Se siamo stati in grado di proporre ai nostri lettori le interviste agli economisti Michele Boldrin e Carlo Cottarelli, il merito è della nostra collaborazione con l’associazione Invenicement dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. In particolare, in occasione della loro ultima conferenza “Italia: gli scenari possibili”, abbiamo scambiato due parole con Andrea Tosatto e Paride Rossi, rispettivamente presidente ed event planner dell’associazione. Ringraziamo inoltre il nostro redattore Domenico Sorice per aver reso possibile questa “alleanza”.
Andrea Tosatto è un ragazzo trevigiano, laureato in economia aziendale all’Università Ca’Foscari. Attualmente frequenta la magistrale in Finance e, al momento dell’intervista, si trovava in Erasmus a Copenaghen. Non è un grande fan del calcio, ma segue con passione il ciclismo e tutti gli sport motoristici.
Paride Rossi viene dal profondo Abruzzo, ha studiato Economia e Commercio all’Università Politecnica delle Marche per poi iniziare gli studi magistrali in Amministrazione, Finanza e Controllo a Venezia. Fortemente interessato alla politica economica, è un fervente tifoso interista ed è molto legato al suo Paese, che giura di non voler lasciare, e di voler provare a lottare per sistemare cosa non va.
Cos’è Invenicement? Com’è nata questa associazione? Da quanto siete “amministratori”?
Andrea: «Invenicement è una associazione studentesca nata nel 2013 da un gruppo di ragazzi che aveva l’idea di offrire qualcosa di nuovo agli studenti, di diverso dai corsi dell’università. Non è una nostra creazione (in quell’anno non ero ancora iscritto all’università), ma l’anno scorso in qualità di presidente l’ho fatta riconoscere ufficialmente dalla agenzia delle entrate (prima era una associazione non riconosciuta)!»
Paride: «Io sono entrato nell’associazione al primo anno magistrale, un anno fa, in qualità di Operation Manager del progetto di tirocinio promosso dall’associazione negli istituti di microcredito all’estero (VMI). I soci fondatori dell’associazione erano degli studenti appassionati di finanza e business aziendali che non si riconducessero necessariamente al marketing in senso stretto».
Qual è il vostro scopo sociale?
«Dare agli studenti qualcosa che non sia fornito dall’università Ca’ Foscari, come eventi, workshop, business game, e piccoli corsi. Ti facciamo un esempio: eventi come quello con Boldrin e Cottarelli non sarebbero realizzabili all’interno dei normali corsi per ragioni di tempo e di studio. Mettiamo in gioco noi stessi con tanta passione per fornire agli studenti sevizi che altrimenti non potrebbero avere, e per noi è sempre una grande soddisfazione organizzare questi eventi perché vedere ripagati i propri sforzi è sempre una bella sensazione. Siamo una ventina di ragazzi. Un altro esempio del perché i ragazzi dovrebbero essere interessati (e lo sono) a Invenicement è “Excel for finance”, un corso di otto-dieci lezioni in cui gli studenti sono formati da un professore (che nella vita fa il quant-trader) su come utilizzare programmi come Visual Basic ed Excel o su come impostare una Macro, impostare strategie di trading tramite Excel, cose che normalmente non sono erogate nel corso di informatica. Visual Basic è molto richiesto dalle aziende di settore e io stesso [Andrea, N.d.R.] ho imparato a utilizzarlo grazie a questo corso, appena mi iscrissi a Ca’ Foscari. Un ulteriore esempio è l’apprendimento del programma di scrittura LaTex, un’altra skill molto richiesta anche all’estero, o anche l’utilizzo della piattaforma Bloomberg, che grazie all’aiuto dei nostri contatti (fondamentali per i nostri scopi) stiamo provando a rendere accessibile per tutti gli studenti dell’ateneo grazie a un corso online. L’obiettivo è quindi proprio il dare quel qualcosa in più che possa essere importante per lo studente ma che l’ateneo non può fornire per ragioni di tempo e spazio. Crediamo molto in questo progetto, ci mettiamo tanta passione e tantissimo impegno perché crediamo che, in un mondo dove molti hanno una laurea, sia fondamentale avere qualche cosa in più per distinguerti dalla massa e crearsi una fitta rete di contatti… Voglio dire, siamo arrivati a personaggi quali Cottarelli e Boldrin, non me lo sarei mai immaginato all’inizio della triennale [ridono, N.d.R.]!»
