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La mosca e la nascita del body horror

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Claudio Agave

La mosca – Prima dell’approdo del cinema horror da jumpscares, da atmosfere altisonanti o da filtri oscuri, i film dell’orrore (o presunti tali) avevano trovato nuovo vigore con una pellicola che, forse inconsapevolmente, finì per cambiare il destino di un certo modo di spaventare la gente nelle sale. In tal senso, infatti, La mosca di David Cronenberg rappresenta una sorta di portabandiera ideale che nel 1986 diede alla luce il cosiddetto sottofilone del body horror, che in seguito lo stesso Cronenberg (e molti altri registi) utilizzeranno per regalarsi una carriera di grandi soddisfazioni.

Con un plot accattivante quanto all’apparenza quasi banale e degli attori protagonisti molto ispirati, La mosca è forse uno dei piccoli capolavori del cinema di genere che sono diventati cult non soltanto anni dopo la loro uscita ma nel periodo immediatamente successivo al rilascio.

La mosca e la nascita del body horror: il piccolo capolavoro di David Cronenberg

Tratto dal racconto La Mouche di George Langelaan, La mosca viene considerato ufficiosamente – e spesso anche ufficialmente – il remake del film L’esperimento del Dottor K del 1958, dal quale però differisce in svariate linee di narrazione dell’intreccio. Questo anche perché David Cronenberg, dopo aver preso il timone del film in seguito all’abbandono di Atto di forza, riscrisse tutta la sceneggiatura originale di Charles Edward Pogue, la quale venne ritenuta troppo simile al film precedentemente realizzato.

La storia, che vede lo scienziato Seth Brundle e la giornalista Veronica Quaife coinvolti in alcuni esperimenti di teletrasporto, di cui uno purtroppo finito male, sottolinea soprattutto la forza del risicato cast scelto per la pellicola. Jeff Goldblum, attore ancora oggi troppo sottovalutato nonostante iconici ruoli in alcuni dei più importanti film di fine anni Ottanta e inizio anni Novanta, riesce perfettamente a captare e rigettare sullo spettatore tutte le emozioni che la sceneggiatura di Cronenberg intendeva comunicare: dapprima euforia per la nuova scoperta, poi tracotanza per la grande battaglia vinta contro tutto e tutti, in seguito consapevolezza del cambiamento e delle problematiche accorse e, infine, accettazione di una nuova natura, dannata e destinata a divenire inevitabilmente fatale. La prestazione di Goldblum trova ancora maggiore riscontro considerato che, in effetti, egli stesso – come un moderno Jekyll/Hyde, sia “costretto” a interpretare sia l’eroe che il villain del film, lavorando psicologicamente e fisicamente su due piani separati ma legati al contempo tra loro. Geena Davis – seppur con un personaggio scritto in una maniera che a volte sembra irrealistica, in base alle azioni compiute – non si riduce al ruolo della mera spalla ma trova vigore proprio nella necessità di barcamenarsi nelle piaghe di una vicenda ai limiti dell’assurdo. La grande ed efficiente alchimia tra i due era dettata, ovviamente, anche dalla relazione sentimentale che li coinvolse proprio in quegli anni e che finì per aiutare molto la resa sullo schermo della relazione tra i due protagonisti.

Al di là della sceneggiatura e delle performance attoriali, il trucco e gli effetti visivi de La mosca paiono immediatamente rivoluzionari non nel senso strettamente tecnico del termine, quanto assolutamente per la loro capacità di rendere al meglio la trasformazione in un essere non umano. Se la parte emozionale aveva trovato sfogo in un Jeff Goldblum in grande spolvero, quella visiva venne realizzata in maniera enorme da parte di Chris Walas (che per il suo lavoro vinse l’Oscar per il miglior trucco nell’anno successivo e si guadagnò la regia del sequel). Walas e Cronenberg infatti lavorarono per rendere la trasformazione assolutamente non stereotipata e lontana da quella fisiologicamente improbabile del film originale. Brundle subisce una vera e propria mutazione con vari stadi che riguardano quelli di un insetto o, ancor peggio, l’incalzare di una rara malattia degenerativa. Tutto risulta quindi abbastanza credibile e quasi scientificamente accurato, accompagnando a un decadimento psicologico del protagonista anche una difficoltosa condizione fisica, che poi culminerà in una sorta di abominio.

La mosca fu un grande successo, anche se molte persone in cinema si dimostrarono particolarmente deboli di fronte ad alcune scene della pellicola che, infatti, in seguito furono eliminate dal montaggio finale (tra queste, un Brundle già mutato che cerca di combinare un gatto e un babbuino per trovare una cura alla sua condizione). Come già citato in precedenza, il film ebbe anche un sequel diretto da Chris Walas e con Eric Stoltz (nel ruolo del figlio dei due protagonisti del remake) come protagonista. Anche questa seconda pellicola, in controtendenza con vari sequel pessimi di grandiosi film di quell’epoca (basti pensare, ad esempio, a Robocop o Darkman), risultò molto gradevole anche se non all’altezza del film precedente. Inoltre, a quanto pare, è in corso di sviluppo un remake del film di Cronenberg, con J.D. Dillard come regista e la 20th Century Fox come distributore.

Seth Brundle trasformato nella creatura finale, il Brundlemosca.

In cosa consiste il body horror

Come detto, La mosca è praticamente il capostipite del sottogenere chiamato body horror. Il tutto, di conseguenza, è legato alla paura dell’uomo di vedere il suo corpo (o quello di altri) in decadimento, vittima di malanni che lo deformano o che lo rendono addirittura mostruoso e di natura malvagia. Un filone di film che punta non solo, quindi, sugli effetti visivi e fisici ma specialmente su quelli psicologici e di condizionamento mentale. David Cronenberg, in campo di genere, fu considerato lo scopritore nonché tramite di questo filone. Molti dei suoi film (tra cui vale la pena citare Videodrome, Il pasto nudo ed eXistenZ) presentano infatti gli stessi temi percepiti anche ne La mosca a riguardo. C’è da dire, comunque, come sia prima che dopo anche altri registi abbiano saputo interpretare al meglio il concetto di body horror. Alcuni esempi eclatanti possono portare a citare Rosemary’s Baby di Roman Polanski, Alien di Ridley Scott ma anche Hellraiser di Clive Barker. Tutti film che, non a caso, nonostante la crudezza sono riusciti a ritagliarsi uno spazio nell’olimpo del cinema horror. Così come La mosca, punto di riferimento per ogni amante del genere e incredibile esperimento riuscito di un grande genio del cinema.

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