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Banksy, l’artista ribelle. Diventare famosi stravolgendo le convenzioni

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Maria Letizia Camparsi

Banksy è forse lo street artist più famoso e importante ancora in vita. E più non rispetta le convenzioni, più la sua fama cresce. Questo grazie alla grande eco mediatica che le sue azioni provocano e alla sua capacità di sorprendere. Come la sua ultima trovata: inserire un meccanismo di autodistruzione all’interno di un suo quadro, Girl with Balloon, e azionarlo non appena viene venduto all’asta per 1,1 milioni di euro. E ora il disegno, prontamente rinominato Love Is in the Bin, secondo molti ha acquisito ancora più valore dopo essere stato ridotto per metà in striscioline.

“Love Is in the Bin”, 2018, di Banksy. Il risultato di un meccanismo di autodistruzione inserito nel retro della cornice di “Girl with Balloon”.

Un artista misterioso

Nessuno sa ancora chi si nasconda dietro al nome di Banksy, nonostante si siano fatte varie ipotesi. Si comincia a parlare di lui all’inizio degli anni Duemila quando, lasciata la città natale di Bristol, si trasferisce a Londra. Qui si fa notare disegnando topi, che stanno a lui come le lattine di zuppa Campbell’s a Andy Warhol. È evidente che l’animale assume per lui una dimensione metaforica: “Sono odiati, braccati e perseguitati. Eppure sono in grado di mettere in ginocchio l’intera civiltà”. L’artista ampia poi il ventaglio dei suoi personaggi, creandone sempre di ironici e allusivi. Da subito la stampa parla di Banksy effect, notando come stia prendendo piede un vero fenomeno. I suoi disegni appaiono come una forma di critica nei confronti dell’establishment, della guerra e del consumismo. I suoi stencil, immediati e ricorrenti come manifesti pubblicitari, si trovano ovunque, anche nei luoghi più strani della città, e spesso ne enfatizzano i caratteri. L’artista di Bristol, poi, è famoso anche per le sue “incursioni”: si è introdotto di nascosto nei musei, negli zoo, nelle gallerie e nei negozi di tutto il mondo, diventando l’indiscusso re della Guerrilla Art.

“Sniper and Boy” (Il cecchino e il bambino), di Banksy, Londra, 2007.

L’arte illegale: graffiti e street art

Le prime forme di arte urbana compaiono a Parigi; ma è New York, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Novanta, la città che manifesta al mondo intero il potere simbolico del writing e della street art e la sua capacità di trasformare l’immaginario urbano. Ma in Italia come negli Stati Uniti, l’eventuale rilevanza artistica della realizzazione illegale non evita che il gesto sia considerabile come reato. Anche se si può ritenere applicabile la legge sul diritto d’autore, che è completamente indifferente al modo in cui l’opera d’arte è nata. Dal punto di vista del diritto morale d’autore, poi, è invocabile per l’artista il diritto di rivendicare la paternità dell’opera. Si ritiene però prevalente l’interesse del proprietario del supporto su cui è stata realizzata l’opera a non considerarla, a distruggerla, coprirla, venderla o riprodurla.

“Kissing coppers” (Il bacio dei poliziotti), di Banksy, Brighton, 2004.

L’inizio e Walls on fire

«Quando avevo circa dieci anni un ragazzino chiamato 3D dipingeva con grande accanimento per le strade – racconta l’artista in un’intervista del 2006 a Swindle –. I graffiti erano la cosa che amavamo di più, li facevamo sull’autobus tornando a casa da scuola. Tutti li facevano». Banksy lascia la scuola a sedici anni, dopo aver conseguito il diploma secondario di educazione, e comincia a fare graffiti a tempo perso. Il 1998 è l’anno in cui Bristol suggella il successo dello street artist e diventa la capitale europea del graffito, con la manifestazione Walls on fire da lui organizzata. Vi partecipano artisti da tutto il Regno Unito e da tutta Europa: per un intero weekend disegnano su una palizzata lunga 365 metri, intorno ad Harbourside. «Se vuoi dire qualcosa, devi scrivere il tuo messaggio laddove la gente lo possa vedere», dice Banksy al Venue.