Nel corso della vostra storia avete organizzato varie conferenze di ambito economico. Quali sono state le più rilevanti? Che riscontro di pubblico avete avuto?
«Oltre a quella sul DEF con Cottarelli e Boldrin, abbiamo organizzato una conferenza sul finanziamento alle startup in collaborazione con Crédit Agricole, una sulle blockchain e ne faremo un’altra sulle cripto-currencies, temi molto in voga nell’ultimo periodo. Non ci possiamo di certo lamentare del riscontro di pubblico, anzi: in quella con i due economisti non era rimasto nemmeno un posto libero in aula, con anche molte persone in piedi e un totale di circa quattrocento partecipanti; non avevamo mai visto l’aula così piena nemmeno nei classici corsi super frequentati del primo anno universitario! Sono cose come questa a ripagare tutto lo sforzo, tutta l’impegno profuso per l’organizzazione di un evento. Ora stiamo organizzando una serie di eventi sulle criptovalute in sinergia con Gianluca Comandini, guru delle blockchain [l’ultimo evento di questo ciclo – nella forma di business game – si è tenuto il 6 dicembre, N.d.R.] e per il futuro abbiamo in testa molte idee interessanti, ma non voglio vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso [ride, N.d.R.]! Una però posso iniziare a svelarvela: stiamo programmando con l’aiuto della testata Calcio&Finanza un evento su cui ci attendiamo un grande riscontro di pubblico, essendo noi un dipartimento economico in un Paese di appassionati di calcio! In passato, nei precedenti anni accademici, abbiamo organizzato con successo altri eventi sulle blockchain e sulla finanza comportamentale, che l’anno scorso era un argomento molto di moda grazie al Nobel per l’economia assegnato a uno studioso del fenomeno. Entrambi gli eventi hanno avuto un grande riscontro, forse proprio grazie al fatto che questi argomenti non sono trattati nel nostro ateneo (ma all’estero sì, forse è vero che in Italia arriviamo sempre troppo tardi alle novità). Forse peccherò un po’ di immodestia nel dire che su questi argomenti siamo arrivati prima noi che la nostra università, ma è proprio così! Va anche sottolineato come gli ospiti internazionali, in particolare nell’evento sulla finanza comportamentale, siano stati di grande aiuto nel nostro ciclo di conferenze».
Di recente avete ospitato due figure di grande rilevanza nel mondo politico ed economico quali Cottarelli e Boldrin. Cosa ne pensate del loro impatto sull’economia e sulla scena politica internazionale e nostrana?
Paride: «Di Cottarelli ho una enorme stima, tanto che ho utilizzato molti suoi testi per la scrittura della mia tesi di laurea triennale: mi piace la sua visione del mondo, il suo concentrarsi sul debito, partendo da problemi concreti per trovare soluzioni reali, oltre al suo essere sempre pacato e ragionevole nel comunicare le sue idee, spiegando concetti difficili in modo semplice per farli arrivare a quante più persone possibile. Non è il classico economista che si arrocca sulle sue conoscenze, utilizzando volutamente un lessico incomprensibile per confondere le persone, e quest’aspetto è senz’altro quello che preferisco del suo approccio alle cose. Michele Boldrin l’ho conosciuto durante la creazione di Fermare il Declino, più come personaggio che come economista: sembrava una persona molto esuberante e sicura di sé. Una volta stabilitomi qui a Venezia ho iniziato a leggere molte sue pubblicazioni, specialmente quelli che attaccavano direttamente Borghi e Bagnai sull’Euro [ride, N.d.R.] e ho capito quanta passione lui metta nel suo lavoro, quanto sia competente. È diverso da Cottarelli soltanto nei modi, perché non accetta – e su questo non posso che essere d’accordo – che chi non sia un addetto ai lavori si esprima in modo sommario sull’economia, e questo spiega molte delle sue invettive contro Di Maio e Salvini (mi vengono in mente in questo senso le critiche del “leader” del M5S a Draghi)».
