Le elezioni europee si avvicinano, cresce la tensione al governo, e oltre al definirsi dei programmi si affinano anche le strategie politiche dei due partiti dell’esecutivo. Non siamo nuovi ai conflitti interni all’alleanza gialloverde, ma negli ultimi giorni sembra si sia aperta una battaglia mediatica su tutti i fronti. «Vedo e sento molto nervosismo in Italia» scrive Luigi di Maio in un post, a cui Matteo Salvini risponde a Verona dicendo che inizia «a notare troppi accoppiamenti fra PD e 5 Stelle, troppa sintonia». Attacchi così diretti tra i due alleati di governo sono diventati sempre più frequenti, e rispecchiano la strategia che i due partiti hanno deciso di seguire in vista delle elezioni europee del 26 maggio: polarizzare la scena politica, con il M5S che schiaccia l’alleato su posizioni di estrema destra e i la Lega che spinge i pentastellati nell’area della sinistra.
I punti della tattica di Lega e M5S per le elezioni europee
Per capire cosa ci sia alla base della diversa strategia di Lega e M5S bisogna innanzitutto pensare alla diversa impostazione attorno a cui i due partiti sono costruiti: i pentastellati si concentrano sull’immagine dell’intero Movimento, mentre i leghisti guadagnano consensi puntando al successo del proprio leader politico. Leader che ha sempre strizzato l’occhio – più o meno esplicitamente – alle derive autoritarie di estrema destra, ma che a partire da Pasqua ha deciso di virare ancor di più su queste posizioni la propria immagine mediatica. La foto in cui imbraccia un fucile, l’assenza alle celebrazioni del 25 aprile, il libro-intervista pubblicato dalla casa editrice neofascista Altaforte: Salvini insiste nel presentarsi sempre più come politico di estrema destra, tanto da venire accusato dai media e dall’opposizione – e implicitamente anche dal M5S – di simpatizzare con movimenti neofascisti. Il capo del Viminale ha più volte negato, ma è anche vero che non ha mai insistito particolarmente nel prendere le distanze da simili movimenti politici. Ha adottato così per le elezioni europee una strategia mediatica che gli permette di attrarre i voti di chi effettivamente simpatizzerebbe con forze neofasciste, ma che non le voterebbe sia per un certo “pudore” per le loro posizioni dichiarate, sia perché non avrebbero speranza di entrare in Parlamento.
Importante nella strategia della Lega è in ogni caso il modo in cui Salvini risponde alle polemiche: non è il suo partito a spostarsi verso l’estrema destra, sono le altre forze politiche che continuano a appoggiare elementi di quella sinistra che ha sempre rappresentato l’establishment, e che vuole impedire ai cittadini di avere idee diverse dalle proprie. Per il 25 aprile aveva accusato gli altri partiti di una «strumentalizzazione» delle celebrazioni che dipingeva la Resistenza come un fenomeno esclusivamente di sinistra, rivendicando la lotta alle mafie come qualcosa di molto più attuale e importante. Commentando invece l’esclusione della casa editrice Altaforte dal Salone del Libro, Salvini aveva parlato di «censura dei libri in base alle idee», accusando così la sinistra di rinnegare quei principi fondanti della democrazia di cui si dovrebbe fare portavoce. E nella sinistra si includeva implicitamente anche il M5S, visto l’appoggio dato al Salone dalla sindaca di Torino Chiara Appendino . Schiacciare i pentastellati a sinistra è infatti il secondo elemento-chiave della strategia leghista per le elezioni europee.
Lo smarcamento dai M5S deriva dai sondaggi politici, che danno per la prima volta un trend negativo al partito del Ministro dell’Interno. Dopo aver “eroso” l’elettorato di destra di Forza Italia, gli ultimi voti che la Lega può ancora attirare sono quelli in comune con il M5S, ovvero quelli di protesta contro l’Europa e contro i vecchi governi. Il Ministro dell’Interno vuole ancorare i grillini a un’immagine più “istituzionale”, per potersi presentare come l’unica forza realmente anti-establishment rimasta. Da qui nascono anche le recenti dichiarazioni sul voto europeo come «referendum», o sulla necessità di sforare il tetto del 3% imposto dall’UE. Non si lasciano alternative: l’unico voto possibile alle elezioni europee per opporsi alla vecchia politica è quello per la Lega.
