Diceva Osvaldo Soriano – uno dei più straordinari narratori del fútbol – che esistono tre tipi di calciatori: quelli che con le loro giocate vedono spazi che chiunque avrebbe potuto vedere; quelli che ti mostrano spazi che anche tu avresti potuto notare, se solo fossi stato più attento; e infine quelli che creano uno spazio dove non avrebbero dovuto essercene affatto, e questi sono i profeti del calcio. Quasi scontato che il pensiero corra a Johan Cruijff, universalmente ritenuto tra i migliori della storia ed eletto da Sandro Ciotti, nell’omonimo documentario del 1976, Profeta del Gol. Cruijff era in grado di vedere sul campo, sia che lo calcasse sia che lo osservasse dalla panchina, ciò che chiunque altro non avrebbe saputo immaginare. Il passaggio da grandi giocatori a grandi allenatori non è però sempre così immediato.
L’ascesa di Thierry Henry nell’Olimpo dei calciatori risale all’incirca a quindici anni fa. Allora il calcio era molto diverso, sia sul piano del gioco che nel suo rapporto con la realtà esterna alle mura dello stadio. Henry fu uno dei prototipi di calciatore moderno. Spaventosamente talentuoso in campo, era dotato di classe e carisma che lo rendevano ammirato anche al di fuori della categoria degli appassionati di sport. Era il 2004, e Henry – già campione del mondo, di Francia e d’Inghilterra – si muoveva tra uno spot e un servizio fotografico con la stessa disinvoltura con cui si muoveva in campo tra le fila avversarie. Per meglio rendere la misura del talento di Titì, basterebbe dire che Messi non riusciva a guardarlo negli occhi la prima volta che divise con lui lo spogliatoio al Barcellona; o anche solo che Zidane lo considera il miglior giocatore con cui abbia mai giocato.
Tuttavia, come allenatore, il fallimento è stato totale e devastante. Con appena due vittorie stagionali e la squadra al diciannovesimo posto in classifica, Henry è stato ufficialmente sospeso dal Monaco. Effettivamente, della strabiliante squadra che Jardim aveva portato sul tetto di Francia nel 2016 non restava granché, senza contare i numerosissimi infortuni e i guai legali del proprietario del club. Tuttavia, i demeriti di Henry non sono mancati. Un eccessivo difensivismo, volto inizialmente ad arrestare l’emorragia di reti subite, ha certamente migliorato il dato del possesso palla, ma ha anche drasticamente calato il numero di azioni offensive e di tiri in porta. Inoltre, le tensioni con i calciatori, accusati pubblicamente di lassismo da Henry, hanno inevitabilmente portato alla rottura dei rapporti tra club e allenatore.
Gli esempi di calciatori illustri che sono diventati ottimi allenatori sono numerosi. Oltre al già citato Cruijff, potremmo fare i nomi di Zidane, Deschamps e Rijkaard; o di talenti nostrani come Capello, Conte e Trapattoni. Tutti calciatori che hanno saputo tradurre il loro talento calcistico e la loro esperienza nelle capacità da allenatore che tutti abbiamo avuto modo di conoscere. Ma, per ognuno di questi, si potrebbe citare un collega la cui esperienza non è stata altrettanto prolifica.
Quando si tratta questo argomento, Maradona è il classico “elefante nella stanza” di cui spesso parlano gli inglesi: tutti possono vederlo, ma nessuno vorrebbe parlarne. Diego è il giocatore di cui nessuno vorrebbe parlare male, quasi per rispetto dell’aura divina che avvolge la sua carriera in campo. La sua carriera da allenatore, però, è stata innegabilmente disastrosa. Dopo alcune esperienze, dai risultati già mediocri a dire il vero, con alcune squadre minori in Argentina, è senza dubbio la panchina della Nazionale ad aver messo una croce sopra la sua nuova carriera. Tolte le bizzarre formazioni, che vedevano molto spesso giocatori schierati fuori ruolo, la Coppa del Mondo del 2010, per la quale la Albiceleste si qualificò a fatica, e in particolare la sconfitta per 4-0 da parte della Germania misero davvero a nudo l’incapacità di Maradona di guidare una squadra in qualità di allenatore.
Shearer, a discapito di un palmarés non proprio esaltante, è considerato una vera e propria leggenda del calcio inglese, tant’è che tuttora detiene il record per il numero di reti segnate in una stagione nella massima serie. Come allenatore, tuttavia, la sua esperienza è stata breve e dolorosa. Chiamato nel 2009 dal club che lo rese una stella, il Newcastle, Shearer dovette fare i conti con un’impresa davvero ostica, specie per una prima esperienza: una salvezza da conquistare nelle ultime nove giornate. Ne collezionò appena dieci e il Newcastle, inevitabilmente, retrocedette. Shearer non ha più allenato.
Simbolo e leggenda di un club importante come il Manchester United, Neville è considerato uno dei migliori difensori della storia del calcio inglese. Dopo un’eccellente carriera da giocatore, si scoprì anche un ottimo opinionista, e ricoprì con successo questo ruolo negli studi di Sky. Meno successo ebbe invece alla guida del Valencia. Al suo arrivo, non parlava una parola di spagnolo e non aveva alcuna esperienza, tolta una breve collaborazione come assistente di Hodgson sulla panchina dell’Inghilterra. Con un bilancio finale di tre vittorie in quattro mesi, si può dire con abbastanza sicurezza che Neville non abbia grandi prospettive come allenatore.
Indubbiamente il miglior calciatore della storia della Bulgaria, Stoichkov è famoso per il suo innegabile talento e per il suo pessimo carattere. Vincitore del Pallone d’Oro nel 1994 e di innumerevoli altri premi a livello personale e di club, la sua carriera da allenatore fu molto deludente. Dopo aver mancato la qualificazione al Mondiale 2006 e all’Europeo 2008 alla guida della Bulgaria, sedette sulla panchina del Celta Vigo, che perse la corsa alla salvezza di quell’anno.
Dopo aver chiuso la sua carriera da calciatore, durante la quale fu molto amato dal pubblico per il suo genio e la sua sregolatezza, Gascoigne iniziò una bizzarra avventura da allenatore al Gansu Tianma in Cina. Nel 2004 tornò in Inghilterra per guidare il Boston United, che lasciò per un motivo piuttosto strano: il club non voleva lasciarlo partecipare a un famoso reality televisivo. Come ultima spiaggia, Gazza decise di accettare la panchina di un club dilettantistico, il Kettering United. Qui, i demoni che lo avevano inseguito per tutta la vita prevalsero sulla voglia di rilanciarsi: Gascoigne fu esonerato dopo appena trentanove giorni a causa di un continuo e reiterato abuso di alcolici anche sul posto di lavoro.
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