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Cat Person e l’orrore del quotidiano

Published by
Giulio Remorgida

«After a short while, Robert got up and hurried to the bathroom in a bow-legged waddle, clutching the condom to keep it from falling off. Margot lay on the bed and stared at the ceiling, noticing for the first time that there were stickers on it, those little stars and moons that were supposed to glow in the dark. Robert returned from the bathroom and stood silhouetted in the doorway. “What do you want to do now?” he asked her. “We should probably just kill ourselves,” she imagined saying, and then she imagined that somewhere, out there in the universe, there was a boy who would think that this moment was just as awful yet hilarious as she did, and that sometime, far in the future, she would tell the boy this story. She’d say, “And then he said, ‘You make my dick so hard,’” and the boy would shriek in agony and grab her leg, saying, “Oh, my God, stop, please, no, I can’t take it anymore,” and the two of them would collapse into each other’s arms and laugh and laugh—but of course there was no such future, because no such boy existed, and he never would».

La storia del racconto breve Cat Person non potrebbe essere più comune: una ragazza ha un appuntamento con un uomo più anziano, anche se non di molto, e la serata finisce male: lui non si rivela essere come lei l’aveva immaginato, e il momento romantico si trasforma in una prolungata tortura. Partendo da queste premesse, il successo di Cat Person (la short story più letta del New Yorker di sempre), a differenza di mille storie simili, sarebbe quasi inspiegabile, e va infatti ricercato nell’indignazione. Indignazione, dato che in passaggi come in quello sopracitato (in cui l’esistenza di un ragazzo che non sia disgustoso, ributtante, non è possibile non solo nel presente, ma nemmeno in un lontano futuro solo immaginato), così come in considerazioni sparse come:

«The way he looked at her then was like an exaggerated version of the expression she’d seen on the faces of all the guys she’d been naked with: […] stunned and stupid with pleasure, like a milk-drunk baby, and she thought that maybe this was what she loved most about sex—a guy revealed like that».

una certa fetta di pubblico maschile aveva riscontrato non la critica di un uomo, inquietante e disgustoso, ma del genere maschile in generale. In un certo senso, Cat Person è uno strano specchio di un romanzo di John Green (e per estensione di tutto il genere Young Adult a target-audience maschile).

Se in Looking for Alaska, per esempio, vediamo un ragazzino timido e imbarazzato/ante andare dietro alla propria donna-angelo, bellissima e indipendente e intelligente e avventurosa ecc. – Cat Person ci mostra cosa quella stessa donna deve pensare del ragazzino protagonista, una volta che la trama li costringe a diventare una coppia. La prospettiva inquietante che, nelle relazioni, il sogno di qualcuno sia allo stesso tempo l’inferno dell’altro. Ma indipendentemente da qualunque posizione si voglia prendere nei confronti della visione che Kristen Roupenian dà dell’uomo (e se di fatto ne dia una, e non siano invece semplicemente le considerazioni della sua Margot), è quantomeno inusuale che all’uscita della sua prima raccolta di racconti, che contiene Cat Person (e che ricorda sulla prima e la quarta di copertina di contenere Cat Person), delle tematiche di Cat Person non vi sia quasi traccia. Proprio così. Uscita negli Stati Uniti come You Know You Want This, un titolo che in un momento storico post-Metoo ha delle chiarissime connotazioni, e in Italia riciclando il meno polemico titolo della sua storia più celebre, la raccolta è a conti fatti un campionario di horror paranormale.

