Approdato nelle sale italiane dal 24 aprile, Avengers: Endgame è l’ultimo capitolo di un processo durato undici anni, nonché il penultimo step della Fase 3 dell’Universo Cinematografico Marvel (per bocca del produttore e Presidente dei Marvel Studios Kevin Feige, l’ultimo atto sarà rappresentato da Spiderman: Far From Home). Bisogna andare subito al sodo: nonostante il film presenti alcuni nei abbastanza consistenti nella prima parte, nella seconda invece prende il largo in maniera preponderante e devastante, con un culmine che ogni appassionato di supereroi e di azioni avrebbe potuto soltanto immaginare, prima di oggi. Avengers: Endgame è un film di cui comprenderemo l’importanza soltanto più in là, perché per la nostra generazione rappresenterà ciò che ha rappresentato la saga di Star Wars per i nostri genitori: un film game changer, che cambierà per sempre le dinamiche del cinema d’azione fantascientifico.
Avengers: Endgame, la recensione (senza spoiler)
Meglio partire, inevitabilmente, con tutto ciò che ha funzionato. Probabilmente, gli ultimi trenta minuti di Avengers: Endgame rappresentano il meglio mai concepito in fatto di cinema d’evasione, con ritmi altissimi e capovolgimenti di fronte – anche emozionali – continui. Una pellicola, quella dei fratelli Russo, che segna un solco profondo rispetto a quanto visto finora in altre produzioni, sia per l’impegno profuso che per l’intreccio della storia, collegata sempre impeccabilmente nel grande piano dei film della Casa delle Idee. Proprio questo, forse, è stato il punto di forza dell’UCM finora: trame e film concatenati quasi alla perfezione dagli “ingegneri” che lavorano dietro le quinte, i quali meritano senz’altro una citazione positiva e doverosa per aver avuto la capacità di aver fatto quadrare il cerchio, in ogni occasione possibile. Seppur spesso non abbiano vissuto di grande originalità, le sceneggiature dei film Marvel (questa compresa) hanno sempre avuto il merito di saper raccontare impeccabilmente sia gli eventi del passato che del futuro (senza dimenticare il presente), così come di saper interpretare e presentare perfettamente momenti comici o drammatici.
Ancora oggi, si pensa che un cinema d’intrattenimento come questo non possa che sacrificare pesantemente le tematiche più umane e la serietà. Un po’ come quando, per parlare dei Pink Floyd, qualcuno utilizza l’epiteto “commerciale” in senso strettamente negativo. La verità, però, è che lo stesso spettatore in grado di apprezzare un film impegnato in stile Malick o Bergman, può amare tranquillamente anche questo tipo di presentazione cinematografica, ormai completamente integrata nello stile di vita di ogni spettatore e che magari, a dispetto di un minore (sicuri?) valore artistico, regala pari partecipazione.
Il film è pieno zeppo sia di fan-service (piuttosto prevedibilmente) che di strizzate d’occhio varie ai lettori di fumetti, sia nell’impostazione della storia che in alcune scelte strategiche utilizzate per raccontarla. Il percorso a cui vanno incontro gli Avengers originali è assolutamente coerente, umano, toccante. La coesione, l’amicizia, il rispetto, la capacità di stare insieme, la fiducia rappresentano le fondamenta di questa pellicola che vive momenti di grande normalità ma che poi letteralmente esplode con epicità, per diventare un’icona. Ancora una volta si ride, ci si esalta, si piange. Tutto però ha un senso, dei richiami ben precisi. E per un film, tutto questo non può che rappresentare la più grande vittoria possibile, il dare compiutezza a un prodotto che poteva diventare catastrofico senza i giusti legami correttivi.
Difetti coerenti
Al tempo stesso, certamente Avengers: Endgame presenta dei problemi: non gravi, ma che è giusto sottolineare. In particolare, per oltre la metà del film si ha l’impressione di assistere a qualcosa di già visto, con molte scene “riciclate”, e ad una pellicola piatta, senza troppo mordente, a tratti banale. Difetti che un film senza cast e sceneggiatura forti avrebbe pagato fortemente ma, come detto, non è questo il caso.
Lascia un po’ perplessi, a proposito di personaggi, l’evoluzione (o involuzione, questo lo deciderà il pubblico) di due Avengers originali come Thor e Hulk, che pur prendendo strade narrative diverse (e forse persino dalle conseguenze inaspettate) hanno finito per scontentare qualcuno, in virtù del percorso scelto per loro nell’arco del lungometraggio. Fa storcere il naso – anche se in tono minore – il “ridimensionamento” di Thanos in questo film. Che, però, appare funzionale non solo nel racconto della storia ma anche nella percezione di altri personaggi positivi, i quali assumono importanza superiore rispetto alle avventure precedenti. Anche l’utilizzo di vari fattori deus ex-machina appare a volte forzato o quantomeno “antipatico”, seppur perfettamente logico e sensato ai fini della storia. Anche con le mani legate, la sceneggiatura riesce quindi a funzionare.
Più in generale, Avengers: Endgame è forse – nel complesso – un film “peggiore” di Avengers: Infinity War, sia nel “coraggio” delle idee proposte che nel ritmo complessivo. Rappresenta però, come ultimo pezzo del mosaico, una grande e immensa visione che va a chiudere perfettamente un ciclo di storie che hanno fatto sognare. Al di là delle rivalità – presunte o reali – con le altre distribuzioni supereroistiche, la Marvel si dimostra maestra nel saper accontentare il fan hardcore al pari del ragazzino, lo spettatore affezionato come quello occasionale. Avengers: Endgame sarà un film di cui si ricorderà per sempre. Non per le specifiche tecniche o per una trama incredibilmente ingegnosa ma per il fatto di aver cambiato con decisione ogni aspettativa di intrattenimento. Che, dopo questo film, capace di alzare l’asticella senza spezzarla, non sarà mai più la stessa.