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PES 2019, la recensione: un passo avanti, due indietro

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Claudio Agave

PES 2019 recensione – Dopo aver tratteggiato a grandi linee pregi e difetti della demo, era inevitabile che dovessimo cercare di dare delle indicazioni anche sul gioco completo di PES 2019, ennesimo capitolo della saga calcistica di Konami. Il nuovo episodio di Pro Evolution Soccer partiva da basi più che solide per quanto riguardava le situazioni cardine a livello di gameplay, peccando però come al solito eccessivamente sulla mancanza di licenze. Se possibile, questi aspetti nel nuovo titolo sono andati parzialmente a intersecarsi e scambiarsi: a un miglioramento sensibile della situazione licenze si è contrapposto, infatti, un piccolo peggioramento a livello di gameplay, riguardante più che altro una specifica situazione di CPU. PES 2019, ad ogni modo, si presenta come titolo piuttosto divertente e volutamente dallo stampo simulativo per chi decide di acquistarlo e provarlo, che sia un fan della saga o meno.

PES 2019, la recensione: pro e contro del titolo Konami

Iniziamo, ovviamente, con le buone notizie che regala questo PES 2019. Analizzando in primis la situazione offline, si può notare come le competizioni siano rimaste pressoché le stesse (a parte alcune licenziate che, per ovvi motivi, non ci sono più, ne parleremo più avanti), dunque Master League, Diventa un Mito, i vari campionati per club e Nazionali e la sempre affascinante e richiesta Coppa Konami. Anche a livello di modifiche, l’edit mode è rimasto sostanzialmente invariato e, perciò, ancora efficace come negli altri anni. Il gioco in sé presenta, come sempre, una grafica scintillante, quest’anno impreziosita anche da un nuovo sistema di illuminazione che diventa “dinamico” tra un tempo e l’altro (ad esempio nel primo ci sarà il sole e nel secondo inizierà a far sera). I volti dei giocatori sono semplicemente vicini alla perfezione e peraltro sono anche moltissimi: solo nel campionato italiano, ad esempio, ci sono più o meno 90 volti licenziati (tra cui ovviamente i vari Ronaldo, Mertens, Higuain, Icardi e tanti altri campioni ma anche giocatori “minori” come per esempio Lazzari della Spal). Il gameplay è rimasto molto simulativo e gradevole: ritmi non troppo forsennati, fisica della palla assolutamente realistica, portieri che sono stati notevolmente migliorati e animazioni rinnovate e riviste sia nella corsa che nel controllo della sfera e nel dribbling, con quest’ultimo che rimane un fattore non facile da affrontare anche con grandissimi campioni in controllo di palla. Le tattiche di formazione sono state poi maggiormente migliorate, sia per ciò che riguarda il gioco in velocità che le palle da fermo, con nuovi schemi e possibilità superiori rispetto ai titoli precedenti. Anche in Master League sono stati migliorati degli aspetti: qualche nuova cutscene, l’impostazione “sfida” rende ancor più complicato costruire una squadra di grande profilo. Persino qualche piccola incongruenza di calciomercato è stata risolta per arrivare a un maggiore realismo e garantire, ad esempio, un trasferimento coerente tra un particolare club e uno specifico calciatore ad un giusto prezzo. Passando invece al compartimento online, è stato rivisitato il MyClub, ovvero la risposta al FUT di EA: i giocatori non si comprano più attraverso sorteggio di palloni ma sarà fondamentale scegliere bene alcuni pacchetti di agenti, oltre che sfruttare al massimo le qualità degli osservatori. I giocatori potranno avere doppioni da scambiare con altri calciatori non in rosa, le stesse rose sono state ampliate fino a oltre 100 giocatori per consentire di non dover per forza cedere un calciatore per sovrabbondanza. Inoltre, i calciatori presenti avranno aggiornamenti live costanti in base al loro rendimento reale e tantissime nuove leggende (vecchie e nuove) faranno capolino nella modalità (qualche nome: Beckham, Del Piero, Ronaldinho, Maradona, Kahn, Nedved). Anche a livello di licenze, come detto, c’è da registrare un piccolo miglioramento: Konami ha infatti deciso di investire negli accordi con campionati minori europei e sudamericani, dando quindi la possibilità di avere un roster di giocatori e competizioni più ampio. Tra i campionati licenziati aggiunti ci sono quello svizzero, quello turco e i campionati brasiliano e argentino, oltre a quello scozzese. Insomma, PES 2019 si conferma con qualche piccola novità e le stesse impostazioni dei giochi precedenti, che avevano generato – seppur senza strafare – una piccola risalita del titolo dopo anni piuttosto bui.

Coutinho e Beckham, i due testimonial di PES 2019

CPU nociva

Purtroppo, a fronte di qualcosa di buono, c’è da segnalare anche materiale prevalentemente negativo. Iniziamo stavolta dalla licenze: PES 2019 vede sì nuovi campionati integrati al titolo ma anche la perdita della licenza delle competizioni UEFA, che FIFA prontamente ha agguantato. UEFA Champions League, Europa League e Supercoppa UEFA saranno dunque giocabili solo attraverso la loro controparte fake. Come negli anni scorsi, per accordi di esclusività EA, di nuovo squadre come Juventus, Manchester City, Manchester United, Real Madrid e Atletico Madrid non sono licenziate, così come la quasi interezza della Premier League e il Bayern Monaco, anche se Konami ha fatto di tutto per limitare i danni rinforzando le partnership precedenti e stringendone di nuove (tra i club che collaborano con Konami citiamo Barcellona, Inter, Milan, Liverpool, Arsenal e Schalke 04). I problemi più importanti, però, arrivano dal gameplay offline, a causa di alcuni aspetti che sembrano essere frutto di errori, bug o di un cattivo sviluppo. Segnare da lontano è veramente difficilissimo e i portieri, seppur migliorati e molto reattivi, quando controllati dalla CPU non escono praticamente mai sull’attaccante avversario, anche se quest’ultimo è in una situazione di 1vs1 o vicinissimo alla porta da difendere. L’aspetto più inquietante, però, è quello che riguarda la CPU dell’avversario in fase offensiva: ha infatti sviluppato una maniera di attaccare che la porta unicamente a cercare cross bassi dalle fasce. I colpi di testa – già palesemente depotenziati nel titolo, peraltro – risultano estremamente rari perché la palla non viene quasi mai alzata. Gli attaccanti tornano persino indietro, in molte situazioni, pur di sviluppare una trama verticale che porti sugli esterni anche quando sono lanciati davanti al portiere. Un aspetto che, purtroppo, sta rovinando l’esperienza offline di molti e che fa perdere creatività e ampiezza a un gameplay altrimenti persino superiore alla concorrenza. In molti, sui forum a tema, hanno già chiesto a Konami di intervenire con una patch correttiva: vedremo se e quando questo avverrà. Ad ogni modo, nel complesso, nonostante questo problema fastidioso PES 2019 resta un gioco da promuovere per le tante cose buone che porta in dote. Altrettanto certamente, però, Konami non può credere che basti questo per tornare ai fasti di un tempo, poiché la casa di produzione sembra ripetere ogni anno l’errore di fare un passo avanti e due indietro, modificando cose che nel gioco funzionavano e rischiando di renderle obsolete. Lavorando su questi dettagli e su un maggiore contorno, PES può tornare a diventare la saga dominante di un tempo. Questa ipotesi, però, sembra al momento molto lontana.

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