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Woodstock: ieri, oggi e domani

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Vittorio Comand

Un evento che, a distanza di cinquant’anni, continua a vivere nel mito. È passato mezzo secolo da quell’agosto 1969 in cui, alla fattoria di Max Yasgur, si svolse il celeberrimo festival di Woodstock, la tre giorni di pace e musica che ha visto esibirsi una trentina di artisti in quello che è diventato il simbolo della controcultura americana. Come ogni anniversario che si rispetti, per questo importante cinquantenario non mancheranno le dovute celebrazioni, con ben due eventi paralleli che tenteranno di replicare quei tre giorni leggendari che ancora oggi vengono così tanto osannati: Woodstock 50, su iniziativa di uno dei fautori del primo Woodstock, Michael Lang, e Woodstock 2019, organizzato da Live Nation a Bethel Wood, dove ebbe luogo il festival originale. Questi due eventi si terranno in contemporanea, finendo inevitabilmente per pestarsi i piedi a vicenda: riusciranno a reggere il confronto con la leggenda?

La celebre foto in copertina all’album della colonna sonora di Woodstock.

Three days of peace and music

Organizzare l’edizione originale di Woodstock fu una vera impresa: finanziato da Joel Rosenman e John P. Roberts, il festival fu la controproposta a quella originaria degli altri due organizzatori, il già citato Michael Lang e Artie Kornfield: realizzare uno studio di registrazione a Manhattan. L’idea di un grosso festival piacque a Lang e Kornfield e, una volta assicurata la disponibilità finanziaria da Rosenman e Roberts, i problemi principali erano quelli di trovare gli artisti disposti a esibirsi e il luogo dove svolgere il festival. La prima di queste due questioni si sbloccò a partire dall’aprile del 1969, quando i Creedence Clearwater Revival accettarono per primi di far parte della line-up di Woodstock, mentre per la seconda le cose furono un po’ più complicate. Dopo una lunga ricerca, venne scelto il Mills Industrial Park nella cittadina di Walkill nello stato di New York, ma un mese prima dell’inizio del concerto il comune proibì che si procedesse all’evento. Fortunatamente, l’incontro con Max Yasgur, che mise a disposizione il suo terreno a Bethel, permise che il festival avesse effettivamente luogo. Il cambio di location, però, costrinse gli organizzatori a decidere se investire il poco denaro rimanente sul palco da montare in mezzo al terreno, rinunciando così alla recinzione del campo e permettendo quindi l’ingresso libero: quando però, una settimana prima dell’inizio del festival, la gente iniziò ad arrivare (molte più persone delle cinquantamila stimate inizialmente), i quattro imprenditori non ebbero scelta e si videro costretti a lasciare l’evento gratuito.

Quello che poi fu effettivamente Woodstock è storia, grazie anche al film omonimo uscito l’anno successivo. Dalla Freedom improvvisata da Richie Havens in apertura del festival fino alla distorta versione dell’inno americano da parte di Hendrix, quei tre giorni sono rimasti ancora oggi impressi come la fotografia della generazione hippie in una America dilaniata dal militarismo dilagante. Ma fu tutto rose e fiori? Per il numero di persone presenti, circa mezzo milione di spettatori, Woodstock fu incredibilmente positivo, ma le condizioni iniziali non erano certamente delle migliori: fra maltempo, carenza di beni alimentari, condizioni igieniche precarie e l’esagerato quantitativo di droghe, Woodstock fu costellato da problemi che fortunatamente non sfociarono nella catastrofe. Ci furono però due vittime: un partecipante morì di overdose, mentre un altro fu investito da un trattore mentre dormiva in un campo nelle vicinanze. Benché nell’immaginario collettivo si sia portati a idealizzare Woodstock come un irripetibile momento di estasi, il massimo splendore della stagione del rock psichedelico, la realtà è che il festival non fu assolutamente così idilliaco come si potrebbe immaginare.

Woodstock dopo Woodstock

A seguito di Woodstock si tentò numerose volte di replicare un evento simile: già nel dicembre del 1969 ebbe luogo la risposta dei Rolling Stones, fra i grandi assenti dell’anno precedente, con il festival di Altamont. Quello che, almeno nelle intenzioni, voleva essere l’ideale continuazione dei tre giorni di pace e musica, di fatto fu forse il primo passo verso la fine della stagione della psichedelia americana: all’evento, gratuito, erano stati assoldati come servizio di sicurezza gli Hell’s Angels, pericoloso gruppo di biker. Tutta la durata del concerto fu costellata da tafferugli e violenza, con il culmine raggiunto proprio durante l’esibizione degli Stones: sulle note di Under My Thumb un ragazzo afroamericano di diciotto anni, Meredith Hunter, viene pugnalato. La dinamica dell’incidente non è mai stata chiarita del tutto ma pare che Hunter avesse estratto una pistola, come si può intravedere nei filmati dell’epoca. Questo ultimo, estremo atto di violenza ha in un qualche modo segnato l’inizio della fine dell’era del peace & love.