Sei delle dodici storie contengono elementi esplicitamente fantastici, e anche le rimanenti cinque, ancora non citate, sono costruite con la stessa struttura: un crescendo di tensione verso il rivelarsi dell’orrore, con la differenza che nei loro casi non si rivela, o lo fa rimanendo nella sfera dell’umano. Uno strano, strano rimescolamento di stili e tematiche, dal realismo magico di Night Runner alla favola che inizia con la formula di rito c’era una volta… di The Mirror, The Bucket, And The Old Thigh Bone, a The Good Guy, una specie di mix fra American Psycho e Good Old Neon. Questo non per dire che la raccolta manchi di coesione narrativa, o che sembri un’antologia di autori scollegati, riuniti cronologicamente (Poeti del ’71), quanto che la coesione che traspare, è una coesione di sensazioni suscitate. C’è qualcosa di visceralmente carnale, scuro e grumoso in Cat Person – qualcosa di grottesco e umidiccio come lo è l’enorme lumaca a cui Robert (il suo protagonista maschile) viene paragonato. E sembra che lo scopo di Kristen Roupenian, nel creare questa raccolta, sia stato quello di rievocare la stessa sensazione, a ogni costo. Così se la storia breve che le ha dato la fama aveva esaurito il filone dell’uomo-inquietante-vs-donna-angelo, (o almeno l’aveva già affrontato direttamente, richiedendo delle perifrasi per le successive variazioni) l’autrice è andata a pescare un po’ ovunque, pur di ritrovare la stessa emozione. E cosa è più grottesco e carnale, letteralmente, di un grottesco mostro fatto di carne?

Per tirare delle conclusioni, prima di iniziare la sezione con spoiler, per chi non volesse “rovinarsi” la lettura, You Know You Want This è un insieme promettente, ma forse affrettato, di tentativi di fare male. Di colpire, impressionare, lasciare angosciati. La prosa si mantiene sempre scorrevole, senza mai osare particolarmente, ma avendo ben sviluppato una certa cadenza della frase, che si è mostrata popolare in questi anni, basata sul peso degli avverbi in -mente (o in -ly nell’originale) e su alcuni aggettivi comuni, che diventano il punto focale della frase in cui sono inseriti per il peso stesso che gli viene dato. Non mancano nemmeno alcune belle immagini («his hand moving mechanically across her breasts and down to her crotch, as if he were making some perverse sign of the cross») ma non aiuta forse il fatto che nel cercare di ricordarne alcune, immediatamente sia tornata alla memoria una tratta, di nuovo, da Cat Person. Le tematiche sono sempre legate alle perversioni della carne, del corpo, seppure quando vuole essere inquietante e grottesca, l’autrice non si spinga mai eccessivamente oltre. Il grottesco è più che altro riservato alle conclusioni delle storie, ai colpi di scena finali, che se efficaci, rendono il tutto forse complessivamente più pudico di come pubblicizzato. Sicuramente è una base promettente, e considerando il contratto con anticipo milionario che la raccolta ha fruttato all’autrice, è quasi garantito che avremo modo di vedere come la sua scrittura evolverà in futuro.

Essendo solo 12, la sezione con spoiler, che comincia qui, ha il privilegio di poter parlare di ogni racconto individualmente, per cui eccoli.

Bad Boy

Il racconto che apre la raccolta è forse la prova più convincente del perché nei corsi di scrittura si insista sempre sul “show, don’t tell”. Proposta come la storia di una coppia che, trovandosi un amico a dormire sul divano di casa, lentamente lo include sempre più nella propria vita sessuale fino a costringerlo alle più perverse attività, contiene… tecnicamente esattamente questo. Tecnicamente, perché lo contiene nel senso che la voce narrante (che in tocco molto efficace di creepyness parla in prima persona plurale – la coppia come un Giano bifronte, che preannunciava il rivelarsi esserlo letteralmente) afferma “e poi lo costringemmo alle più perverse attività”. E nulla di più specifico ci viene fatto sapere a riguardo. È una parafrasi, ma nemmeno tanto. E finisce lì. Heh.

Look At Your Game, Girl

Una dodicenne conosce un uomo inquietante al parco giochi. Parlano di musica rock. Lui sembra amichevole, poi a un certo punto le infila un dito in gola e le impone sotto minaccia di incontrarlo lì a mezzanotte. Lei non ci va e lui non fa niente. Conclusione con la ragazzina, ora adulta e con figli a sua volta, che si domanda cosa volesse quell’uomo da lei. Il momento in cui lui passa da strano ma buono a inquietante e pericoloso è sicuramente forte, rimane il grosso dubbio di quale fosse la ratio se non semplicemente inquietare.

Sardines

Un quadretto familiare forse cliché (genitori divorziati, ex moglie rancorosa e piena di senso di superiorità e padre con la fidanzata giovane e naïve), reso interessante dal monologo interiore della ex moglie. Sembra andare da qualche parte e dire qualcosa di significativo sui rapporti familiari, senonché all’improvviso la protagonista della storia diventa la bambina inquietante della coppia, e appare un mostro di arti e visi che sembra uscito da Bloodborne. Heh.


