Poco prima delle ore 20 in Italia e nel mondo è iniziata a rincorrersi la notizia che purtroppo nessun appassionato di fumetti avrebbe mai voluto sentire: si è spento a 95 anni Stan Lee, papà (assieme ai compianti Jack Kirby e Steve Ditko) dei Fantastici 4, Spider-Man, Hulk, Doctor Strange, Daredevil, Pantera Nera, gli X-Men e di altre decine di supereroi Marvel che dagli anni Sessanta popolano le testate a fumetti della Casa delle Idee.
Stan Lee, un rivoluzionario capace di creare interi universi
Stan Lee, pseudonimo di Stanley Martin Lieber, nacque a Manhattan il 28 dicembre 1922 da Jack e Celia Lieber, immigrati ebrei di origine romena, che dopo aver ottenuto la cittadinanza americana si trasferirono a New York. In gioventù Stan mostrò sempre una grande predilezione per la scrittura, e dopo alcuni lavori saltuari e il diploma conseguito nel 1939 iniziò a muovere i suoi primi passi nel mondo della carta stampata. Con l’aiuto di suo zio Robbie Solomon, Stan ottenne un lavoro come assistente presso la Timely Comics, neonata divisione della Timely Publishing dedicata alla pubblicazione di un nuovo media che stava prendendo sempre più piede: quello dei fumetti, il cui successo avrebbe portato la Timely a diventare qualche anno più tardi la Marvel Comics. I primi incarichi di Stan Lee in azienda erano da vero e proprio garzone di bottega, come il riempire i calamai d’inchiostro e cancellare gli schizzi di matita dalle pagine inchiostrate, ma tanta gavetta portò comunque il giovane Stan al suo esordio assoluto su di un fumetto, con il nome che lo avrebbe accompagnato tutta la vita. Su Captain America Comics #3 Stan Lee firmò il riempitivo Captain America Foils the Traitor’s Revenge, introducendo nel testo una delle caratteristiche legate allo scudo di Captain America, ovvero quella del lancio e del rimbalzo. La sua carriera era ormai lanciata, tanto che qualche mese più tardi, su Mystic Comics #6, esordì il primo personaggio ideato da Stan Lee stesso, nientemeno che Destroyer, cui si aggiunsero altri due personaggi facenti parte della cosiddetta Golden Age of Comic Books, Jack Frost (che debuttò su U.S.A. Comics #1) e Father Time (Captain America Comics #6). Alcuni diverbi tra Joe Simon e Solomon Goodman portarono quest’ultimo a dare a Stan il ruolo dell’editor lasciato vacante da Simon: Stan diventò così uno dei più giovani responsabili del settore. Seguì però la chiamata alle armi nel 1942, che portò Stan Lee lontano dai ruoli editoriali fino al 1945. Tornato dal servizio militare Lee negli anni Cinquanta proseguì con il suo ruolo di sceneggiatore per l’Atlas Comics, compagnia editoriale nata dalla Timely Comics a cui seguirà un decennio più tardi la Marvel Comics, ma le polemiche scatenate dallo psichiatra Wertham, tra cui le accuse di promiscuità nei confronti di Wonder Woman, a cui seguì la nascita del Comics Code, produssero in Stan Lee un senso di insoddisfazione che lo portò a prendere in considerazione l’idea di abbandonare il campo del fumetto.
