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The Other Side of the Wind: testamento sul cinema di Orson Welles

Published by
Andrea Damiano

La storia del cinema è costellata di progetti, anche e soprattutto di grandi autori, che per problemi legati alla produzione hanno subito ritardi e cancellazioni. Orson Welles, universalmente considerato il più grande regista americano della storia, ha lasciato dietro di sé svariati progetti interrotti bruscamente dalle difficoltà sofferte dall’autore nel finire della sua carriera (inclusa una sua versione del Don Chisciotte, opera che ha causato problemi anche a Terry Gilliam, riuscito solo di recente a rilasciare il suo film, L’uomo che uccise Don Chisciotte, in lavorazione da più di venticinque anni). Tra le tante produzioni non concluse, The Other Side of the Wind ebbe una gestazione travagliata e un’ancor più complicata distribuzione, portata a termine di recente grazie al colosso dell’intrattenimento streaming Netflix. Nonostante le critiche legate all’intromissione della piattaforma, lontana dal cinema autoriale e dall’idea di sala cinematografica, una prima versione di The Other Side of the Wind è stata proiettata ad un ristretto gruppo di registi, attori e altre personalità del settore, nonché diversi partecipanti del film stesso, nel gennaio 2018, per poi presentarlo in anteprima alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, dove ha raccolto opinioni perlopiù positive da parte di critica e pubblico.

Da sinistra: Orson Welles, Peter Bogdanovich e John Huston sul set di The Other Side of the Wind.

Per comprendere le tematiche, la trama e i personaggi di The Other Side of the Wind è necessario immergersi appieno nel contesto in cui il regista lavorava: dopo l’exploit di Citizen Kane nel 1941 (Quarto Potere il titolo italiano) considerato unanimemente miglior film americano della storia, Welles viene elevato a icona e trattato come gallina dalle uova d’oro di Hollywood. Partire da una prima opera di così grande successo però lo danneggia, gettando ombra sui suoi successivi progetti, costantemente comparati a Quarto Potere. Per finanziare i propri film inizia a recitare in pellicole non realizzate da lui, per poi spostarsi, negli anni Cinquanta, in Europa, dove rimarrà per oltre vent’anni. L’allontanamento si dovette principalmente ai cambiamenti apportati dalla Universal a Touch of Evil: il girato di Welles fu pesantemente modificato e questo fece adirare non poco il regista, che si discostò dal progetto. Questo “esilio” lo ferì nel profondo e si sentiva tradito, poiché sperava di ottenere il proprio riscatto con quest’ultimo film. Il periodo inglese di Welles è caratterizzato da diversi progetti mai conclusi e dalla ricerca continua di fondi. Nonostante ciò, il regista continua ad essere venerato da appassionati e studiosi di cinema, tra i quali vi è un giovane Peter Bogdanovich, impegnato allora principalmente come storico della settima arte. Grazie alle sue interviste a Welles, che confluiranno successivamente nella stesura di un libro, nasce il progetto di The Other Side of the Wind.

Il concetto dell’opera ruota attorno all’idea di un film nel film e al rapporto tra un giovane regista e il suo anziano e acclamato maestro. Un docufilm mostra un party dato in onore del leggendario regista Jake Hannaford il quale, dialogando con gli invitati, personalità di ogni settore del mondo del cinema, cerca di tastare l’opinione che la Hollywood ormai cambiata ha di lui e, soprattutto, tenta di trovare fondi per completare il suo ultimo lavoro. Il secondo film è appunto la pellicola proiettata durante la festa, ultima opera del geniale regista e chiamata The Other Side of the Wind. Appare chiaro come l’intera vicenda non sia che uno specchio della situazione di Welles: il giovane regista che realizza il documentario è interpretato da Peter Bogdanovich e la ricerca di finanziamenti rispecchia le difficoltà nell’imbastire una produzione dopo l’allontanamento da Hollywood. La figura di Hannaford, interpretato da John Huston, è facilmente riconducibile a Welles stesso, eppure il regista ha sempre smentito categoricamente ogni legame tra lui e il personaggio, oltre a smentire il carattere autobiografico del film. Secondo Bogdanovich, «Orson odiava sentirselo dire, non voleva essere oggetto di analisi tramite i suoi film», tanto che in quasi tutte le sue apparizioni cinematografiche e televisive adoperava travestimenti per cambiare fisicità o forma del naso, come se nascondesse il suo vero io dietro una costante maschera.

Il film stesso, o meglio i film, sono anch’essi delle maschere e delle parodie di Welles e del suo cinema: le scene della festa sono girate in uno stile distante da quello del regista poiché si devono ricondurre al personaggio di Bogdanovich, esponente di una Nuova Hollywood che si impone sempre più fino a surclassare i grandi maestri. Il film di Jake Hannaford invece, The Other Side of the Wind, è una parodia dei film autoriali europei con cui Welles aveva avuto a che fare negli ultimi anni in Europa, e che critica per essere spesso troppo artistici e pretenziosi. Temi di questo film nel film sono il desiderio e l’erotismo, decisamente lontani da ciò che ha trattato abitualmente il regista (che ricorda infatti come quest’opera sia da ricondurre al suo personaggio protagonista, e non a lui stesso), mentre la protagonista è Oja Kodar, giovane attrice croata, amante dichiarata di Welles e coautrice di questi segmenti. Nel docufilm viene invece rimarcato il carattere machista del regista Jake Hannaford (non a caso John Huston ricorda molto Hemingway nelle fattezze e negli atteggiamenti), contrapposto a delle allusioni su possibili tendenze omosessuali: Welles si è sempre dimostrato interessato a questo dualismo nell’uomo, e in questo caso delinea un personaggio volto a rappresentare diversi registi della Hollywood classica, come John Ford.

Oja Kodar, attrice croata amante di Orson Welles, è protagonista e coautrice del film nel film.

La pellicola, la cui produzione iniziò nel 1970, andò incontro a lunghe pause, perdite di finanziamenti e abbandono di membri del cast. Nel 1979, quando rimaneva ormai poco da completare in fase di montaggio, il film fu sequestrato per beghe legali e finanziarie, e rimase custodito a Parigi, rendendo Welles impossibilitato a lavorarvici. Nel caso fosse morto, chiese espressamente a Peter Bogdanovich di ultimarlo, cosa che, ad oggi, si è avverata. Il rapporto tra Welles e quest’ultimo intercorre attraverso le carriere di entrambi e nel tema del film stesso: il rapporto di amicizia tra due registi di generazioni diverse, culminata nel presunto “tradimento”, almeno agli occhi di Orson, da parte di un allievo che lo aveva superato in termini di fama e riscontro economico, ma soprattutto era stato incensato da quella Hollywood che aveva dimenticato troppo presto il suo genio. The Other Side of the Wind racconta un cambiamento nel modo di fare cinema e nelle persone che lo fanno, mentre, sullo sfondo di una critica allo Studio System e al cinema autoriale autoreferenziale, mostra l’animo di un regista sentitosi tradito dagli ideali e dagli amici, ma sempre con un grande bisogno di fare cinema.

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Andrea Damiano

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