Disegno realizzato da Banksy durante il “Walls on fire” sul muro di recinzione dell’At-Bristol, struttura con cui ha collaborato per realizzare l’evento.

La tecnica dello stencil

Lo stencil corrisponde a una delle più antiche tecniche utilizzate nell’arte, perché le sue prime attestazioni risalgono a oltre 25.000 anni fa, nelle Grotte di Gargas in Francia. Oggi, a differenza dei graffiti o delle semplici tag, gli stencil hanno messaggi più impegnativi e consapevoli. Banksy comincia a usarli stabilmente nei primi anni del Duemila a Londra, dove si è trasferito, in una città che ancora non conosce quel linguaggio. Nel suo libro Wall and Piece, Banksy racconta di come gli è venuta questa idea: «Quando avevo diciotto anni impiegai un’intera notte per dipingere a grosse lettere le parole “late again” sul lato di un treno. La polizia mi vide e fui costretto a nascondermi sotto un camion. In quel momento realizzai che avrei dovuto dimezzare il tempo della mia pittura. Fissavo le lettere in rilievo sul fondo di una tanica di benzina e capii che avrei potuto copiarle, ingrandendole».

“Spy Booth” (La cabina spia), di Banksy, Cheltenham, aprile 2014.

Banksy con questa tecnica diventa rapido, controllato e riduce i gesti al minimo, come si vede in alcuni video. Inoltre ha la possibilità di creare i propri lavori in modo seriale (utilizzando la stessa mascherina da cinque a quindici volte), ma completandoli poi a mano libera, ritoccandoli e aggiungendo sfumature con la bomboletta spray. Oggi esiste anche la macchina laser per ritagliare le mascherine: si preparano i disegni al computer e ci si collega la macchina – simile a una fotocopiatrice – in cui un ago laser riproduce anche i minimi dettagli delle figura. Banksy di colpo ha l’opportunità di realizzare una ventina di immagini di qualità nello steso tempo che gli serviva per creare un pezzo a mano libera. E un numero maggiore di disegni corrisponde a un numero maggiore di persone che notano i suoi lavori.

Cosa è rimasto di Banksy

A Bristol, la città di Banksy, la maggior parte dei muri è colorata: immensi disegni campeggiano sulle facciate dei palazzi e dei bar e intere strade sembrano dedicate all’arte libera. Qui gli stencil dell’artista si mostrano integri e ben visibili, senza bisogno di protezioni. Gli abitanti di Bristol li conoscono bene e li rispettano. Purtroppo però, a Bristol come in altre città, molti disegni di Banksy sono stati cancellati, sia volontariamente, sia a causa di demolizioni di palazzi e ristrutturazioni.
Lo street artist è passato anche dall’Italia e ci ha lasciato due doni, entrambe a Napoli. Il primo, cancellato da un writer nel 2010, è una rivisitazione dell’Estasi della beata Ludovica Albertoni del Bernini con alcuni prodotti di un fast food, che simbolicamente richiamano il concetto di consumismo. Il secondo è la Madonna con la pistola del 2011, un mix di sacro e profano, ricoperta da qualche anno con un vetro protettivo.

Madonna con Pistola, di Banksy, Napoli, 2011(?).

Significati e provocazioni

Banksy sa esattamente cosa vuole comunicare e come farlo. La sua arte non è mai un’espressione fine a se stessa, ma si dimostra volontà di parola, gesto figurativo e contestualizzato. I suoi disegni e i relativi messaggi sono alla portata di tutti, perché utilizza un linguaggio semplice e immediato. Sono manifesti sociali che denunciano la guerra e le multinazionali, parlano dei più deboli e dei diritti degli animali, sfidano il crescente controllo high tech, beffeggiando le scelte politiche, la militarizzazione e i rappresentanti del potere. Sono considerabili come una protesta pacifica e creativa. L’autore, infine, dimostra di essere un ottimo interprete del proprio tempo, sfacciato e provocatorio, capace di mettere in discussione l’intera opinione pubblica invitando le persone a riflettere.

