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Un’animatrice di Gatta Cenerentola spiega come si lavora a un film di animazione

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Claudio Agave

Nei recenti pomeriggi settembrini di una Napoli tormentata dalla tramontana e da un freddo atipico che ha fatto dimenticare l’estate, si respira ancora un’aria di rinnovato vigore nei confronti della produzione artistica cittadina. In particolare, la Mad Entertainment – casa di produzione cinematografica di cui avevamo già diffusamente scritto qualche mese fa – sembra vivere un momento magico dopo le grandi imprese di Gatta Cenerentola, vero e proprio fenomeno della scorsa stagione cinematografica, che ha contribuito a rilanciare non solo l’animazione in sé ma anche la geniale creatività del popolo partenopeo. In virtù di questi successi, abbiamo avuto il piacere di intervistare chi alla Mad svolge un ruolo fondamentale per la buona riuscita di ogni prodotto: l’animatrice Viola Cecere è un tassello dell’armonioso mosaico che ha generato così tanti consensi e che, inevitabilmente, punta a rinforzare il suo retaggio in vista delle sfide future.

Un’animatrice di Gatta Cenerentola ci spiega come si lavora a un film di animazione

«Dopo aver concluso gli studi di architettura e disegno industriale presso l’Università Luigi Vanvitelli ad Aversa, nel 2011 mi sono iscritta alla Scuola italiana di Comix in via Atri. Lì il mio insegnante, Ivan Cappiello, ci ha fatto fare un corso sul 3D, sulla modellazione e le varie tecniche. Dopo 3 anni di corso (sin dal primo, in realtà) ho iniziato a collaborare con la Mad Entertainment per un film che fu trasmesso anche dalla Rai, che si chiamava La cantata dei pastori. Partecipai per la modellazione di alcuni oggetti. In seguito la collaborazione è continuata e poi sono andata nello specifico a lavorare per Gatta Cenerentola come animatrice», spiega Viola, ragazza del Centro Storico partenopeo che ha reso reale il sogno di molti: fare di una passione un lavoro. «Nello specifico, io mi occupo dell’animazione. Ovviamente mi riferisco al fatto di animare e dar vita a un personaggio. All’epoca dei primi cartoni animati c’erano dei disegnatori che creavano un personaggio posizione per posizione e gestendolo in velocità davano una sensazione di movimento. Adesso l’animazione si fa soprattutto con programmi 3D, al cui interno ci sono personaggi che si muovono in spazi tridimensionali e che noi gestiamo tramite controller, per dar loro una posa base. In seguito, registrata, la posa andiamo a creare altro per dare consecutività al personaggio stesso».

Ovviamente, per un animatore che si occupa di plasmare quasi da zero un personaggio, lavorare con un occhio (se non entrambi) alla sceneggiatura è fondamentale. «Le due cose sono complementari» – spiega. «Noi andiamo di pari passo con essa, leggiamo e poi lavoriamo per dare mimica ed emozioni. Da una parola si passa all’animazione per rendere quest’ultima reale». Gatta Cenerentola è stato un vero e proprio caso cinematografico: progetto partito in sordina ed esploso in maniera fragorosa, ha vinto premi e sfiorato la consacrazione internazionale. «Sinceramente non ci aspettavamo questo successo. Sapevamo di lavorare su qualcosa di bello ma non avremmo pensato di avere questo impatto così forte, non pensavamo di vincere due David di Donatello o di essere candidati agli Oscar. Tutta questa fama è stata inattesa, qui a Napoli siamo visti ormai come idoli. Credo che ancora oggi non abbiamo chiaramente colto l’importanza mediatica di questo film. Quando ero al cinema Modernissimo di Napoli per la prima, ci hanno presentato uno ad uno. Lì – e soprattutto quando abbiamo saputo di essere stati candidati per le selezioni degli Oscar, una cosa incredibile – ho pensato: ‘mamma mia, cos’abbiamo fatto’. In particolare noi siamo arrivati fino allo step precedente la notte degli Oscar, siamo stati battuti solo da colossi del settore». Eppure, nonostante questo grande successo, nel nostro Paese si fa ancora fatica a considerare il cinema d’animazione come una cosa seria e non, come direbbero i napoletani, come una pazziella. «In Italia purtroppo funziona così, la mentalità è questa. Noi a Napoli abbiamo l’arte di arrangiarsi, infatti con pochi mezzi abbiamo ottenuto grandi risultati. Basti pensare che la Mad attualmente è composta da circa 22 persone e che prima di Gatta Cenerentola eravamo anche meno, una quindicina di persone. Adesso ovviamente il nome dell’azienda ha una certa importanza ma è la mentalità di base che dovrebbe cambiare. Ovviamente non possiamo paragonarci a colossi come la Pixar o la Dreamworks, ma stiamo cercando di far capire che il cinema d’animazione è una cosa seria e non per un target esclusivo di bambini. Non solo i giapponesi riescono in questo intento. Inutile dire che il nostro specchio è sempre un po’ Miyazaki, il quale in carriera ha generato dei capolavori».

Il team della Mad Entertainment con Ligabue – FOTO: pagina Facebook Mad Entertainment

Nel corso della lavorazione del film, ovviamente Viola ha avuto modo di incontrare alcuni protagonisti che hanno prestato le loro capacità al progetto: «Io ho incontrato personalmente Maria Pia Calzone, Massimiliano Gallo ed Enzo Gragnaniello: tutti molto affabili e simpaticissimi, li abbiamo visti però poco perché loro si occupavano di registrare le voci e noi ovviamente della parte tecnica». Gatta Cenerentola potrebbe però essere soltanto un trampolino di lancio e non ancora la vetta della montagna per la Mad Entertainment: «Abbiamo un bel progetto per il futuro, purtroppo non posso parlarne nel dettaglio ma ci lavorerà lo stesso gruppo di Gatta Cenerentola. D’altronde, squadra che vince non si cambia». La vera scommessa, però, è un’altra, già accennata prima: cambiare il modo di pensare e interpretare il cinema d’animazione. «Secondo me Gatta Cenerentola può rappresentare il via ad un grande cambiamento per la percezione del cinema di animazione in Italia. E il fatto che sia stato creato proprio in questa città secondo me è un segno del destino. Napoli sta vivendo un momento di riscatto verso sé stessa, la Nazione, questo momento di crisi. Ogni tanto sognare non fa mai male». E allora meglio continuare a farlo, per arrivare infine alla realtà.

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Claudio Agave

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