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La Roma senza De Rossi, un centrocampista d’altri tempi

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Lorenzo Ricchitelli

Il 25 gennaio 2003 sul prato neutro del Garilli di Piacenza, durante un Como-Roma, l’allenatore giallorosso Fabio Capello faceva entrare in campo un giovane di 19 anni con il numero 27 sulle spalle. Successivamente quel numero sarebbe diventato il 4 e poi definitivamente il numero 16, che avrebbe reso celebre nella città eterna quel giovane promettente.

Un giovane De Rossi al suo esordio. Fonte: rivistalaroma.it

Daniele De Rossi, figlio di Roma e romanista, ha cominciato e portato avanti la sua carriera calcistica con un’unica maglia, quella dell’A.S. Roma, ma oltre la nobile scelta di restare fedele ad una sola maglia, è fondamentale sottolineare cos’ha rappresentato tecnicamente questo giocatore per il calcio italiano e non solo. La Roma senza De Rossi non sarà più la stessa, poiché oltre a un altro faro, come anche lo era Totti, perde quello che è sempre stato il punto di equilibrio tecnico ed emotivo della squadra, contraddistinto sempre dalla passione viscerale per la maglia e dal sacrificio per la causa. La sua evoluzione tecnica e tattica può essere considerata una delle migliori nel suo ruolo nel calcio mondiale, e lo ha portato ad assumere delle caratteristiche uniche che lo hanno reso uno dei centrocampisti più completi dell’epoca moderna.

Un centrocampista a tutto tondo: DDR e le due fasi di gioco

Il percorso del numero 16 che lo ha portato alla sua attuale posizione di mediano davanti la difesa non è stato designato sin dall’inizio, ma è stato frutto della sua applicazione nello studio del gioco che gli hanno donato un’innata visione tattica, e di un’intuizione decisiva. De Rossi ha difatti mosso i suoi primi passi da calciatore in una zona diversa da quella del centrocampo, prima della Roma, durante la sua militanza nell’Ostia Mare, quando ricopriva il ruolo di attaccante. Poi arriva la figura di Mauro Bencivenga: l’allora preparatore delle giovanili accoglie un undicenne De Rossi alle sue prime sgambate sui campi di Trigoria, e nota in lui delle capacità di visione e di giropalla che sono troppo peculiari e sviluppate per continuare a farlo giocare in avanti. Dunque arriva la svolta tattica: Daniele viene provato davanti la difesa e da quel punto di svolta la vita calcistica del numero 16 è tracciata davanti a lui. Tutte le qualità di quel ragazzo messo nel posto giusto sarebbero cresciute esponenzialmente e costantemente negli anni.

Notoriamente il compito affidato ad un mediano è quello di proteggere la difesa diventando quasi un “difensore aggiunto” e cercare di fermare le azioni avversarie, donandogli anche il termine di stopper. De Rossi in questo è un vero e proprio artista: la sua abilità innata di leggere le azioni lo fa posizionare sempre nel posto giusto per stoppare sul nascere i contropiedi avversari, o in emergenza trovare un intercetto nell’area di rigore. Il veterano giallorosso si è adatto nel tempo a tutti i tipi di moduli e in ognuno di essi è stato determinante: dal “zemaniano” 4-3-3 al 4-2-3-1 di Spalletti, fino al 4-4-2 di Ranieri, De Rossi non ha mai perso la sua centralità, salvo la parentesi sotto il tecnico boemo Zeman, che secondo molti aveva visioni particolari dato che aveva relegato il numero 16 alla panchina. Queste sua capacità in fase difensiva lo hanno portato anche ad arretrare ulteriormente la sua posizione: il 12 dicembre 2011, occasione per un Roma-Juve, la squadra giallorossa era guidata dal tecnico asturiano Luis Enrique, il quale sorprese l’ambiente di casa e non solo schierando proprio il numero 16 come centrale difensivo al fianco di Heinze. A posteriori la decisione poteva essere stata dettata dalla scarsa quantità di giocatori nel reparto di centrali, ma comunque furono le grandi doti difensive di Daniele a convincere il mister; probabilmente fu dovuto anche al modello a cui si rifaceva il tecnico asturiano, quello del Barcellona, che aveva utilizzato in precedenza il mediano Mascherano come centrale, ma quest’ultimo mantenne nel tempo questo nuovo ruolo, mentre per De Rossi fu solo una parentesi. Nonostante ciò, è rilevante capire che la duttilità del centrocampista di Ostia permise quella scelta e questo più di tutto mostra le potenzialità del giocatore.