Di questo schiacciamento a sinistra il M5S ne approfitta in parte, costruendo una strategia per le Elezioni Europee basata essenzialmente su tre punti. Prima di tutto ci sono le dichiarazioni di Luigi di Maio, che su facebook si definisce preoccupato per il «nervosismo» in Italia, per gli attacchi a Papa Francesco, e che con un appello «a tutte le forze politiche» si rivolge in realtà a una sola: la Lega. Il primo elemento di questa strategia è appunto il volersi proporre come unico argine possibile alla deriva autoritaria leghista e scavalcare così l’opposizione: giocando sullo scarso risultato elettorale del PD alle politiche dell’anno scorso, il M5S vuole presentarsi come l’unico partito in grado di poter ottenere abbastanza voti per potersi opporre al crescente consenso della Lega. In questo modo, si vuole far convergere sul M5S tutti coloro che sono preoccupati dall’estremismo del Ministro dell’Interno.
Sostituire l’opposizione della sinistra è il secondo elemento della strategia pentastellata, messo in atto principalmente attraverso la proposta del salario minimo. Così come per le Politiche del 2018 il reddito di cittadinanza era riuscito a sottrarre i voti che le fasce più povere della popolazione davano ai dem, con il salario minimo il M5S mira a ripetere l’operazione per le Europee. La sinistra tradizionale – questo è il messaggio sempre usato dai grillini – avrebbe smesso di interessarsi alle persone in difficoltà economiche, di cui invece si occuperebbe il Movimento.
Il terzo punto della strategia grillina per le elezioni europee è infine la volontà di presentarsi come il partito al governo più affidabile, abbandonando così i toni di protesta che avevano caratterizzato i primi mesi dell’esecutivo. Non è un caso se Di Maio ha bollato come «irresponsabile» la volontà di Salvini di sforare il tetto del 3% imposto dall’UE e lo ha accusato di fare aumentare inutilmente lo spread, adottando così un atteggiamento radicalmente opposto a quello avuto a settembre. In questo modo, il M5S ritorna all’immagine “istituzionale” che gli aveva permesso di ottenere largo consenso alle Elezioni Politiche, in modo sia da non essere più aspramente osteggiato in Europa – o comunque da essere certamente preferito alla Lega di Salvini – sia da farsi accettare anche dall’elettorato del PD.
I risultati in Sicilia e lo stallo di PD e FI
Gli esiti della strategia dei 5 Stelle si possono già vedere nei risultati dei ballottaggi che si sono tenuti domenica 12 maggio in Sicilia, in cui il Movimento è riuscito a vincere il confronto con il centrodestra – senza la Lega – nei comuni di Castelvetrano e Caltanissetta, superando il candidato avversario con un buon margine di distacco. Soprattutto, i grillini possono sfruttare gli esiti dei ballottaggi per vantare di essere l’unica forza realmente in grado di fermare la deriva autoritaria di Salvini, visto che a Gela il PD si è dovuto alleare con Forza Italia per poter superare la Lega.
Il PD sembra infatti continuare a rimanere in una situazione di stallo, con un consenso che secondo i sondaggi ruota attorno al 21%: la nomina di Zingaretti a segretario ha permesso di risolvere i conflitti interni, ma sembra che manchino ancora di valide proposte alternative che possano contrastare le forze di governo. Forza Italia sceglie invece di mantenere una relazione ambigua con la Lega, prendendo le distanze dalle sue posizioni più estremiste ma continuando a rimanere in attesa di una rottura dell’alleanza con il M5S per andare a nuove elezioni e formare un governo di centrodestra.
Bisognerà aspettare le elezioni europee per capire la reale efficacia della strategia politica di Salvini e di Di Maio. Soprattutto, dopo queste elezioni si vedrà se questo conflitto continuo all’interno dell’alleanza gialloverde si tratti solo, appunto, di strategia in vista delle elezioni, o se sia invece destinato a terminare con la crisi di governo ormai non esclusa nemmeno da Giorgetti. Quel che è certo, è che se l’esecutivo sopravviverà alle elezioni i rapporti di forza al suo interno ne usciranno radicalmente cambiati.