The Night Runner

Un insegnante arriva in una scuola difficile in un villaggio nel Kenya. Subisce le angherie progressivamente più gravi delle ragazze della classe a cui è stato assegnato. Durante la notte combatte con la leggenda dei night runner, creature a metà fra il paranormale e la versione impazzita/posseduta degli abitanti del villaggio, che prendono di mira la sua casa. Un piacevole retrogusto di Lovecraft, e la paranoia che i tuoi vicini siano segretamente dei mostri o possano diventarlo/sentire la chiamata di C’thulhu da un momento all’altro. Forse il secondo racconto più riuscito.

The Mirror, The Bucket, And The Old Thigh Bone

Una favola vera e propria. Il che solleva la domanda se abbia senso cercare di esprimere un giudizio di merito su Cenerentola o La Bella Addormentata. In questo caso c’è da dire che l’elemento grottesco è ben costruito, e una descrizione in particolare della principessa sdraiata a terra e anemica coglie perfettamente quello che cerca di rappresentare.

Cat Person

Se ne è parlato a sufficienza. C’è da dire che forse ha la qualità rara di farsi apprezzare maggiormente con le riletture; tutti i dettagli sembrano più mirati, più ragionati, la seconda e la terza volta che li si ricorda.

The Good Guy

Il racconto più lungo della raccolta, quasi una novella. Ted è un nice guy, disperatamente perso dietro l’amore del liceo, Anna, e lo svolgimento segue l’evolversi della sua filosofia e la storia dei suoi ultimi anni prima del college. Se più sopra si era velatamente accennato a una similitudine con la prosa di David Foster Wallace, qui è evidente anche nei temi: un personaggio intrappolato nel dilemma del non sapere se è buono o malvagio, vittima o carnefice, psicopatico o circondato da psicopatici. Se in Good Old Neon il protagonista è ossessionato dal cercare di capire se sia una frode o meno, qui Ted lo è dal capire se ami veramente le donne o voglia solo sentirsi desiderato, per poi abbandonarle. Eccetto che se il protagonista di Good Old Neon è brillantemente analitico e autocritico nel cercare di diagnosticare (e risolvere) ciò che non va in se stesso, Ted è poco più della razionalizzazione di come il nice guy che probabilmente molte delle lettrici avranno conosciuto nella propria vita, non fosse poi che uno psicopatico mascherato. Una sorta di giustificazione esterna viene dalla voce dell’autrice: avete fatto bene a fare quello che avete fatto, non sembrava ma era segretamente un mostro. Oppure no. Perché Ted non è (solo) questo. È anche il tentativo di creare il personaggio tipicamente wallaciano del maschio bianco intrappolato in lotta con la propria stessa psiche. Senonché, un po’ per forza di cose, Kristen Roupenian è meno convincente come voce di un maschietto impopolare e mentalmente instabile e prigioniero del proprio stesso soliloquio interiore, di come lo fosse chi stava praticamente scrivendo di se stesso in terza persona. Si potrebbe anche dire qualcosa su come la storia esterna scelta per rappresentare il conflitto interiore sia esattamente quella stereotipale (lui ama lei, lei non lo considera perché ama un altro più in alto nella gerarchia sociale, che la tratta male; lui fa lo zerbino e soffre in silenzio), senza alcuna minima modifica se non nei dettagli più insignificanti, ma non è particolarmente importante in questo caso.

The Boy In The Pool

Una donna omosessuale viene incaricata di organizzare l’addio al nubilato del proprio amore segreto dai tempi dell’infanzia. Per cercare di dare pepe all’evento riesce a invitare l’attore di film di serie B per cui l’amica aveva una cotta alle medie. Non c’è molto da dire, la storia finisce durante l’addio al nubilato stesso, più o meno quando erano finite le premesse delineate e sembrava avvicinarsi l’inizio di una storia interessante. Va fatta presente l’assoluta mancanza di elementi paranormali, e come questa si correli stranamente alla presenza di alcuni fra i protagonisti con più personalità della raccolta.

