La musica italiana deve molto a Sfera Ebbasta: di tutte le cose che nelle ultime settimane sono state dette sul trapper di Cinisello, questa può essere tranquillamente la più intelligente e vicina all’oggettività. La shitstorm che l’ha travolto dopo la tragedia della discoteca di Corinaldo non solo sottolinea per l’ennesima volta l’infimo livello in cui stagna il dibattito di massa, ma soprattutto nasce da una profonda incapacità di guardare l’insieme delle cose e valutare in modo critico il panorama musicale italiano di oggi. Ignoranza e bigottismo vogliono, quindi, togliere a Sfera Ebbasta gli enormi meriti che lo rendono uno dei nostri artisti musicali più importanti e rappresentativi.
Prima gli antefatti. La notte del 7 dicembre, nella discoteca La lanterna azzurra di Corinaldo (Ancona), mentre il locale era stipato di giovani e giovanissimi in attesa del live di Sfera Ebbasta, qualcuno spruzza dello spray urticante in mezzo alla folla, creando scompiglio e una rovinosa fuga generale verso le uscite: sei sono le persone morte, schiacciate dalla calca imbizzarrita. Fin dai primi lanci d’agenzia, il popolo del web si spreca, com’è suo solito, in illazioni pressappochistiche e sentenze a tutto spiano: le responsabilità dirette della tragedia sono da attribuire al personaggio che Sfera Ebbasta si è creato; anzi, ai suoi testi altamente diseducativi e non degni di essere chiamati “musica”; anzi, alla gestione scellerata degli ingressi in discoteca e ai ragazzini che si ammassano per ascoltare un idiota con l’autotune. Ragionamenti illuminati che fioccano anche da parte delle personalità culturali, come Christian Raimo, che fa salti mortali per collegare questo fatto di cronaca nera a una presunta insensatezza di organizzare uno spettacolo per adolescenti e pre-adolescenti alle due di notte, o Maurizio Costanzo, che ritiene il trapper corresponsabile degli avvenimenti.
Insomma, contro Sfera Ebbasta si è scatenato un pandemonio che l’ha costretto al silenzio (niente dichiarazioni ufficiali, presenza sui suoi social azzerata) per qualche giorno.
Se si fosse trattato di un concerto di un artista “pulito”, accomodante e da “bollino verde” come Tiziano Ferro, probabilmente la reazione collettiva sarebbe stata ben diversa – tatuandosi delle stelle per commemorare le vittime, ne sarebbe stata decantata l’immensa sensibilità, il fatto sarebbe stato visto come un semplice tragico incidente e le vittime e i fan tutti trasformati in angeli che quella sera volevano solo godersi la propria passione per la bella musica.
Al di là della fattura dei ragionamenti contro Sfera, che si rendono ridicoli già da soli, e sorvolando sull’esecrabile e diffusa equazione “non mi piace = si merita i miei insulti”, il trapper milanese (e in generale tutti i militanti nel suo stesso genere musicale) è sempre stato in verità un personaggio costantemente polemizzato, e non è difficile capire il perché: tatuaggi lungo tutto il corpo, faccia “da schiaffi”, ostentatore di catene e orologi tempestati di gioielli e chili di marijuana sui social, testi tamarri che parlano di macchinoni, soldi, successo, donne e droga. «Un cattivo esempio», urlerebbero i genitori dei suoi fan; «una boccata d’ossigeno per la musica italiana», affermerebbero invece i più attenti.
Piaccia ammetterlo o no, infatti, la nostra musica a debito enormi nei confronti di Sfera Ebbasta.
In primis, perché il cantante dal ciuffo rosso ha impiantato in una ormai stantia scena italiana un genere nuovo, nato in America, la trap, e l’ha declinata in modo originale – senza quindi limitarsi a scopiazzare: trap italiana e americana sono molto diverse tra loro. Affiancato dal prodigioso Charlie Charles (globalmente riconosciuto come il miglior produttore italiano di oggi), Sfera ha di fatto fondato qualcosa che nel nostro Paese non c’era ancora, importando una novità quando il nuovo mancava da troppo tempo, e creando un vero e proprio fenomeno.
