Antonio Cassano ha deciso: basta col calcio giocato. In realtà, però, a causa di varie vicissitudini, il barese non giocava una partita ufficiale da ben due anni e mezzo. In questo periodo si è più volte espresso favorevolmente circa un suo possibile ritorno: si dichiarava pronto a una nuova vita calcistica, che in realtà non è mai arrivata. Cercando di analizzare il suo percorso, non è semplice definire quale sia stato il Cassano vero.
Il baby prodigio che segna il suo primo goal in Serie A, non ancora maggiorenne con la maglia del “suo” Bari contro l’Inter? Il giocatore ammirato a Roma insieme a Francesco Totti? Il Cassano rinato nella Genova blucerchiata? Oppure il Cassano confuso e che ci confonde? Quello che prima annuncia il ritiro poco dopo l’ingaggio con l’Hellas Verona, per poi ritrattarlo e successivamente riconfermarlo nuovamente nel giro di pochi giorni, abbandonando definitivamente la squadra scaligera.
Ben nota, infine, la vicenda di qualche giorno fa: accordo con la Virtus Entella per riprovare a tornare in campo e l’annuncio del ritiro definitivo (?) a soli cinque giorni dall’inizio degli allenamenti. Il barese ammette serenamente: «In questi giorni di allenamento però ho capito che non ho più la testa per allenarmi con continuità. Per giocare a pallone servono passione e talento, ma soprattutto ci vuole determinazione e io in questo momento ho altre priorità». Il presidente dei liguri, Antonio Gozzi, sottolinea il dispiacere per la scelta, arrivata però in totale tranquillità e accettata senza problemi dalla società biancoceleste (d’altronde le due parti si erano accordate per una prova di una settimana).
La lettera di Cassano, resa pubblica dall’amico Pierluigi Pardo su Twitter, mette il punto a una carriera che ha visto il giocatore toccare vette altissime, alternate a momenti di estrema difficoltà.
Gli inizi a Bari alla consacrazione capitolina
Dei suoi 112 gol in 400 partite di Serie A torna subito alla memoria il primo, indelebile, messo a segno con la squadra della sua città: il Bari. Gol vittoria contro l’Inter a due minuti dalla fine. Sembrava essere solo l’inizio di una carriera folgorante. Il numero diciotto biancorosso resta a Bari per due stagioni, per poi fare il grande salto e approdare a Roma, sponda giallorossa. Cinque anni nella capitale con 52 reti e un gran rapporto di amicizia con capitan Totti, incrinatosi sul finire per ragioni extra-calcistiche. L’addio, che lo porterà al Real Madrid, non è esente da dissapori per problemi di rinnovo contrattuale rifiutato. Dissapori con le ex squadre che saranno un tema ricorrente della carriera del barese.
Da “El gordito” madrileno alla rinascita sampdoriana
Un anno e mezzo a Madrid senza essere entrato nel cuore dei tifosi e della società, nonostante l’esordio con goal. Non basta l’arrivo di Mister Capello, già avuto alla Roma, per riuscire a sfondare in Spagna. Cassano viene accusato di scarso impegno, vista la difficoltà a smaltire i chili di troppo (celebre l’imitazione del comico spagnolo Carlos Latre). I Galacticos, pur di liberarsene cedono all‘offerta di prestito gratuito della Sampdoria, con parte dell’ingaggio a carico. In coppia con Pazzini nei tre anni e mezzo alla Sampdoria, Cassano ritrova il vecchio smalto e trascina la squadra in finale di Coppa Italia nel 2009 (persa ai rigori contro la Lazio) e ai preliminari di Champions League (subendo l’eliminazione da parte del Werder Brema) nella stagione seguente. Alla doria Cassano segna quaranta gol in 115 presenze.
