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Gli attaccanti della nazionale non segnano più

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Pasquale Cortese

Sabato 17 novembre si è conclusa la prima fase della Nations League, che l’Italia ha chiuso al secondo posto con cinque punti, sufficienti per mantenersi nella Serie A della competizione e per assicurarsi il sorteggio in prima fascia per le qualificazioni agli Europei del 2020. Il tema che più ha tenuto banco negli ultimi mesi, tanto tra gli appassionati quanto tra gli addetti ai lavori, è, senza ogni dubbio, la mancanza dell’elemento decisivo al centro dell’attacco Azzurro: le ultime gestioni tecniche della nazionale, ovvero quella di Ventura e quella, in corso, di Mancini, hanno dovuto affrontare infatti la mancanza di un centravanti su cui fare affidamento, oltre che di una sterilità offensiva generalizzata. L’ultimo gol segnato da un attaccante azzurro in una partita ufficiale infatti è quello messo a segno da Ciro Immobile nella partita di qualificazione ai mondiali contro Israele, il 5 settembre di un anno fa a Reggio Emilia; includendo questa partita, la Nazionale ha segnato nelle ultime nove partite ufficiali la miseria di cinque gol, di cui uno su rigore (di Jorginho) e due da calcio d’angolo (di Chiellini e Biraghi), l’unico gol su azione di Candreva. Approfondiamo dunque questa crisi, vedendo da dove arriva, come è stata approcciata nelle ultime gestioni tecniche e quali possono essere le soluzioni per uscirne, in una serie di domande e risposta.

Perché questa crisi è emersa in maniera così evidente solo nell’ultimo anno?
Sicuramente il caos tecnico che ha coinvolto la Nazionale ricopre il ruolo di maggior responsabile: se da una parte la Nazionale prima non è riuscita a segnare alcun gol alla Svezia nello spareggio per l’accesso ai Mondiali di Russia, dall’altra il corso di Mancini è ancora agli esordi e fatica a trovare l’elemento giusto da inserire nel proprio contesto. Quest’ultimo concetto rappresenta il leitmotiv di tutto l’articolo: dopo la batosta subita dalla Spagna nel girone di qualificazione il – fragile – meccanismo creato da Ventura si è rotto ed è venuto meno il contesto ottimale; prima di allora la gestione del tecnico genovese infatti non aveva subito problemi particolari di realizzazione, e a risaltare nell’arco del biennio erano stati Immobile e Belotti.

La delusione dei giocatori italiani al termine della partita. Foto: Claudio Villa/Getty Images.

Si sente spesso dire che in Serie A ci sarebbero troppi giocatori stranieri, dunque quanto incide il numero di attaccanti stranieri in Serie A?
Poco, in termini di quantità. Sicuramente siamo lontani dai tempi dell’abbondanza in cui abbiamo vissuto negli anni Novanta e Duemila, ad ogni modo le ultime classifiche marcatori vedono ai loro vertici giocatori azzurri: attualmente Immobile e Insigne sono in top 5 con rispettivamente otto e sette gol segnati; andando indietro alle stagioni più recenti, Immobile ha vinto la classifica capocannonieri a pari merito con Icardi lo scorso anno, mentre nella stagione 16-17 ai due attaccanti si unì in classifica anche Belotti con una superba prestazione annuale da ventisei gol. Insieme ai tre giocatori nominati hanno figurato costantemente sia giocatori che hanno avuto esperienza di Nazionale come Quagliarella, che nuove facce come Pavoletti e Lasagna. Non scordiamoci poi di Mario Balotelli, che al Nizza dal 2016 (bene ora stia subendo un momento di pessima forma) ha messo insieme 43 gol in 73 presenze, un numero sicuramente considerevole. Il problema sembrerebbe sorgere dunque quando gli attaccanti sono chiamati a replicarsi in Azzurro.