De Rossi con la primogenita Gaia e l’ex moglie Tamara Pisnoli. Fonte: calciomercato.com

Il centrocampista però non conosce solo la fase difensiva, ma anche quella di impostazione della manovra, nella quale si è dimostrato sempre un maestro; si può osservare solamente il dato degli assist: 54 in 18 anni di carriera giallorossa, una media di 3 assist all’anno. Per un mediano che gioca davanti la difesa sono numeri impressionanti, dato che il suo ruolo non sarebbe necessariamente di far arrivare il pallone in attacco, quanto quello di smistare bene la sfera per mettere ordine e far riorganizzare il gioco. Uno dei marchi di fabbrica di De Rossi è difatti lo sventaglio tutto campo, che spesso porta a un’azione pericolosa, ma come i numeri sopra dimostrano a volte si tramuta in passaggio decisivo; esempio lampante è l’assist per Dzeko per l’1-0 che diede il via alla storica rimonta contro il Barcellona che valse la semifinale di Champions l’anno scorso, dopo 35 anni. La precisione nei passaggi di De Rossi è degna dei migliori interpreti del centrocampo offensivo, quali mezz’ali o trequartisti, rendendo unico il suo ruolo, poiché suppone la capacità di stoppare l’azione avversaria e far ripartire velocemente l’azione con passaggi in verticale; questa caratteristica è ancora più fondamentale quando si crea una situazione di giro palla statico contro una difesa schierata: un lancio per un movimento improvviso di uno degli uomini avanzati può “bucare” le difese rocciose, e il centrocampista della Roma in questo è maestro.

Tolto l’aspetto tecnico, vale anche per il numero 16 il discorso che dietro a un giocatore c’è sempre un uomo, e ci sono casi in cui l’ultimo può influire sul primo; il nativo di Ostia è una chiara dimostrazione di come non sempre si riesca a lasciare da parte la vita privata nel proprio lavoro. Le vicende personali del centrocampista giallorosso cambiarono quando nel 2006 un ventitreenne De Rossi convolò a nozze con Tamara Pisnoli, figlia di Massimo Pisnoli, pregiudicato che sarebbe stato poi ucciso nell’agosto del 2008, ma la parentesi felice durò ben poco: l’anno successivo all’omicidio i due giovani decisero  di separarsi dopo soli tre anni di matrimonio, che in dono aveva portato al calciatore la primogenita Gaia. I problemi seri per il giocatore della Roma cominciarono successivamente, quando l’ex signora De Rossi entrò all’interno del giro della nota banda criminale dei Casamonica, attraverso la relazione con un membro del clan stesso; la vicenda toccò direttamente il centrocampista quando per quasi due anni si vociferò che l’ex moglie non permettesse più a Daniele di vedere regolarmente la figlia. Il sospetto fu alimentato sopratutto dalle condizioni psicologiche ma soprattutto dal rendimento dell’atleta, il quale ebbe un calo evidentissimo agli occhi del mondo: sembrava lampante che la mente del numero 16 durante le partite fosse altrove, soprattutto perché aveva di colpo perso quella grinta che sempre lo aveva contraddistinto; l’elemento di spicco nella vicenda furono le numerosi voci riguardo il look di De Rossi. Improvvisamente si fece crescere una barba lunghissima che non si tolse più durante quel periodo, e i rumors volevano che il calciatore nascondesse sotto la peluria facciale degli sfregi subiti da parte del clan dell’allora compagno dell’ex moglie, a seguito dell’insistenza da parte di De Rossi per vedere più spesso la figlia. Gli eventi  che videro successivamente protagonista la Pisnoli sembrarono accreditare questa versione, ma nel tempo le cose si sistemarono per il veterano giallorosso, il quale ricominciò a vivere grazie a una relazione con l’attrice Sarah Felberbaum (oggi sono felicemente sposati con figli) e risolse gli attriti con l’ex-moglie che smentì successivamente le voci sulla figlia e l’ex-marito.