“Birds of a Feather” (Uccelli della stessa specie), di Banksy, Essex, settembre 2014.

Banksy sceglie per le sue rappresentazioni eventi e spazi chiave, coinvolgendo le persone e sollecitando il loro senso critico. Quando disegna si prende gioco delle convenzioni e dei poteri forti, realizzando ad esempio il ritratto della regina Elisabetta con le sembianze di uno scimpanzé. E quando la regnante si è rifiutata di regolarizzare le coppie gay, lui l’ha dipinta in un atto sessuale con una donna. Sui muri di Londra, poi, è possibile incontrare le guardie reali intente a fare pipì o impegnate a scrivere grosse A di anarchia con aria furtiva.
I suoi personaggi, insomma, sono disincantati, nati da una civiltà capitalistica e progressista. Banksy sovverte l’immaginario collettivo sfaldando quelle che sono sentite come icone della società contemporanea. E lo fa sfoderando un’ironia allo stesso tempo elegante e brutale, che evidenzia e mette in ridicolo le contraddizioni che fanno parte del nostro tempo.

A sinistra: “Laugh Now” (Ridi ora), di Banksy, 2003. A destra: “Monkey Queen” (La regina scimmia), di Banksy, 2003.

I vip, il mercato e le quotazioni

Le quotazioni di Banksy sono salite vertiginosamente dopo che grandi star come Brad Pitt, Angelina Jolie e Keanu Reeves hanno acquistato i suoi lavori ed espresso apprezzamenti per l’artista. Nel 2006 Christina Aguilera spende 25.000 sterline per acquistare un pezzo originale e due stampe durante un viaggio a Londra. La prima asta, invece, viene indetta nel 2007 e un pezzo viene venduto addirittura per 288.000 sterline, 351.605 euro. I prezzi crescono sempre di più, in particolare per le opere più famose, come quella della bambina con il palloncino rosso, Girl with Balloon, venduta per 1,1 milioni di euro da Sotheby’s a Londra, il 5 ottobre 2018. Ma quest’ultima, con un colpo di scena in mero stile Banksy, si autodistrugge non appena viene aggiudicata. L’artista dimostra così di non essere favorevole alla commercializzazione dell’arte e cambia il nome dell’opera in Love is in the bin.

“Mobile Lovers” (Gli amanti con lo smartphone), di Banksy, Bristol, aprile 2014.

Le mostre

Banksy inaugura la sua prima mostra a Bristol, nel ristorante Severnshed, tra il febbraio e l’aprile del 2000. La stranezza di alcune sue mostre successive è la presenza di animali, come nel museo di Notting Hill nel 2005, in cui sono lasciati liberi nelle sale duecento topi. Una delle esposizioni che ha fatto più discutere però è quella di Los Angeles del settembre 2006, chiamata Barely Legal. Qui un vero elefante, colorato di rosso e oro, accoglie i visitatori, ai quali viene dato un biglietto che li interroga sul problema della povertà e dell’accessibilità dell’acqua potabile nel mondo. L’animale sta lì a ricordare un’espressione idiomatica inglese, che si usa per indicare una verità esistente ma che tutti ignorano. La sua prima mostra ufficiale risale invece al 2009, nella sua città natale, e si chiama Banksy vs Bristol Museum.

L’elefante presente all’ingresso della mostra “Barely Legal”, tenutasi a Los Angeles nel 2006.

Con il tempo le mostre dedicate a Banksy sono diventate sempre più frequenti, fino a risultare alle volte sgradite allo stesso artista, che ha espresso il proprio disappunto ad esempio nei confronti dell’esposizione dedicatagli a Mosca, precisando che non è stata voluta da lui e criticando il prezzo del biglietto, che ammontava a 20 sterline. Anche a Milano è in programma una mostra su Banksy, dal 20 novembre 2018 al 24 marzo 2019. Sarà al Mudec, il Museo delle Culture della città, e i curatori si sono già preoccupati di precisare che l’esposizione non è ufficiale e non è autorizzata da Banksy. Ciononostante il prezzo del biglietto potrà superare anche i 20 euro.

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Maria Letizia Camparsi

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