Gli studenti prima di Pathfinder: Kingmaker
The Guild 3 – Crusader Kings – Vermintide 2 – Tomb Raider – Frostpunk – Ancestors Legacy – Kingdom Come: Deliverance – Monster Hunter: World – World of Warcraft: Battle for Azeroth
Pathfinder: Kingmaker è una promessa. Una di quelle che si fanno guardandosi intorno desolati, delusi dal panorama videoludico attuale, che sembra solo sfornare prodotti privi di anima e destinati a un pubblico persino più vuoto. Sarebbe quasi ironico che, per elevarsi al di sopra di questa tragica situazione, la soluzione vada cercata in un CRPG. Owlcat Games, e con questa casa il celebre Chris Avellone, ritiene però che sia proprio così, e ha quindi costruito il primo RPG isometrico ambientato in Pathfinder, celebre modifica del sistema 3.5 di Dungeons & Dragons. Supportati tramite Kickstarter prima, e dall’editore Deep Silver poi, Pathfinder: Kingmaker è l’ennesimo videogioco molto ambizioso a inserirsi tra i titoli pubblicati da questi ultimi. Bisogna tuttavia ricordarsi che l’ambizione sola non sia sufficiente a fornire ai giocatori un prodotto soddisfacente, e che anzi, la troppa bramosia possa rivelarsi dannosa, soprattutto se sfortunatamente coniugata con l’inadeguatezza.
Pathfinder: Kingmaker
Pathfinder: Kingmaker viene reso disponibile al pubblico il 25 settembre 2018, dopo più di due anni dalla creazione dello studio Owlcat Games, e il suo debutto non è sicuramente dei migliori. Per quanto Pathfinder: Kingmaker infatti abbia pochissimi competitori, di cui sicuramente il più importante potrebbe essere Divinity: Original Sin, fatica ad affermarsi e vede anche un importante contenzioso tra chi si definisce soddisfatto del proprio acquisto e chi invece già si dispera. Pathfinder: Kingmaker è un prodotto sicuramente indegno di definirsi un’uscita completa: la sua caratteristica principale sta nell’immersione all’interno dell’ambientazione, al contrario di Divinity, che giocando sui cliché del genere distrugge l’immersione continuamente. Tuttavia Pathfinder: Kingmaker non riesce ad approcciarsi al suo obbiettivo in maniera adeguata e anzi, con i suoi piccoli errori e disattenzioni, demolisce buona parte della sua credibilità e annienta tutta l’attenzione che era riuscito a creare nel giocatore. Pur trattandosi infatti di un prodotto Kickstarter e avendo quindi molto margine di miglioramento, soprattutto superata la fase di lancio, ritrovarsi di fronte a un gioco descrittivo spesso infarcito di errori grammaticali o di battitura è praticamente inammissibile, considerando anche la mancanza di una vera e propria localizzazione italiana. Anche dal punto di vista tecnico Pathfinder: Kingmaker si impegna quanto più possibile per rovinare l’esperienza del giocatore: catapultato in un modo pieno di bug e errori di codice capaci di annientare quasi tutto il godimento a lungo termine che un capitolo di questo genere dovrebbe essere in grado di trasmettere. Persino i frequenti caricamenti del gioco sembrano voler dissuadere il fruitore dal perseverare nella sua avventura arrivando, anche sulle macchine più performanti, a minuti su minuti di schermate bloccate. Questo problema riesce persino ad acuirsi mano a mano che si prosegue e diventa assolutamente intollerabile una volta che si arriva alla fase gestionale di Pathfinder: Kingmaker, la vera novità. Se infatti nei giochi più importanti del genere sbloccare il proprio piccolo appezzamento di territorio è un obbiettivo secondario e che fa da contorno alla storia principale, su Pathfinder: Kingmaker è il vero e proprio traino della storia.
Storia che tutto sommato è sicuramente molto interessante. Riuscire infatti a mescolare il contesto fantasy con quello politico è uno dei presupposti di molti dei titoli più recenti, non solo in ambito videoludico, ma non tutti riescono in questo intento. Pathfinder: Kingmaker risulta molto convincente e riesce anche a integrare il giocatore, ponendolo come uno degli attori principali della scena politica, invece di farlo solo essere una pedina inconsapevole come spesso accade. A coadiuvare questa scelta va inoltre tutta la meccanica principalmente gestionale legata al nostro regno: ci troviamo quindi di fronte a un vero e proprio gioco all’interno del gioco, con interfaccia e statistiche perfettamente implementate all’interno del mondo, atte solo a rappresentarlo in una maniera diversa. Potremo quindi osservare Golarion, l’ambientazione di gioco, sia come luogo fisico in cui avventurarsi, sia come luogo politico da conquistare. Purtroppo, per quanto l’idea di fondo sia assolutamente ambiziosa, nella pratica si traduce in un sistema in diretto contrasto con il concetto fondamentale del gioco: l’avventura. Dover gestire un regno infatti ci mette di fronte a una nuova serie di sfide, e spesso la parte più complicata non sarà affrontare tutte le creature e i nemici che Pathfinder: Kingmaker ci metterà di fronte, bensì riuscire a giostrarsi tra il tempo dedicato all’esplorazione delle zone esterne e quello invece concentrato sulla gestione del regno. Persino sapersi destreggiare all’interno della mappa diventerà quindi una delle abilità richieste al giocatore, che sentirà continuamente la pressione del tempo e sarà costretto a pianificare attentamente ogni viaggio, pena la possibilità di non riuscire a gestire problemi e opportunità in grado di distruggere o migliorare il suo nuovo piccolo dominio. Come se già tutto questo insieme non fosse a dir poco opprimente, dobbiamo sempre tenere a mente che accedere all’interfaccia del nostro regno richiederà sempre e comunque un caricamento. Passare dalla nostra sala del trono, necessaria per lo svolgersi di qualsiasi attività che preveda la presenza del giocatore, vedrà come requisito dai quattro ai sei caricamenti. Facile quindi comprendere come un problema marginale diventi decisamente fastidioso in fretta.