La figura di Totti, il rapporto con il tifo giallorosso e il futuro della Roma senza De Rossi

L’abbraccio tra i due simboli della Roma degli ultimi 20 anni. Fonte: sport.sky.it

Uno dei “pesi”, se così si può chiamare, durante la storia giallorossa del numero 16 è stata di vivere al fianco dell’uomo che ha incarnato Roma per più di 20 anni, Francesco Totti. Dato che quest’ultimo è sempre stato “il Capitano”, a Daniele, che ha sempre avuto l’attitude da capitano e gli è sempre stato riconosciuto,  è stato affibbiato il soprannome di “Capitan futuro”, indicando che sarebbe rimasto il capitano in seconda fino alla fine della carriera di Totti. Nel concreto i due si sono visceralmente amati sia dentro che fuori dal campo, come due fratelli, e Daniele non ha mai mostrato malumore per questo suo ruolo, che ha con onore rispettato fino al 28 maggio del 2017, data in cui si è ritirato il numero 10. Così forse l’unico rammarico per De Rossi è quello di aver potuto interpretare il ruolo di effettivo capitano solo per due anni, data l’imminente separazione dalla Roma annunciata l’altro giorno.

La famosa “vena” che ha reso celebre il calciatore giallorosso. Fonte: febbredaroma.it

Il tifo giallorosso però non ha mai fatto sentire questa mancanza al suo idolo, che è sempre stato osannato come leader e capitano vero, nonostante la presenza nominale di un altro capitano. Quello che lo ha differenziato da Totti è sempre stata la sua incapacità di mostrarsi distaccato in campo e fuori da quell’amore viscerale per i colori indossati: «Se Totti ha rappresentato la Roma, De Rossi ha rappresentato il Romanismo», questa è la frase che sta più impazzando sui social questi giorni e che dipinge alla perfezione la figura che ha rappresentato De Rossi durante questi 18 anni di amore con la sua città: quella vena che si gonfiava in ogni occasione, che fosse in campo o sugli spalti, ha sempre unito gli ultras giallorossi al loro centrocampista, come se l’ultimo incarnasse i primi. Il ruolo di De Rossi come bandiera e simbolo di questa squadra e città,  ma sopratutto il vuoto che lascerà la sua partenza,  si racchiudono in una sola frase, pronunciata dal diretto interessato: «Ho solo un unico rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera». L’attaccamento alla maglia è tutto, e Daniele sarebbe stato capace anche di giocare gratis.

Gli audio di De Rossi

Secondo indiscrezioni De Rossi, infatti, stamattina a tal proposito avrebbe spiegato a terzi la situazione e questo, in sostanza, è quanto proferito dal centrocampista: “Io quando ho parlato con lui gli ho detto “non vi avrei chiesto un euro”…Voi dite che sto male? Datemi 100.000 a presenza…Avete anche la possibilità di non farmi giocare mai e gioco gratis…Lui mi ha detto “era quello che ti volevo offrire io, 100.000 a partita più bonus fisso”…io gli ho risposto “pensa te io il bonus fisso manco lo volevo. Arrivo a casa e mi dicono che ha chiamato il presidente e dice che se è così va bene…ma come non me chiami per un anno, me dici che mi cacci via e poi dopo 40 minuti me dici che va bene?  Va bè va bè, se senti oggi le radio parlano pure quelli che della Roma non gliene frega niente…parlano solo per attaccare il presidente, ce vanno a nozze…”. Questa è la versione di un campione che si è sentito tradito e non considerato da una dirigenza che ha sorvolato sulla volontà del giocatore che avrebbe fatto qualsiasi cosa per restare nella sua città.

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