Andrea: «In Italia esiste questa concezione del “tutto subito al minor costo possibile”, e quindi quando qualcuno promette la pentola d’oro sotto l’arcobaleno c’è sempre una forte tendenza a rincorrerlo; secondo quella che è la mia visione, che è comunque quella di un ragazzo di vent’anni, servono invece soprattutto persone competenti, e Boldrin e Cottarelli lo sono senz’altro, e di cose fatte bene, senza dare il contentino solo per arrivare a fine legislatura per tenersi la poltrona… Ovviamente queste azioni richiederebbero tempo e sacrifici, concetti un po’ estranei al nostro Paese, e forse è per questo che personaggi della caratura di Boldrin e Cottarelli fanno fatica ad affermarsi. Sono due economisti molto influenti anche in ambito internazionale: Boldrin è addirittura ritenuto uno dei quaranta economisti più influenti al mondo, mentre l’impatto che Cottarelli ha sulla nostra economia è sicuramente molto più elevato di quello che ha Boldrin, che vive negli Stati Uniti. Purtroppo, qui è più facile credere alle favole (senza riferirsi necessariamente al governo grillino-rossobruno, si intende) che alla realtà, forse perché manca nella maggior parte degli italiani una presa di coscienza, la volontà di cambiare le cose con sforzi più o meno importanti. Qui a Copenaghen [Andrea Tosatto è in Erasmus, N.d.R.] il modo di pensare e di rapportarsi con lo Stato è completamente diverso, e secondo me si dovrebbe provare a prendere spunto da queste persone anche per un cambiamento di mentalità, in piccole cose come il non chiedere all’amico di copiare o avere favoritismi… Servirebbe un po’ di vera onestà, ecco. Quando la prima volta qui sono andato a fare la spesa mi hanno chiesto se volevo lo scontrino, sono rimasto di sasso, considerando che in Italia solitamente chiedono l’opposto! In Danimarca non sono obbligatori perché lo Stato, banalmente ma non troppo, si fida dei commercianti e quindi non ce n’è bisogno! Probabilmente questa fiducia è dovuta al fatto che l’esazione delle tasse si svolge in modo più efficiente che in Italia, e forse il grande problema del nostro Paese è proprio dovuta al fatto che esiste una diffusa sfiducia nei confronti dello Stato da parte dei propri cittadini. Credo che il punto nevralgico per cui economisti come Boldrin e Cottarelli abbiano un grande riscontro internazionale ma poco seguito in Italia sia proprio questo: gli italiani vogliono solo il salvator patriae, che purtroppo però non esiste».
Perché, secondo voi, è importante l’associazionismo universitario?
Andrea: «Beh, perché aiuta molto nella costruzione di un network! Si incontrano studenti, professionismi e professori (soprattutto dal lato umano), si possono trovare tirocini interessanti e fare nuove amicizie, oltre al poter partecipare a eventi e a organizzare conferenze come quelle di cui ti ho raccontato. Inoltre, un’esperienza simile aiuta molto nel mondo del lavoro in quanto è molto utile per affinare le proprie capacità di teamworking, molto più del classico progettino di gruppo universitario: lavorare per due anni con persone che, pur avendo i tuoi stessi obiettivi, hanno modi di pensare completamente diversi mi ha dato strumenti che non so se avrei appreso in altri ambiti della vita».
Paride: «Credo che uno studente possa ricevere molto dall’associazionismo universitario e, beh, io mi considero un esempio di ciò: in triennale sono stato eletto rappresentante degli studenti da membro di una di queste associazioni, e mi sono occupato di organizzare gli eventi studenteschi assumendo una funzione “informativa” nei loro confronti, oltre alle classiche mansioni di rappresentanza studentesca quali la difesa dei diritti della categoria nei confronti dei docenti. Anche qui a Venezia ho seguito un percorso simile e, oltre a essere stato eletto come rappresentante degli studenti, sono entrato in Invenicement, come dicevo poco prima. L’associazionismo permette allo studente di sviluppare skills che altrimenti dovrebbe sviluppare autonomamente, ma soprattutto di avere una fitta rete di contatti che potrà sempre tornare utile nel futuro. Ma, molto più banalmente, anche la fatica profusa nella gestione e nell’attivismo studentesco possono essere il modo migliore per affinare le proprie capacità di gestione dello stress, cosa che nel mondo del lavoro può far avere una marcia in più rispetto a chi ha vissuto solo di studio!»