Scarred

Una coppia entra in crisi quando la fidanzata inizia a grattarsi sempre di più e il fidanzato non prende sul serio la situazione. La sindrome degenera al punto che lei si sta strappando brandelli di pelle durante la notte. Visitano diversi specialisti e viene giudicata sotto gli effetti di una crisi psicotica per le pressioni che il fidanzato le sta ponendo. Lui lavora su se stesso e capisce in che modo non è stato d’aiuto per la propria partner come uomo e come fidanzato, e impara ad amarla per quello che è e a supportarla sinceramente. La situazione sembra migliorare e la storia si avvia a una conclusione che potrebbe dire qualcosa sui rapporti familiari, lo stress e i comportamenti autolesionistici e gli abusi, senonché no, c’era davvero un mostro/parassita che viveva dentro il corpo di lei e ora – oh no – è entrato nel corpo di lui. Heh.

The Matchbox Sign

Una ragazza trova un libro con le istruzioni per fare magie oscure. Evoca involontariamente un uomo nel suo sottoscala che non può uscire dal cerchio che lei ha disegnato per terra. Lo userà come cavia per estrarne il sangue necessario a compiere le rimanenti magie. I sacrifici che richiede all’uomo, via via che la ragazza ottiene vari attributi, (ricchezza, fortuna, bellezza, forza ecc ecc) si fanno sempre più intensi, finché per l’ultimo si vede costretta a ucciderlo. Si legge esattamente come un racconto pornografico basato sulla tortura e l’ottenimento di potere. Eccetto che non avendo un fine direttamente erotico (spero) non si fissa nemmeno particolarmente su quei dettagli feticistici che immagino un appassionato avrebbe potuto apprezzare. Heh.

Death Wish

Il racconto più breve. Un ragazzo vive in un motel sporco. Invita occasionalmente donne nella sua stanza che ha conosciuto su Tinder. Un giorno si presenta una bella ragazza che prima di consumare ha una richiesta specifica: vuole che il ragazzo le tiri un pugno in faccia con tutta la forza che ha in corpo, e una volta che lei sia a terra la calci in pancia, di nuovo con tutta la forza che ha in corpo. Il resto delle righe sono spese nella testa del protagonista a dibattere i pro e i contro del farlo. Alla fine il ragazzo lo fa, la ragazza si vomita addosso per le botte ricevute, si accoppiano e lei se ne va. Fine. C’è una chiusa in cui lui riflette che per quanto stia messo male nella sua vita perlomeno non sta messo male come la ragazza che ha appena conosciuto. Forse c’era una morale da qualche parte ma complimenti a chi l’ha trovata. C’è una buffa similitudine con quella missione di Borderlands 2 in cui un nemico ti chiede di sparargli in faccia, e la missione è tutta lì: gli spari in faccia ed è finita. E quindi per quanto la storia insista nel cercare di far prendere sul serio il grottesco della situazione, rimarrà esilarante per chi abbia giocato il titolo Gearbox. Rimane indubbio se questo aggiunga o sottragga valore al racconto, ma valeva la pena menzionarlo.

Biter

Una ragazza ha un fetish per mordere le persone. Lo reprime nell’adolescenza ma riappare da adulta. Spende quasi tutto il racconto a pianificare come poter mordere un proprio collega d’ufficio. Che fortunatamente alla fine si rivela essere un molestatore, presentandole così l’occasione perfetta per farlo impunita. Il racconto si chiude con una sorta di accenno al fatto che la ragazza diventi un supereroe sui generis, che si sposta di ufficio in ufficio mordendo di volta in volta i molestatori. Divertente nel modo in cui il black humour dei fratelli Cohen è divertente.

Terminata la lettura di You Know You Want This, rimane l’impressione di aver dato un’occhiata a un mondo oscuro, seppur affascinante. Ma di averci guardato di fretta, attraverso lo spioncino della porta, e con il timore che quello che si nascondeva dietro fosse troppo per sostenere a lungo lo sguardo. Di aver avuto solo un assaggio, appunto, del potenziale di Kristen Roupenian. E quindi la domanda rimane: andreste al ristorante per prendere solo l’antipasto?

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Giulio Remorgida

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