L’incarico assegnatogli da Martin Goodman, ossia quello di creare un nuovo supergruppo di eroi che andasse in concorrenza con la neonata Justice League pubblicata dalla DC Comics, portò tuttavia Stan Lee a creare assieme a Jack “The King” Kirby I Fantastici Quattro nel 1961. La popolarità e il successo ottenuto dal quartetto portarono nuova linfa creativa in casa Marvel, da cui scaturirono, grazie a Steve Ditko, Bill Everett e Kirby, numerosi personaggi come Hulk (1962), Thor (1962), Iron Man (1963), gli X-Men (1963), Daredevil (1964, in Italia conosciuto inizialmente come Devil), Doctor Strange (1963) e, non meno importante, Spider-Man (1962), rispolverando anche personaggi in voga negli anni Quaranta come Sub-Mariner e Captain America. Questa schiera di personaggi contribuì in maniera significativa a reinventare il genere supereroistico, coniando il detto dei “Supereroi con superproblemi”, che si riferisce a personaggi con un’umanità sofferta, posti di fronte a problemi reali che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni, come l’alcolismo di Tony Stark, il miliardario che diventa Iron Man, o le perenni difficoltà economiche di Peter Parker, l’amichevole Uomo Ragno di quartiere. Un cambiamento radicale rispetto all’ideale di supereroe senza un sol difetto, che funzionò egregiamente, offrendo storie su storie che portarono la Marvel a un enorme successo di vendite. La rivoluzione che fece partire Stan Lee con i personaggi e le storie proseguì nel far nascere un senso di comunità tra i fan e i creatori, introducendo il cosiddetto credit panel all’inizio di ogni storia, in cui vengono nominate tutte le matite che hanno lavorato al fumetto, letteristi e inchiostratori compresi. Il senso di comunità fu molto aiutato anche dal filo diretto con i lettori nato sulle pagine della posta, in cui Lee, moderatore di queste pagine di dialogo, parla familiarmente con i fan, introducendo anche espressioni tipiche che entrarono rapidamente nel gergo fumettistico. La fuoriuscita dalla Marvel di Steve Ditko, nel 1966, portò John Romita Sr. a collaborare con Stan Lee sulle pagine di The Amazing Spider-Man e del mensile dei Fantastici Quattro, offrendo storie che andavano a pescare nell’attualità, mettendo Spider-Man dinanzi a eventi come la Guerra del Vietnam, le elezioni politiche e i movimenti studenteschi, a cui seguirono, negli anni delle contestazioni, il primo supereroe nero, che esordì sulle pagine dei Fantastici Quattro: Black Panther, il Re del Wakanda. Dopo il primo supereroe africano seguì, sulle pagine di Captain America #117 (1969) l’esordio di Falcon, il primo supereroe afroamericano. Gli anni Settanta videro Stan Lee di nuovo impegnato con il famigerato Comics Code, che aiutò involontariamente a riformare. Il dipartimento per la salute, educazione e assistenza pubblica del governo degli Stati Uniti chiese a Lee di pubblicare una storia sui pericoli delle droghe, e l’uomo sorridente scrisse una storia pubblicata su due numeri di The Amazing Spiderman, in cui il migliore amico di Peter Parker, Norman Osborn, diventava dipendente dalle pasticche. Il Comics Code però rifiutò di apporre il bollino per la pubblicazione perché all’interno della storia veniva rappresentato l’utilizzo di droghe. Forte della richiesta governativa, la storia fu pubblicata lo stesso anche senza il bollino di approvazione del Comics Code, e la Marvel guadagnò numerosi elogi per aver pubblicato un fumetto in cui veniva criticata una piaga sociale come quella della tossicodipendenza, a cui seguì un alleggerimento dell’Autorità del Comics Code che consentì l’applicazione del proprio bollino anche sulle storie che dipingevano negativamente l’utilizzo di droghe, allentando la propria influenza sulle storie a fumetti, che guadagnarono libertà nello scrivere storie con tematiche più forti e mature. Il 1972 vide l’abbandono delle sceneggiature mensili di Stan Lee, che andò a ricoprire il solo ruolo di publisher, diventando sempre più l’uomo immagine della Marvel, grazie alle sue numerose presenze alle convention di fumetti, continuando saltuariamente a ideare personaggi (She-Hulk, cugina di Bruce Banner, 1980) e a scrivere alcune sceneggiature, offrendo la sua matita anche per la DC Comics nei primi anni 2000, lanciando la serie Just Imagine… in cui reinventò numerosi supereroi come Superman, Batman, Wonder Woman e Lanterna Verde.
Cameo ed eredità
Quello che ci ha lasciato Stan Lee, oltre a una lunghissima serie di camei in quasi tutte le trasposizioni dei propri “figli” sul grande schermo, da X-Men (2000) a Venom (2018), è una costante, che va al di là di ogni aspetto più o meno controverso che l’ha coinvolto in più di settant’anni di carriera: l’esserci. Attraverso decine e decine di rinascite, di nuovi inizi, crossover con i rivali storici della DC Comics, guerre dell’infinito, guerre civili e multiversi, fino al successo dei Cinecomics, lui c’è sempre stato. Una presenza costante, rassicurante, che al netto delle diatribe che ha avuto sia con i suoi colleghi (come Ditko e Kirby) sia negli ultimi anni con persone che si sono approfittate di lui, mancherà. Siamo tenuti a lasciarlo andare, ringraziandolo per tutto ciò che ha fatto, senza però pretendere di bloccare il tempo e crogiolarci nella speranza che il nostro eroe, il decano del mondo dei fumetti, potesse rimanere con noi per sempre. Il modo migliore per onorare la scomparsa dell’uomo sorridente, forse, è uno solo: leggere un fumetto scritto o ambientato nell’universo da lui inventato. Umberto Eco disse che chi legge avrà vissuto cinquemila anni, perché la lettura è una sorta d’immortalità all’indietro. Stan Lee, che di vite da leggere ne ha inventate tante, vivrà per sempre.
Grazie di tutto, Stan.
Excelsior!