Le vite dei calciatori sono spesso rivestite da una fine quanto lussuosa patina di grandiose incoerenze, persino di misteri irrisolti oltre che di grande ricchezza. Non sempre, però, la vita privata di un calciatore rispecchia quella pubblica, poiché spesso ci si dimentica come questi sportivi siano prima di tutto persone e solo dopo atleti. La scrittrice e giornalista Susanna Marcellini questo lo sa bene, dato che nell’arco della sua carriera è riuscita a “ricostruire” le vicende di tre grandi campioni italiani del passato come Fernando Orsi, Sandro Tovalieri e Roberto Pruzzo. A mani nude, Cobra e Bomber racchiudono infatti storie, emozioni e speranze dei tre ex giocatori. Con la collega si è parlato di questo ma anche del rapporto tra letteratura sportiva e social.
Con la giornalista e scrittrice Susanna Marcellini abbiamo scoperto cosa significa scrivere una biografia su un calciatore
Come altri tuoi colleghi, hai scritto alcuni libri affiancando dei calciatori (nello specifico 3: Orsi, Tovalieri e Pruzzo). Quali sono le gioie e le insidie quando si lavora a progetti del genere?
«Prima di scegliere di fare la giornalista ho scelto di fare la scrittrice, una passione questa che ho avuto da sempre. Mi piace raccontare storie che possano lasciare un segno, storie che arrivino al cuore, storie di uomini prima che di calciatori. Quella parte della vita di personaggi che nessuno conosce. Piano piano, prima con Roberto Pruzzo, poi con Sandro Tovalieri e infine con Nando Orsi ho scoperto che per questi personaggi è più facile raccontare la propria vita a 360 gradi, raccontare vittorie ma anche le tante sconfitte che ci sono normalmente nella vita delle persone, a una donna. Un po’ perché abbiamo una sensibilità diversa, un po’ perché non si sentono giudicati e di conseguenza sono più liberi di aprirsi. Come quando in piena notte Roberto Pruzzo, che in carriera era un orso a cui difficilmente si poteva tirare fuori qualcosa, mi ha raccontato che c’è stato un periodo della sua vita in cui si chiedeva perché sarebbe dovuto andare avanti. O come quando Sandro Tovalieri mi ha chiesto di poter scrivere una lettera ai suoi figli chiedendogli scusa per le difficoltà che ha incontrato dopo la morte prematura della moglie, Laura».
Quale dei tre libri ti ha lasciato qualcosa in più al momento della sua realizzazione?
«Non c’è stato un libro in particolare che mi ha dato qualcosa in più degli altri. Ognuno ha una storia, a ognuno ho dato un’anima, per me sono come tre figli. Non può esserci quello più bello. Sono tre storie diverse, ognuna, a suo modo, speciale. Con quello di Sandro Tovalieri ho vinto il premio internazionale di letteratura sportiva Antonio Ghirelli, un emozione unica, quindi se devo proprio scegliere direi quello».
Hai scritto anche un libro in cui parli del Palermo. In che modo l’approccio è cambiato, pur continuando a parlare dello stesso sport?
«Sono arrivata al calcio quasi fosse la normalità, essendo cresciuta in una famiglia di calciofili (mio nonno, Antonio, giocava nella Roma). Il libro Rosa D’amore in realtà è la biografia di Maurizio Zamparini, un uomo che pochi conoscono veramente per quello che è, molti si fermano all’apparenza. Ironico, istrionico, intenditore di calcio. Tutti pensano che sia difficile lavorare con lui, i più si fermano al numero degli allenatori esonerati ma pochi ricordano quello che ha fatto per il Palermo. L’approccio è sempre lo stesso, nella penna oltre all’inchiostro ci devi mettere cuore, devi saper ascoltare, devi trovare le parole giuste quelle che descrivono la persona che hai davanti senza metterci nulla di quello che pensi tu di quella persona».
Credi che scrivere un libro sul calcio sia, in qualche maniera, più difficile dello scrivere un libro “normale”?
«Io non farei la differenza tra libri di sport e libri normali. Quali sono i libri normali? Un libro è l’insieme di tante parole che raccontano una storia soprattutto in un periodo come il nostro in cui viviamo di parole. Per mia scelta in ogni libro io inserisco, quando possibile, delle immagini perché credo che sia interessante per chi ama questo mondo ricordare anche attraverso delle foto quello che poi le parole raccontano”.
Da lettrice, invece, quale libro sul calcio ha avuto il pregio di appassionarti maggiormente?
«Sembrerà strano ma non leggo molti libri di calcio, sicuramente non quelli tecnici. Mi piacciono le storie vere, e non superficiali. Ce ne sono due che mi sono piaciuti: Lettera a mio figlio sul calcio di Darwin Pastorin e Non so parlare sottovoce di Aldo Agroppi».
Credi che la letteratura sportiva stia rinnovandosi attraverso nuovo vigore o ritieni che le precedenti generazioni abbiano prodotto qualcosa di inarrivabile?
«Con l’avvento dei social purtroppo non c’è più quel piacere di sfogliare i libri, sottolineare, prendere appunti. In Italia si legge sempre meno e questo è un peccato perché credo che (soprattutto le nuove generazioni) se si vuole capire di calcio si dovrebbe leggere. C’è un libro che non può mancare in nessuna libreria: Storie delle idee del calcio di Mario Sconcerti. Un libro che ti apre la mente e ti spiega perché oggi il calcio è questo e, soprattutto, perché e come ci siamo arrivati».
La stessa letteratura sportiva può trovare spazio concreto attraverso radio e tv?
«I libri puoi raccontarli in radio come come in tv ma per trovare il senso devi leggeri, non basta ascoltare la sinossi. I libri vanno curati, guardati come una bella donna, vanno assaporati e soprattutto comprati».
Se dovessi dare dei consigli a chi approccia la scrittura di un libro sul calcio, quali sarebbero?
«Se hai il talento di scrivere un libro non credo che ci siano differenze tra un romanzo e un libro di sport. C’è una differenza di tecnica ma la sostanza è saper scrivere e per saper scrivere devi soprattutto saper leggere e avere un tuo stile personale, che cambia da persona a persona».
Progetti futuri?
«Mi piacerebbe scrivere un libro per bambini, un libro che possa spiegare che non tutti possiamo diventare Ronaldo o Totti o una velina di successo che poi sposa un calciatore, ma che tutti possiamo diventare persone speciali, tutti possiamo essere “pezzi unici” in un mondo che sembra creare solo cloni. Per il resto, per chi volesse continuare a leggermi può farlo su Twitter (@susannamarce) e sul mio blog susannamarcellini.it, oltre che ascoltarci su Radio Radio».