Ci sono delle ragioni per cui ci sia questa differenza?
Si, con delle precisazioni. Secondo l’opinione di chi scrive, bisogna distinguere gli attaccanti azzurri, con le loro prestazioni, in due categorie: quelli più dipendenti e più inseriti nel contesto del proprio club, e quelli più indipendenti da ciò; Immobile e Insigne appartengono alla prima categoria, mentre, soffermandoci su quelli considerati attualmente da Mancini, Balotelli, Lasagna e Pavoletti fanno parte della seconda categoria. In particolar modo, Immobile alla Lazio, dove dal 2016 ha segnato sessantuno gol in ottanta presenza, è il centro realizzativo di una squadra dalle spiccate doti offensive; Insigne quest’anno è stato avvicinato alla porta da Ancelotti, e quindi non gioca più da esterno come invece ha sempre fatto finora in Nazionale. Entrambi gli attaccanti campani fanno parte di squadre con una precisa identità di gioco e manovre offensive codificate, specialmente qual era il Napoli di Sarri. Non è facile rendere oliati i meccanismi di una nazionale come quelli di un club.

Roberto Mancini in uno dei suoi primi allenamento al Centro Tecnico Federale di Coverciano. Foto: Claudio Villa/Getty Images.

Quale contesto sta creando Mancini?
L’allenatore jesino, dopo alcune prestazioni insoddisfacenti, sembrerebbe aver trovato la quadra con un gioco incentrato sul possesso palla e sul pressing alto, fatto di intensità e di tecnica. Nell’undici titolare ideale figurano infatti, contemporaneamente, Jorginho, Verratti, Chiesa, Bernardeschi e Insigne, con il giocatore della Juventus a fare le veci del falso centravanti; quest’ultimo poi contro il Portogallo è stato sostituito, a causa di un infortunio, da Immobile che, pur sembrando meno inserito nel contesto di gioco, ha comunque avuto delle occasioni per segnare. Le ultime partite della nazionale sono state sì soddisfacenti esteticamente, eppure la squadra ha mancato di pragmatismo al momento di concludere. È plausibile comunque pensare che andando avanti Mancini riuscirà a risolvere anche questo problema.

Quale centravanti per la Nazionale?
Il CT marchigiano avrà sicuramente tempo per sperimentare e capirlo fino agli Europei del 2020, il girone di qualificazione non dovrebbe rappresentare un’ostacolo troppo difficile. In queste due stagioni, importantissima sarà sicuramente la maturazione di Patrick Cutrone al Milan, in prospettiva il miglior centravanti di cui la nazionale dispone. È necessario però che anche Immobile ritrovi quel feeling con la nazionale che ha perso nell’ultimo anno; le altre soluzioni infatti non sembrano allo stesso livello dei due appena citati. C’è però un’altra strada che Mancini potrebbe seguire: inserire Insigne al centro dell’attacco come falso nove per dare più spazio agli esterni azzurri, ruolo in cui le soluzioni non mancano.

Moise Kean festeggia insieme a Matteo Politano il gol vittoria del giocatore nerazzurro.

La strada verso gli Europei.
Importante sarà sicuramente che Mancini osservi bene, magari incentivandole negli allenamenti a Coverciano, le evoluzioni a cui alcuni giocatori potrebbero essere soggetti nel tempo. Abbiamo già parlato di Insigne, che è stato avvicinato alla porta da Ancelotti, mentre un’altra trasformazione interessante potrebbe essere quella di Bernardeschi in mezz’ala cui sembra orientato Allegri alla Juventus: il giocatore bianconero infatti unirebbe tecnica e fisico in un ruolo cruciale per il progetto del CT. Senza trascurare poi la maturazione di Federico Chiesa alla Fiorentina e di Matteo Politano – autore del gol vittoria nell’ultima amichevole contro gli USA- che all’Inter si sta imponendo come un titolare, contro quelle che era l’idea iniziale. Il 2 dicembre si terrà a Dublino il sorteggio per i gironi di qualificazione agli Europei, dove l’Italia partite dalla prima fascia; la Germania rappresenta una mina vagante per tutti partendo dalla seconda fascia, ma la formula prevede che passino direttamente le prime due, questa volta senza nessun pericolo di playoff.

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Pasquale Cortese

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