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SKAM Italia: non c’è più niente di tradizionale

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Fabiana D'Eramo

Girare per Roma e vedere il mondo con gli occhi di un sedicenne non è difficile mentre guardi SKAM Italia, anche se non hai sedici anni. La web serie targata letteralmente Vergogna, creata da Ludovico Bessegato per TimVision e prodotta da Cross Production, non è un teen drama e non ha mai voluto esserlo. È uno scorcio di realtà, uno sguardo sul mondo che mentre ti butta in faccia la crudezza delle cose ti fa una carezza. È come racconti la tua vita quando sei un adolescente, e come avresti voluto che te la raccontassero quando lo sei stato: per quella che è, senza eccessi inverosimili, senza filtri e senza censure.
SKAM Italia nasce nel 2018 ed è solo uno dei sette remake dell’originale versione norvegese, ideata nel 2015 da Julie Andem. Un vero e proprio fenomeno globale saltato di smartphone in smartphone, malgrado l’indifferenza dei canali mediatici più tradizionali. Come l’Italia, anche Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Stati Uniti, propongono la propria versione di quello che è un format apparentemente banale: un gruppo di adolescenti alle prese con i problemi quotidiani. Cosa c’è di così speciale?

Raccontare oltre il cliché

Le linee guida sono impartite dallo SKAM originale, ma noi ci focalizzeremo sulla versione italiana. La trama, lo abbiamo detto, rasenta la banalità: seguiamo la vita quotidiana di alcuni studenti del liceo scientifico Kennedy di Roma. Ogni stagione racconta il punto di vista di un personaggio in particolare: nella prima abbiamo avuto gli occhi di Eva (interpretata da Ludovica Martino), nella seconda, conclusasi lo scorso dicembre, quelli di Martino (Federico Cesari). La serie è stata rinnovata per una terza stagione, che arriverà a marzo di quest’anno, e avrà come protagonista Eleonora (Benedetta Gargari). In questo modo guardiamo il mondo attraverso una lente che ci fa un po’ da filtro, influenzando le nostre deduzioni, ma allo stesso tempo ci sentiamo più immersi nella storia, più immedesimati nel personaggio: vediamo e sentiamo solo quello che vede e sente lui, entriamo nel suo telefono, leggiamo i suoi messaggi, condividiamo e nascondiamo gli stessi segreti. Ma non sono solo gli escamotage tecnici – che approfondiremo a breve – a permetterci di provare empatia per i personaggi: l’intera serie è costruita con il preciso obiettivo di essere vera, di essere autentica, di farci dire «questo sono io, questo poteva succedere a me, questo è successo al mio amico». Al contrario del classico teen drama, che cerca il colpo di scena e l’eccesso, SKAM Italia resta verosimile.
Nella prima stagione, Eva è una ragazza che passa la ricreazione da sola a ripassare, con gli occhi fissi sul libro per non incrociare gli sguardi altrui e per fingere indifferenza, quando vorrebbe solo avere un’amica con cui condividere ansie e soddisfazioni quotidiane. La troverà, anzi, ne troverà quattro, che come lei sono in un modo o nell’altro emarginate, quelle che a una festa nessuno le vuole, ma che poco a poco sapranno riscattarsi. Attraverso di loro SKAM racconta la solidarietà femminile, l’accettazione di sé e quindi degli altri, il saper fare squadra nonostante ci sembri di non avere niente in comune, non solo dal punto di vista caratteriale, ma anche culturale e religioso (una delle ragazze, Sana, interpretata da Beatrice Bruschi, è musulmana). Quando il ciclo di Eva si chiude, incontriamo Martino, che senza alcun ricorso ai cliché ci racconta il suo percorso per accettare la sua omosessualità e per portare avanti la relazione con il compagno di scuola Niccolò (Rocco Fasano). La loro storia d’amore è trattata con la stessa naturalezza e la stessa delicatezza che la serie poteva riservare a un rapporto etero, senza torti e senza sconti. Anche quando Martino racconta la verità ai suoi amici, l’omosessualità del ragazzo è raccolta come se fosse, e lo è, la cosa più normale del mondo. La serie non vuole parlare per stereotipi; anzi, punta a scrivere personaggi autentici e di spessore, e attraverso questi costruire un universo che non ammetta luoghi comuni. È in questo modo che la serie parla del quotidiano senza scadere nel banale, restituendo importanza e dignità alle piccole cose, anche a quelle più stupide e insignificanti, come giocare alla playstation con il tuo migliore amico. L’amicizia è proprio il collante di tutta la narrazione. Entrambe le stagioni seguono il cammino di due ragazzi isolati che trovano, o si ritrovano, con il proprio gruppo di amici soltanto quando imparano ad accettare loro stessi. Il cuore di SKAM è il racconto dell’insostenibile pesantezza dell’isolamento e della necessità di avere un rapporto con l’altro, di capirlo e lasciarsi capire, tenersi in piedi a vicenda, perdere tempo insieme, giocare ed essere frivoli, ogni tanto.