Sciocco negarlo: tutto del panorama mainstream italiano si può dire tranne che sia vario e accattivante. Una piazza in apnea cronica, soffocata tra artisti pesanti ma artisticamente bolliti che rimangano aggrappati a uno spazio ormai esaurito, e voci inconsistenti e indistinguibili uscite a ruota dal sottobosco indipendente o da quella macchina bulimica che sono i talent show (pochissimi e rari fanno eccezione). Quando l’anno musicale viene scandito dal filotto di hit-fotocopia di figurine artistiche interscambiabili, dal pezzo inedito del fantasmico nuovo vincitore di X-Factor e il valzer isterico delle hit estive, non è difficile realizzare quanto Sfera Ebbasta e compagini siano stati una manna dal cielo, uno spiraglio di fuga da un genere ritrito e intrappolato in un loop.
In questo modo, il trapper venuto dalla periferia di Milano non solo apre un nuovo e ribollente capitolo della musica nostrana, ma riconquista una fetta di palinsesto strappandola dall’assoggettamento a quella straniera. Anzi, a dirla tutta è proprio merito di Sfera Ebbasta se recentemente ci siamo presi una rivincita sullo strapotere estero: il suo Rockstar è stato il primo album italiano a essere mai riuscito a entrare nella top 100 mondiale di Spotify. A livello artistico, quindi, questo cattivo ragazzo non è solo il diamante più brillante della nostra musica, ma il mezzo con cui la scena italiana può ritagliarsi il giusto merito agli occhi dei giganti mondiali, soprattutto oltreoceano.
Sfera, infatti, è già un artista di respiro internazionale nonostante la sua carriera fulminea, e, a quanto pare, il tuo talento e la sua importanza sono stranamente riconosciuti molto più negli altri Paesi che in Italia; oltre ad andare letteralmente a ruba (la sua produzione vanta una seconda versione di Rockstar con collaborazioni internazionali, ma anche singoli prodotti da pietre miliari della nuova musica, come Rvssian), Sfera è a oggi l’unico italiano ad aver firmato una partnership commerciale con Jordan nella storia di questo brand americano. Questi sono gli enormi meriti che è giusto attribuire a Sfera Ebbasta, un artista che non va valutato con la miopia di chi si ferma a scuotere la testa sui contenuti della sua musica, ma che va inquadrato in un’ottica più generale e sincronicamente consapevole.
L’autoproclamatosi (a ragione) re della trap italiana è il nostro personaggio musicale più importante, perché è l’italiano che oggi ha più peso nel panorama quantomeno occidentale, un peso che prescinde dal tipo di contenuti controversi che diffonde – come se, comunque, infarcire la testa dei giovani con gli amori frivoli e favolistici della Pausini fosse meno dannoso.
Concludendo con una parentesi su testi e argomenti di Sfera: la questione non verte sulla natura sfrenatamente edonistica e inneggiante agli eccessi dei testi delle canzoni, ma sul perché i ragazzi di oggi si sentano rappresentati da questo determinato tipo di personaggi e sentano questa forma di narrazione più vicina alla loro realtà. Droghe, vita dissoluta ed espressioni misogine non sono certo formule positive, ma perché gli adolescenti del 201x ne vanno matti? L’accusa non va rivolta a chi fa trap, ma a una condizione sociale e culturale a cui i giovani di oggi sono relegati, al ruolo che gli viene riconosciuto nel presente italiano e nella realtà che vivono ogni giorno: fattori che, a quanto pare, fanno preferire a ragazzi e ragazze una fuga in testi che si contrappongono fortemente alla morale vigente.
Ed è qui che si denota un altro merito di Sfera Ebbasta e della trap in generale: sbugiardare ogni pensiero tradizionalista, puritano e falsamente ipereducativo che cerca di sopravvivere nell’ottica comune, al fine di rappresentare nella propria musica un tipo di linguaggio e una porzione di realtà sicuramente più vivi e veritieri, mettendo così in crisi tutti i benpensanti che si infervorano nei commenti su Facebook.
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