Il ricordo di quello che era stato Woodstock non si spense però quella sera: per anni, sull’onda di un nome entrato nel mito, si è cercato di replicare quei tre irripetibili giorni dell’estate del 1969. Il primo tributo vero e proprio venne organizzato per il decennale di Woodstock, con una serata al Madison Square Garden in cui si esibirono, fra gli altri, Country Joe & The Fish, Canned Heat, Johnny Winter e Richie Havens. Nello stesso anno si tenne un concerto simile a Long Island, con più o meno la stessa line-up. Nel 1989, per i vent’anni del festival, sul sito originale del campo a Bethel venne organizzato un tributo spontaneo, completamente gratuito e con la possibilità di esibirsi sul palco per chiunque volesse. Questo è forse l’evento che più di tutti è riuscito a cogliere lo spirito del Woodstock originale, mentre lo stesso non si può dire per i due anniversari successivi: Woodstock ’94 e Woodstock ’99, due edizioni concepite su larga scala.

Woodstock ’94 cercò di trovare un punto di incontro fra il folk rock del festival originale con la scena musicale degli anni Novanta: vicino alle vecchie glorie del passato si potevano leggere i nomi di musicisti come Cypress Hill, Metallica e Red Hot Chili Peppers. Nel complesso il festival andò abbastanza bene, ma le inadatte misure di sicurezza finirono per far arrivare molti più spettatori del previsto. Inoltre, a causa delle intense piogge, il festival è passato alla storia col nome di Mudstock: addirittura una delle esibizioni più note di quell’edizione, ossia quella dei Nine Inch Nails, vede i membri del gruppo volontariamente ricoperti di fango. Purtroppo, il vero disastro fu Woodstock ’99: nonostante la scaletta degli ospiti più variegata, il festival fu segnato da numerosi incendi provocati dal pubblico e da diverse accuse di stupro, oltre che dalle inadempienze organizzative sui servizi igienici e i costi proibitivi degli stand.

Woodstock nel 2019

Il problema di voler replicare un evento come Woodstock sta principalmente nelle condizioni di partenza: l’edizione originale, con la sua partecipazione spontanea, aveva riunito inconsapevolmente una generazione antimilitarista in un momento storico particolarmente infiammato dalla guerra. Nonostante tutti i limiti della filosofia hippie, Woodstock aveva rappresentato un’impensabile tregua dalla violenza, fino a diventare racconto mitizzato nel corso degli anni. Questa connotazione ideologica è ciò che è venuto a mancare nelle edizioni successive, finendo per diventare semplicemente il ricordo di un evento di cui si ha nostalgia senza averlo vissuto. In particolare, il fallimento del 1999 mostra quanto lontano si fosse andati rispetto alle intenzioni del primo Woodstock. Per quanto riguarda le due edizioni di questa estate, invece, ancora non è chiaro cosa aspettarsi. Woodstock 50 ha già annunciato la line-up completa: fra i nomi del passato spiccano quelli di Santana e Robert Plant, mentre per quanto riguarda i musicisti più recenti c’è un bel miscuglio di generi musicali, anche se qualche nome può far storcere il naso. Per quanto riguarda Woodstock 19, invece, per ora è nota solo la partecipazione di Ringo Starr con la Edgar Winter Band e lo stesso Santana assieme ai Doobie Brothers. Difficile capire in cosa saranno diverse le due manifestazioni: spiace però che per voler celebrare il più noto concerto della storia del rock si tengano due eventi sovrapposti l’uno all’altro. Dividere nel segno di un evento che ha sempre voluto unire. La speranza è che in questi tre giorni da entrambe le parti si possa godere a pieno delle esibizioni in programma e che non si ripetano i vergognosi incidenti del passato. Inutile cercare di dare una connotazione sociale simile all’originale a questi due tributi, sia perché la situazione rispetto al 1969 è cambiata sia perché il movimento hippie si è poi rivelato inconcludente: Woodstock, più per caso che per vera presa di coscienza, fu una sola, breve parentesi di un periodo complicato come la fine degli anni Sessanta, profondamente legata al contesto sociale dell’epoca.

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Vittorio Comand

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