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Bello ma non si applica: Warhammer 40K: Inquisitor Martyr

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Alan Pasquali

Gli studenti prima di Warhammer 40,000: Inquisitor Martyr:
The Guild 3 – Crusader Kings – Vermintide 2 – Tomb Raider – Frostpunk – Ancestors Legacy – Kingdom Come: Deliverance – Monster Hunter: World – World of Warcraft: Battle for Azeroth – Pathfinder: Kingmaker – Darksiders 3 – For The King – Metro: Exodus


Inquisitor Martyr. Queste due parole rispondono già a due fondamentali domande: chi e dove. Warhammer 40,000: Inquisitor Martyr è l’ultimo arrivato nell’ormai pantagruelico insieme di titoli basati sulle proprietà intellettuali di Games Workshop, incentrati soprattutto sugli universi di Warhammer Fantasy o, per l’appunto, Warhammer 40,000. Oramai abbiamo avuto modo di sperimentare il cruento universo di Warhammer in praticamente ogni salsa: strategici in tempo reale, giochi di ruolo più o meno di successo, dungeon crawler, FPS, action. Cosa differenzia quindi Inquisitor Martyr dall’insieme di suoi compagni? Forse non molto, ma possiamo individuare molto rapidamente ciò che lo accomuna: parliamo sempre infatti di una casa di sviluppo, in questo caso NeocoreGames, principalmente dedita allo sviluppo di un solo tipo di videogiochi, in questo caso action RPG/hack and slash in visuale isometrica. Una casa di sviluppo che, di punto in bianco, si mette al lavoro su un titolo ad ambientazione Warhammer e che sembra percorrere la comoda via dell’adattamento. Suona familiare?

Warhammer 40K: Inquisitor Martyr

Per più di cento secoli, Games Workshop ha seduto immobile sul Trono d’Oro dei giochi da tavolo. Egli è il Signore delle ambientazioni fantasy per volontà delle miniature e il padrone di un milione di teche da esposizione grazie alla potenza delle sue infinite armate. È una carcassa marcescente percorsa da impercettibili fremiti di potere dell’Oscura Era dei giochi cartacei. Egli è il Sovrano Cadavere di Warhammer (non quello fantasy), per lui mille indie muoiono ogni giorno, per lui viene tirato il dado e viene chiamata la fortuna. Tiri di dado e fortuna sprecata: la materia di cui è fatto Warhammer. Essere un videogiocatore in questi tempi vuol dire essere uno tra infiniti miliardi. Vuol dire vivere nel regime più crudele e sanguinario immaginabile. Questa è la storia di tale periodo.

È un universo che puoi vivere oggi, se osi, perché si tratta di un’era terribile e buia in cui troverai ben poco conforto o speranza. Se vuoi prendere parte all’avventura, preparati adesso. Dimentica il potere della tecnologia, della scienza e della comune umanità. Dimentica le promesse del progresso e della comprensione, perché non c’è pace tra i videogiocatori, solo un’eternità di massacro e la risata degli editori famelici.

La Martyr è un luogo vasto, però, e qualunque cosa accada, non si sentirà la tua mancanza…

Avete presente la fortezza monastero, ovvero una gigantesca astronave delle dimensioni di un pianeta, fulcro della storia di Inquisitor Martyr? Provate a immaginarla piena di cultisti e space marine del chaos.

Warhammer 40,000: Inquisitor Martyr possiede un punto di forza non indifferente: il potere dell’intero universo di Warhammer 40,000 alle sue spalle. Fino a oggi, infatti, risulta impossibile trovare un solo titolo basato su Warhammer che abbia ambientazione e trama insufficienti, arrivando in moltissimi casi ad approcciare l’eccelso. La cura infusa in questi due aspetti in Inquisitor Martyr è come sempre sconcertante, arrivando tranquillamente a duellare alla pari con i più grandi giochi di sempre. Purtroppo, però, non appena tentiamo di analizzare le meccaniche di gioco rimaniamo confusi: abbiamo cambiato improvvisamente gioco? Hanno speso tutti i fondi per altro? Hanno licenziato il responsabile dello sviluppo due giorni prima dell’uscita? Tutte domande legittime. Inquisitor Martyr tenta un approccio decisamente inusuale, andando completamente controcorrente. Osservando infatti i suoi principali competitori, uno tra tutti l’ormai blasonatissimo Diablo, possiamo notare una curva che si sposta costantemente verso la freneticità. Non sono più infatti troppo le statistiche a decidere, pur rimanendo parte centrale del gioco, ma la capacità del giocatore di percepire ed eseguire quante più azioni possibili in un periodo di tempo limitato. Inquisitor Martyr è invece molto più rilassato, complici forse i molteplici dettagli aggiunti alle meccaniche delle armi da fuoco: ci troviamo infatti di fronte a un sistema di copertura estensivo e dettagliato, diverse e appropriate meccaniche di ricarica e sovraccarico delle armi, nonché a un intera nuova statistica denominata “soppressione”. Questa nuova barra sarà infatti molto importante, poiché si tratta letteralmente della difesa del nostro personaggio. Il suo ruolo principale è dare a tutti quei piccoli nemici che in inglese vengono definiti chaff, un sinonimo fantasioso di paglia e spazzatura, un ruolo più di spicco, consentendo loro nei casi più estremi di sopraffare le difese del nostro personaggio. Qualora dovessimo essere portati nella zona rossa della soppressione, potremmo infatti essere più vulnerabili a tutti gli attacchi nemici, oltre che avere percentuali aumentate su tutti i tipi di controllo che i nostri nemici tenterebbero di applicarci. L’unico modo che abbiamo per riempire la barra di soppressione è, oltre a possedere oggetti con statistiche specifiche come soppressione per colpo, nasconderci dietro a oggetti dello scenario.