I ragazzi in una scena della seconda stagione: ‘Luchino’ (Nicholas Zerbini), Martino (Federico Cesari), Elia (Francesco Centorame) e Giovanni (Ludovico Tersigni).

Guardare oltre le regole dell’emittente

Se l’obiettivo della serie è quello di essere autentica e realistica, allora la fruizione deve essere in tempo reale. Le singole scene (clip) vengono pubblicate sul sito nel giorno e nell’orario in cui avvengono nella storia. Una volta uscita, la clip è visibile fino alla pubblicazione della successiva, dopo di che scompare e per seguire la storia bisogna aspettare l’uscita dell’episodio completo. Per vederlo è possibile accedere alla piattaforma a pagamento TimVision, a partire dalla mezzanotte del giorno in cui è uscita l’ultima clip settimanale, oppure aspettare che venga caricata in versione libera sul sito il successivo lunedì mattina. Si spezza quindi quel determinismo per cui è l’emittente a decidere quando e come sia possibile usufruire dei contenuti: lo spettatore di SKAM è uno spettatore giovane e capace, che sa destreggiarsi nel mare magnum della rete, decide lui quando e come accedere al mondo finzionale, se rispettare il patto classico e aspettare l’episodio settimanale, comodamente rilassato sul suo divano, o divorare le clip appena escono, magari nella pausa tra una lezione e l’altra, o mentre aspetta l’autobus. Il consumo si fa più autonomo, dinamico, personalizzato. E si fa più labile il confine tra finzione e realtà: spettatori e personaggi commettono continue invasioni di campo nell’uno e nell’altro mondo. Oltre a poter commentare le clip direttamente sul sito, gli spettatori – termine fin troppo passivo, a questo punto – possono accedere ai contenuti inediti della serie: sbirciare nei profili social dei personaggi, leggere le loro chat. Se, ad esempio, in una clip sentiamo i ragazzi parlare di una festa organizzata per sabato sera, possiamo aspettarci che uno di loro, quel sabato sera, pubblichi una foto o una storia su Instagram, o scriva qualcosa a riguardo su Twitter. Ma lo spettatore può fare un passo in più: può entrare direttamente nel telefono dei protagonisti, leggere le loro chat private, come se i messaggi arrivassero a lui. L’immedesimazione è quasi totale.

Foto postata sul suo account Instagram da Eva, il personaggio interpretato da Ludovica Martino.

Grazie a quello che dice e a come lo dice, SKAM Italia è diventato un fenomeno virale nel mondo dei social: il fandom è giovane – nel senso che la serie è nata da poco meno di un anno – ma già molto ampio, e a causa dei numerosi remake europei e oltre oceano, lo scambio di battute passa da un capo all’altro del globo. La versione italiana è stata accolta positivamente qui da noi (il sondaggio del Corriere l’ha decretata miglior serie del 2018), come all’estero. Innanzitutto, SKAM Italia colpisce visivamente: Roma si staglia oltre le figure dei protagonisti donando loro sfumature affascinanti e malinconiche; l’estetica narrativa è molto curata, ma sempre senza superare quel confine oltre il quale realizziamo di stare guardando una messinscena. Non solo la fotografia, anche la colonna sonora e i dialoghi restituiscono al remake italiano la dignità di un prodotto autonomo e originale. Un tipo di fiction a cui non siamo abituati, se pensiamo al panorama delle serie TV nostrane, ma della quale avevamo bisogno. Una serie sui giovani raccontata dai giovani – il regista e sceneggiatore, Bessegato, ha 35 anni – che parlasse senza retorica non solo di sesso e droghe, ma anche e soprattutto di altri tabù: accettazione delle diversità, empatia, compassione.

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Fabiana D'Eramo

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