Nella giornata di mercoledì 3 aprile una sessantina di persone di etnia rom sono state trasferite in una struttura di accoglienza a Torre Maura, nella periferia est di Roma. Un presidio di residenti della zona contrari al trasferimento si è presto trasformato in una protesta, supportata da partiti di estrema destra come Casapound e Forza Nuova. Nel mezzo di un discorso di un esponente di Casapound, si è inserito un ragazzo di quindici anni, Simone, che si è detto in disaccordo con il discorso.
A un certo punto Simone viene interrotto da un altro manifestante che lo apostrofa: «Quanti anni c’hai, quindic’anni? Io ne ho cinquantadue e vivo a Torre Maura…»
Giusto per amore della discussione, sorvoliamo un attimo il dettaglio che buona parte dei manifestanti fosse fascista, sorvoliamo anche sui comportamenti violenti dei manifestanti.
Siamo di fronte al caso di un discorso logico e coerente che accusa i manifestanti di far leva su un disagio chiaro e documentato per creare capri espiatori su cui riversare la frustrazione popolare per ottenere un successo politico. Un discorso perfettamente legittimo respinto con una argomentazione ad hominem improntata sull’età del ragazzo. Come se fossero l’età e l’esperienza dell’interlocutore a determinare la ragionevolezza del discorso, e non il discorso in sé. Ma, sempre per amore della discussione, continuiamo su questa linea. Anche se fossero l’età e la presunta esperienza a dare valore a un’argomentazione, questo era forse vero in passato. Ora non è più detto. Questo non è l’unico caso recente: ricordiamo le critiche sull’età dei partecipanti alla Marcia per il Clima, e dell’ignobile video-intervista del Messaggero per screditare i partecipanti con domande fatte secondo il metodo del cherry picking, ovvero selezionando accuratamente spezzoni di interviste per presentare dei ragazzi preoccupati per il futuro del pianeta come pigri ignoranti che vogliono saltare ore di lezione.
È ora di cominciare a condannare questo atteggiamento paternalista volto a svalutare le opinioni dei giovani in generale. Parliamo innanzitutto dell’aspetto pedagogico: in un’Italia che spesso lamenta il disinnamoramento dei giovani per la politica, che senso ha schernire i giovani che esprimono coraggiosamente la propria opinione? Inoltre, la responsabilizzazione delle persone passa appunto per la concessione di responsabilità. Ci aspettiamo veramente che le persone che ora reputiamo irresponsabili diventino magicamente affidabili una volta compiuti 18, 25, 30, 35 anni? E come?
Passiamo ora a un aspetto più attuale. In un mondo che cambia sempre più velocemente, l’esperienza che consente di giudicare i fatti presenti alla luce di informazioni raccolte in passato ha sempre meno valore. Un cinquantenne che ha consolidato la propria visione di vita in un mondo che quasi non esiste più è probabilmente meno valida di un quindicenne che affronta il presenta con la flessibilità propria di quell’età e con spiccato senso critico e umorismo. Senza aggiungere poi che coloro che sono più avanti con l’età, e di conseguenza meno esperti nelle dinamiche di Internet, sono di solito coloro che alimentano il business delle fake news condividendo e cliccando notizie trovate su internet, solo per soddisfare i sentimenti provenienti dalla pancia, e creando così un clima sempre più polarizzato in cui le fake news si diffondono ancora di più. Polarizzazione che spinge uno dei manifestanti a dire che i commenti più che ragionevoli del ragazzo provenissero da una precisa parte politica.
La rapida svalutazione dell’esperienza è probabilmente tra le fonti di smarrimento che nutrono i sentimenti alla base dei poteri populisti che guardano con nostalgia a un non ben precisato passato. Citando il manifestante: «Qua a Torre Maura quando non eri ancora nato si lasciavano le chiavi alla toppa della porta…». Un passato rassicurante in cui il mondo non cambiava così in fretta, in cui le categorie sociali apparivano immutate, e in cui un ragazzino non si sarebbe mai permesso di contraddire i propri anziani. Magari un passato in cui era legittimo usare le minoranze come capro espiatorio dei propri problemi usando violenza fisica, abitudine umana da tempi immemori.
Il mondo che cambia in fretta non è solo un problema sociale e politico. Se l’esperienza ottenuta in passato si svaluta sempre più in fretta diventa sempre più necessario insegnare agli adulti del futuro a imparare, più che impartire loro nozioni e mestieri. La flessibilità diventa una dote molto più importante del sapere enciclopedico, che oramai è a portata di mano per chiunque sia in grado di farne un uso critico.
In quest’ottica è perciò fondamentale dare a questi ‘ragazzini’ la legittimità e la responsabilità per affrontare il futuro e elogiare chi, come Simone, si è fatto avanti con coraggio per esprimere le proprie perplessità.