Inquisitor Martyr prevede anche la ghiotta possibilità per il giocatore di pilotare e/o distruggere diversi veicoli iconici dell’Imperium, come per esempio gli Imperial Knights.

Scenario che, inaspettatamente, è uno dei migliori punti di forza di Inquisitor Martyr: ci troviamo infatti di fronte a decine e decine di mappe assemblate in maniera procedurale o a interi spazi aperti, con cui potremo interagire in maniera assoluta. Ogni singolo punto di copertura potrà infatti, oltre che essere sfruttato difensivamente, essere distrutto per negare protezione ai nemici. Questo diventa fondamentale soprattutto quando ci troviamo ad affrontare orde e orde di nemici minori, dotati magari di armi a distanza quali lanciagranate o fucili al plasma, capaci di distruggere la soppressione del nostro personaggio. A proposito di personaggi, in Inquisitor Martyr potremo scegliere tra tre diverse classi: il crociato, l’assassino e lo psionico. Al contrario di molti RPG simili, però, la nostra classe non sarà poi così limitante: tutte e tre possiedono infatti tre sottoclassi che ne definiscono la posizione sul campo di battaglia. Anche dal punto di vista delle armi, Inquisitor Martyr lascia al giocatore la possibilità di variare: ogni classe avrà infatti a disposizione un arsenale ben assortito e unico, ma che comunque le consente di svolgere agevolmente qualsiasi genere di ruolo, dall’addetto alle armi pesanti al combattente in mischia. Purtroppo, è proprio sull’equipaggiamento che Inquisitor Martyr si rivela insufficiente: il gioco non mette a disposizione un sistema chiaro e intuitivo per comprendere come ottenere oggetti migliori di quelli già equipaggiati, ma non solo. Inquisitor Martyr si spinge anche oltre e si imposta in maniera che il proprio livello di potere dato dagli oggetti sia assolutamente fondamentale: si tratterà infatti di un modificatore che, quando rapportato al livello di difficoltà delle missioni che andremo ad affrontare, fornirà un bonus o un malus percentuale sia ai danni subiti che ai danni effettuati. Se da una parte questa scelta dal punto di vista meccanico porta il giocatore a equipaggiare sempre l’oggetto più potente, dall’altro scegliere, per esempio, armi da mischia su personaggi improntati verso il combattimento a distanza si rivelerebbe un handicap tale da vanificare l’aumento di potenza legato all’oggetto. Questo ovviamente pone il giocatore in una posizione tutt’altro che comoda rispetto ai propri drop; situazione che rimane pressoché tragica e a cui si cerca inutilmente di porre rimedio con un blando sistema di crafting.

Possiamo immediatamente notare le differenze tra le tre sottoclassi del crociato, l’inquisitore più iconico di Inquisitor Martyr.

Inquisitor Martyr delude l’imperatore

A conti fatti, quindi, Inquisitor Martyr non sembra poi essere un così brutto gioco: certo, non è usuale nel suo approccio al combattimento, e probabilmente si potrebbe fare qualcosa di più per il crafting, ma non parliamo certamente di un prodotto tanto mediocre da meritarsi l’appellativo di Bello ma non si applica™. Cosa è, allora, andato storto nel processo di selezione di questo capitolo della nostra rubrica preferita? Assolutamente nulla. Inquisitor Martyr presenta infatti un problema di fondo assolutamente non ignorabile: la componente online è, allo stato attuale, assolutamente inutilizzabile. Tralasciamo infatti per un istante la totale incompatibilità di un sistema di potere dei personaggi così radicato da essere fondamentale con il gioco di gruppo, in cui inevitabilmente non si potrà sempre essere alla pari. Concentriamoci quindi sulle assolute incompletezze tecniche di Inquisitor Martyr, un gioco in cui persino con un gruppo da due soli giocatori non si riesce a completare una singola partita senza che l’intero gioco si autodistrugga e presenti problemi di sincronizzazione tanto penalizzanti quanto fastidiosi. Parliamo infatti di problemi triviali, come l’incapacità di completare abilità di movimento in maniera corretta. Arriviamo persino a osservare dei server incapaci di registrare la morte di uno dei due giocatori, gettandolo completamente in un limbo di inabilità, rendendolo contemporaneamente sia vivo che morto, ma bloccandolo sul posto e impedendo agli altri giocatori di riportarlo in vita. Questo genere di problemi tecnici sono assolutamente indegni, poiché non solo denotano una mancanza di cura nella realizzazione del prodotto, ma anche perché risultano essere in grado di prosciugare il divertimento del videogiocatore, costringendolo ogni volta a inventarsi nuovi metodi per gestire situazioni che non dovrebbero nemmeno essere possibili. Inquisitor Martyr è, quindi, come molti altri capitoli della nostra rubrica, un’occasione persa e davvero un gran peccato: se parliamo di un titolo decisamente gradevole giocato in solitaria, siamo altrettanto sicuri di parlare di un incubo in compagnia. Certo, speriamo sempre che NeocoreGames decida presto di applicarsi, ma nell’attesa possiamo sempre reinstallare Diablo.

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