Il Cassano milanese
Dopo (l’ennesimo) addio burrascoso, causato da un litigio con il Presidente Garrone (di cui Cassano ammetterà di essersi pentito), il giocatore arriva al Milan. In rossonero in un anno e mezzo, il talento di Bari Vecchia riesce a vincere il suo primo (e unico) scudetto in Italia. L’anno dopo, superato un problema cerebrale che lo tiene lontano dal campo cinque mesi, torna in campo per gli ultimi due mesi di campionato, prima di approdare, in estate, all’Inter. Lo scambio con Pazzini, con conguaglio a favore dei nerazzurri, regala al barese la maglia per cui tifava sin da bambino. Non basta l’amore giovanile per resistere oltre un anno: il pessimo rapporto con Stramaccioni, con cui si arriverà un furioso litigio, causerà l’addio a fine anno, direzione Parma.
Dal Parma all’Entella
In gialloblù Cassano sfonda il muro dei cento gol in Serie A, chiudendo malamente l’esperienza dopo diciotto gol in 56 gare: contratto rescisso a causa del mancato pagamento degli stipendi. Siamo agli albori delle vicissitudini societarie che porteranno la società emiliana a fallire. Dopo il Parma, il giocatore cerca il revival in blucerchiato, ma i dissapori col neopresidente Massimo Ferrero non lo aiutano nel suo intento. Dopo aver perso l’intera stagione 16/17 (prima da fuori rosa, poi da svincolato) Cassano ci riprova col Verona, senza fortuna: rescissione consensuale dopo pochi giorni dall’accordo.
Ripercorrere la carriera del barese è necessario per capire e sottolineare tutte le opportunità che ha avuto e che non ha sfruttato, sopratutto per sue mancanze: Roma, Real Madrid, Milan, Inter, quattro grandi squadre lasciate in malo modo, chance non sfruttate in fasi totalmente diverse della carriera e della vita. Impossibile nascondersi dietro alla scusa degli errori di gioventù. Cassano aveva dalla sua una classe cristallina innegabile che non è stata coltivata. Se solo avesse voluto sarebbe potuto diventare uno dei più grandi. Eppure in tanti avevano provato a consigliarlo e ad aiutarlo, capendone le difficoltà caratteriali e ambientali: dal mentore Eugenio Fascetti, che ha creduto in lui all’inizio, a Francesco Totti che lo prese sotto la sua ala protettiva, fino al Presidente Garrone che lo accolse come un figlio.
È proprio questo, probabilmente, ad aver generato nell’opinione pubblica commenti e impressioni sul giocatore per nulla positivi: le tante, troppe, occasioni lasciate scivolare per colpa di un carattere incapace di mediare. O tutto o niente, prendere o lasciare: questo è Antonio Cassano.
Fa ancora più rabbia il fatto che il giocatore riconoscesse il ruolo fondamentale del calcio nel suo vissuto. Questo sport lo aveva salvato dopo un’infanzia difficile per le vie di Bari Vecchia come lui stesso ha ammesso. Nonostante ciò Cassano ha preferito cullarsi sul suo talento innato, senza farlo sbocciare in qualcosa che solo lontanamente possiamo immaginare. Le “cassanate”, finora volutamente non citate, sono solo il simbolo di una carriera strafottente e non errori di gioventù, visto che gli scatti d’ira, i problemi in campo e fuori, le uscite poco felici con la stampa, hanno accompagnato il giocatore ben oltre i vent’anni. Neppure il matrimonio con l’ex pallanuotista Carolina Marcialis, pur dandogli quella serenità e stabilità che prima mancavano, è bastato a fargli dare quella sterzata significativa alla vita professionale, sempre proseguita in un saliscendi di eventi, non sempre collegati col calcio giocato.
L’eterno ragazzino a cui si perdonava tutto, in nome del talento e della classe, ha fatto la scelta giusta. Ritirarsi da un mondo che (almeno da calciatore) non è riuscito a capire e da cui non si è voluto fare capire sembrava inevitabile. Era arrivato veramente il momento di pensare «alle altre priorità».