministro “plenipotenziario” Salvini, è perfettamente allineata con questo nuovo modello di Europa, con la stessa tenacia con la quale in precedenza è stata membro fondatore dell’Unione Europea e avanguardia dell’europeismo. «I giorni della Commissione europea sono contati» assicura Orbán e così, sotto la forza dirompente del sovranismo, il sogno di un’Europa che unita tiene testa alla globalizzazione viene sostituito dalla prospettiva di stati europei soli e sovrani nella gestione di tutti gli affari, nazionali e internazionali.

Resta quindi da vedere se la direzione politica del premier magiaro ci condurrà verso un nuovo risorgimento nazionale, oppure se essa ci farà scivolare verso le vecchie contese nazionalistiche, radici di tanti sconvolgimenti nel Vecchio Continente.

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Pietro Lepidi

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