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Non è una manovra per giovani

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Fabiana D'Eramo

La Manovra è respinta. Senza alcuna sorpresa, l’Italia accoglie il responso della Commissione Ue sul Documento programmatico di bilancio. Per la prima volta un’autorità esterna ad uno Stato chiede a quello Stato di riscriverlo. «Ma non vediamo alternative»spiega Moscovici, il commissario agli Affari economici, «spendete per il debito quanto investite in istruzione». Questo richiamo non è casuale. Perché tra abolizione della Fornero, reddito e pensione di cittadinanza, non c’è nessuna misura che favorisca nuovo lavoro e l’ingresso dei giovani nel circuito occupazionale. Ma per il nostro governo non esiste alcun piano B. 

Cosa c’è nella manovra

L’Ue contesta un disimpegno nel processo di ridimensionamento del debito pubblico un aumento eccessivo della spesa per finanziare reddito di cittadinanza e riforma pensionistica, le misure chiave su cui Cinque Stelle e Lega hanno vinto le elezioni. In virtù di questo, il governo risponde che non arretra, tira dritto: la Manovra non cambierà. Vediamola nel dettaglio:  

  • Resta la misura principe del Movimento Cinque Stelle: reddito e pensioni di cittadinanza si fanno e costano nove miliardi – più un ulteriore miliardo destinato al rafforzamento dei centri per l’impiego. Scatteranno nei primi tre mesi del 2019. L’assegno sarà di 780 euro e verrà caricato sul bancomat. Gli acquisti saranno monitorati e limitati a ciò che consenta di «assicurare la sopravvivenza minima per l’individuo»: non si potranno infatti effettuare quelle che il vicepremier Luigi Di Maio chiama «spese immorali». Il sostegno è garantito solo a patto di frequentare corsi di formazione e di prestare otto ore a settimana di lavoro socialmente utili, e verrebbe meno dopo il rifiuto di tre offerte di lavoro.
  • Resta la riforma della Legge Fornero: da febbraio si potrà andare in pensione a “quota 100”, per arrivarci sono necessari 62 anni di età e 38 di contributi. Costerà sette miliardi. Esiste anche l’Opzione Donna, che permette di andare in pensione con 35 anni di contributi e 58 anni d’età se lavoratrici dipendenti, 59 se autonome.
  • Si farà anche la Flat Tax: dal 2020 tassazione piatta al 20% per le piccole imprese e i lavoratori autonomi, entro il limite di centomila euro di ricavi.
  • Resta il taglio alle pensioni d’oro e dovrebbe riguardare gli assegni sopra i 4500 euro. A detta del vicepremier Di Maio, dovrebbe regalare allo Stato un miliardo in tre anni. Il presidente dell’Inps, invece, Tito Boeri, parla di circa 150 milioni.
  • Tagli anche per i ministeri di circa 2,5 miliardi e per la gestione dei migranti: il vicepremier Salvini parla di 1,3 miliardi in meno in tre anni.
  • La manovra parla anche di stanziare quindici miliardi nei prossimi tre anni per rilanciare gli investimenti pubblici, in particolare nell’ambito infrastrutturale, dell’adeguamento antisismico, dell’efficientamento energetico e delle nuove tecnologie.

Nel complesso, la manovra vale 37 miliardi e il rapporto decifit/pil è previsto al 2,4%.

Da sinistra: il ministro dell’Economia Tria, il premier Conte e i due vicepremier Di Maio e Salvini alla presentazione del Def. Foto Ansa/Giuseppe Lami.

Il parere Ue

Per venire incontro alle necessità primarie delle famiglie, l’Europa permette che la spesa possa aumentare oltre i limiti prestabiliti, ma il debito italiano è già troppo lontano dal tetto ammesso e le intenzioni del governo sembrano tradire la sua volontà di non rispettare gli impegni europei del Patto di Stabilità, in particolare le clausole preventive. L’Italia «va apertamente e consapevolmente contro gli impegni», rimarca Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue. «La tentazione di curare il debito con più debito a un certo punto porta il debito ad essere insostenibile. Nel 2017 il debito dell’Italia era il 131% del Pil, il secondo più elevato dell’Unione e uno dei più elevati a livello mondiale, e ogni anno ogni contribuente deve farsi carico del suo costo». E aggiunge Moscovici, sottolineando che la Commissione non ha alcuna intenzione di sostituirsi alle autorità italiane nella definizione delle politiche interne: «Quello che ci preoccupa è l’impatto di bilancio di queste politiche sui cittadini». Ma nonostante i richiami dell’Ue, il governo ha comunque deciso di fare spallucce e, a questo punto, rischia di aprirsi una procedura per l’Italia che potrebbe portare a sanzioni e a una stretta sorveglianza sulle finanze pubbliche. Il premier Conte rassicura: «Questo esecutivo non accompagnerà l’Italia fuori dall’Europa», ma non arretra sul deficit. «Nessuno toglierà un euro da questa manovra», afferma Matteo Salvini. «Questo governo non cadrà per lo spread. L’Unione europea non sta attaccando un governo, ma un popolo». E Luigi Di Maio: «La stima di crescita ci sarà». Ma i mercati non si fidano, e lo spread continua a crescere.

Giovani in protesta: più di settantamila, in oltre cinquanta piazze, hanno manifestato contro la manovra del governo.

Cosa c’è per i giovani

Sapevamo da quando è stato formato questo governo e dal contratto che ne è la base che ci sarebbero state precisamente queste misure. Al di là delle critiche tecniche, molti inneggiano alla manovra del popolo, alla fine della povertà. Tante persone gioveranno dei provvedimenti annunciati. Ma questa legislatura inceppa nello stesso ostacolo di quelle ultime che l’hanno preceduta: nessuna misura che permetta l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, che oggi è per loro sempre più sbarrato o al massimo li ammette come ruota di scortaSi è parlato molto di pensioni. I pensionati in Italia sono tanti. E la riforma che li riguarda grava già sulle spalle delle nuove generazioni. E non è una mera questione di reddito, perché l’assistenzialismo pentastellato è fine a sé stesso e non correggerà la struttura del lavoro italiano, che è ciò di cui abbiamo bisogno. La nostra è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. È l’articolo 1 della Costituzione. Ma quanti giovani – e non solo, è vero – si sono sentiti traditi dal suo mancato rispetto? In tutta Italia ricomincia, come ogni autunno, la discesa degli studenti nelle piazze. Più di settantamila, in oltre cinquanta piazze, hanno manifestato contro la manovra del governo e per sollecitare un intervento sui costi dello studio. A Torino, addirittura, alcuni studenti hanno bruciato i manichini raffiguranti i due vicepremier Salvini e Di Maio. Se ne è discusso tanto e se ne è parlato tanto a Palazzo Chigi, con il giusto sdegno. E dei motivi veri che agitavano un giovane studente che al contrario non si perdeva in simili teatrini e lo hanno spinto a trascinarsi per le strade in difesa di un diritto si è perso in fretta il ricordo, sfumato come i fumogeni che riempivano l’aria della piazza. D’altronde, succede ogni autunno, ogni anno, in ogni legislatura, che qualche studente si lamenti. Il governo, le riforme, il diritto allo studio, un lavoro, un posto sicuro, un domani, le solite cose. Ma sarà che non l’hanno fatto un numero sufficiente di volte, che non hanno urlato abbastanza, che non sono stati capaci di comunicargliele, le solite cose. Altrimenti qualcuno, certamente, avrebbe fatto qualcosa per loro, per noi. E invece non hanno fatto niente.  

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Fabiana D'Eramo

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