Pur non avendo da questo punto di vista inserito innovazioni particolarmente eclatanti, il sistema d20 tipico di Dungeons & Dragons si rivela ancora una volta inadatto alle trasposizioni videoludiche. Ci troviamo infatti di fronte a Pathfinder: Kingmaker e ci rendiamo immediatamente conto dei suoi problemi principali: l’eccessiva casualità in primis, facilmente aggirabile dai giocatori veterani, risulta molto limitante per i giocatori meno esperti, che molto spesso si troveranno costretti a non interagire con un’ulteriore schermata di caricamento da un paio di tiri sfortunati. A peggiorare la situazione si aggiunge anche il tentativo di Pathfinder: Kingmaker di rendere l’esperienza di gioco il meno lineare possibile: potremo infatti trovare incontri assolutamente agevoli e mostri imbattibili all’interno della stessa area della mappa, o addirittura potremmo incappare, semplicemente esplorando, in vere e proprie aree della morte, dove qualsiasi nemico potrebbe rivelarsi inaffrontabile. Pathfinder: Kingmaker si trasforma quindi, da quella che dovrebbe essere una gradevole esperienza di ruolo, in una costante e sofferente corsa dove ogni minuto sprecato all’interno del gioco potrebbe rivelarsi fondamentale. Poiché difatti Pathfinder: Kingmaker è letteralmente infarcito di missioni a tempo, tanto che persino la missione principale possiede una sua scadenza. Cosa potrebbe esserci di peggio di tutto questo? Pathfinder: Kingmaker non ci delude e riesce a rispondere a questa domanda: missioni a tempo con un timer nascosto. Ecco che quindi ci avventureremo per Golarion convinti di poter attendere anche solo un altro giorno per poter meglio gestire quella zona particolarmente difficile, solo per trovarci a leggere increduli una missiva con una gigantesca croce rossa a lato. Se da un lato questo aspetto è molto realistico e sicuramente spezza la linearità tipica dei giochi di ruolo del genere, dobbiamo anche ricordarci che l’unico strumento a disposizione del giocatore per non rovinarsi l’esperienza a causa di questi eventi improvvisi sia anche uno dei motivi per cui evitare prontamente Pathfinder: Kingmaker: salvare spesso. I continui rallentamenti, le scelte morali, spesso rilevanti nel lungo termine e che si dipanano in una miriade di strade diverse, e anche solo la brutalità di alcuni particolari combattimenti, prendiamo per esempio un boss con velocità e un bonus di 20 ai tiri per colpire, rendono questa pratica necessaria. Pratica che Pathfinder: Kingmaker cerca in ogni modo di disincentivare con le sue lacune tecniche.
Pathfinder: not a Kingmaker
Possiamo quindi affermare con certezza, oltre alla solita frase di rito che ormai ripetiamo come un mantra, che Pathfinder: Kingmaker non sia il solito progetto Kickstarter fatto partire per spillare soldi a dei poveri creduloni, e che anzi Owlcat Games sia più che ampiamente al lavoro per migliorare la vita ai giocatori, come testimoniato dagli aggiornamenti molto frequenti. Per quanto però a ragion veduta Pathfinder: Kingmaker sia decisamente più che abbordabile, complice anche un prezzo di listino decisamente contenuto per l’esperienza finale che questo titolo dovrebbe fornire, i molteplici difetti tecnici e l’evidente mancanza della raffinatezza tipica dei videogiochi che hanno impresso i CRPG nella mente dei videogiocatori inchiodano Pathfinder: Kingmaker saldamente al suo posto, e non parliamo decisamente della prima fila. Può quindi un progetto piccolo ma ambizioso superare le difficoltà di un parto travagliato? Riuscirà un gioco che prevede da manuale alchimisti che lanciano 714d20+INT di pozioni di acido a round e incantatori in grado di modificare il tessuto stesso della realtà a raggiungere anche solo una sembianza di bilanciamento? I bardi servono a qualcosa? Ma soprattutto, Pathfinder: Kingmaker si applica? al momento l’unica risposta sarebbe decisamente no. La speranza però è sempre l’ultima a morire, devono essere i tiri salvezza molto alti.