La scuderia Ferrari ha iniziato la stagione 2019 con l’avvicendamento di Mattia Binotto nel ruolo di Team Principal. Ha inoltre cambiato uno dei suoi due piloti, ingaggiando il giovane Charles Leclerc da affiancare all’ormai veterano Sebastian Vettel. I piloti titolari, a cui si è aggiunto anche Mick Schumacher (figlio della leggenda ferrarista), durante i test precampionato hanno effettuato centinaia di giri di prova per testare la SF90, la nuova vettura da utilizzare nel campionato di quest’anno. In queste occasioni hanno provato la monoposto in differenti configurazioni e simulato diverse parti di gara nei circuiti di Barcellona e Sakhir, incassando risultati che inducevano all’ottimismo per la stagione che sarebbe iniziata in Australia il 17 marzo 2019. Ma l’avvio del campionato ha rivelato tutt’altro. La Mercedes, la scuderia da battere, si è confermata ai vertici con ben cinque doppiette grazie al campione del mondo in carica Lewis Hamilton e a Valtteri Bottas, lasciando letteralmente le briciole a Ferrari e Red Bull, che si sono spartite solo il gradino più basso del podio e altri piazzamenti. Si può forse obiettare che la stagione sia ancora lunga, ma il Gran Premio di Monaco che si correrà il 26 maggio sarà, salvo sorprese, una replica delle cinque gare corse finora, l’ennesimo tassello per la riconferma nel campionato costruttori della Mercedes e un altro alloro per Hamilton o Bottas. Ma oltre ai meriti della scuderia tedesca saltano all’occhio i vari demeriti delle scuderie che (almeno sulla carta) dovrebbero concorrere per il titolo mondiale, Ferrari in primis.
Il titolo piloti a Maranello manca ormai dal 2007, quando l’allora pilota della Ferrari Kimi Raikkonen riuscì a spuntarla per un punto su Lewis Hamilton, che esordì proprio quell’anno in Formula Uno su McLaren. Da allora tutta una serie di errori in fase di progettazione della monoposto e alterne (s)fortune durante il campionato non hanno permesso il ritorno del titolo in Italia. L’esito è stato lo stesso sia alla fine di un campionato come quello del 2012, in bilico fino all’ultima gara ma infine vinto dalla Red Bull, sia alla fine di un campionato come quello del 2014, dove la Ferrari concluse la stagione con un imbarazzante zero nella casella delle vittorie. Zero finora confermato anche quest’anno dopo il Gran Premio di Spagna, con una prestazione definita dalla stampa italiana «disastrosa» per le difficoltà messe in mostra dalla scuderia del Cavallino Rampante. Uno dei problemi principali riguarda l’uscita nelle curve lente che, nonostante gli aggiornamenti introdotti, vedono la monoposto rimanere priva di aderenza (e quindi di velocità), facendo perdere secondi preziosi e fondamentali. Uno scoglio da affrontare assolutamente, su cui gli ingegneri e i meccanici della Ferrari a quanto pare stanno già lavorando nei test di maggio di Barcellona, per cercare di colmare il gap con la W10, la monoposto della Mercedes.
Mattia Binotto ha cercato di non rispondere in merito alle prestazioni per niente entusiasmanti della SF90, dichiarando nel mentre alla BBC che «la Mercedes si può rimontare». Probabilmente, il principale sospettato delle basse prestazioni della monoposto di Maranello sarebbe nientemeno che il telaio. Nonostante a un occhio poco esperto le monoposto di Formula Uno possano sembrare tutte uguali, un’analisi molto dettagliata delle due vetture mostra scelte aereodinamiche totalmente differenti, che finora hanno dato ragione alla scuderia tedesca di Stoccarda. Scelte aerodinamiche che non permettono nemmeno un utilizzo totalmente soddisfacente delle svariate mescole di gomme: la monoposto della Ferrari riesce infatti a mantenere un buon ritmo di gara solo con quelle più dure, perdendo invece quasi un secondo a giro con le combinazioni più morbide e di base più performanti. Questo problema costringe la SF90 a effettuare giri di difesa sugli altri piloti senza poter andare all’attacco e cercare di guadagnare posizioni.
I test di Barcellona prima del Gran Premio di Monaco hanno visto la Ferrari girare con un nuovo telaio e delle nuove sospensioni anteriori, segno che probabilmente a Maranello stanno cercando di risolvere i problemi aerodinamici e di affidabilità. Tuttavia appare chiaro che studiare a campionato iniziato una vettura del tutto nuova, soprattutto se si lanciano proclami per il titolo mondiale, non è la migliore delle idee. La gara di Monaco ha già il sapore da dentro o fuori, e la Ferrari sarà chiamata a una forte risposta fondamentale per il prosieguo della stagione. L’impressione, infatti, è che non saranno più giustificati ulteriori passi falsi. Va detto però che, oltre ai problemi legati alla vettura, una percentuale di colpa va ricercata anche nella gestione delle strategie di scuderia e nei piloti stessi. I numeri sono implacabili: al momento la classifica dei piloti vede Vettel e Leclerc rispettivamente in quarta e quinta posizione dietro ai due piloti della Mercedes e a Verstappen su Red Bull, mentre nel campionato costruttori, grazie alle cinque doppiette consecutive, la Mercedes ha già quasi cento punti di vantaggio sulla Ferrari, rendendo la rimonta sperata da Binotto molto difficile da attuare.
Le strategie messe in pista in questo inizio di campionato hanno dato priorità a Sebastian Vettel, che nelle prime tre gare ha beneficiato degli ordini di scuderia, anche se Charles Leclerc ha dimostrato di essere un pilota veloce ed estremamente abile che solo per sfortuna (rottura del motore in Bahrain) e inesperienza (incidente in qualifica a Baku) non è riuscito ad ottenere di più. Vista l’abilità del pilota monegasco, e complice anche l’andamento attuale in campionato, al Cavallino si è deciso di prendere provvedimenti anche sulla base delle specifiche situazioni di gara. Si è scelto infatti di mettere da parte gli status di prima e seconda guida per avvantaggiare il pilota che ha più probabilità di farcela: una delle poche note positive della gara in Spagna, dove dal muretto dei box hanno trattato in modo paritario entrambi i piloti, dando ordini a entrambi senza distinguere tra cavaliere e scudiero. Per Leclerc non è certo cosa semplice sbarcare in Ferrari a ventuno anni dopo la stagione passata sulla Sauber Alfa Romeo, dimostrando di essere degno del titolo. Charles Leclerc sta dando tutto fin dalla prima gara e ha fatto vedere grandissime cose. Solo il guaio alla centralina subito in Bahrain lo ha privato del suo primissimo alloro in carriera e l’errore di Baku ha riportato sulla terra il monegasco, che sembrava quasi impeccabile. Dalla sua ha l’età e la voglia di far vedere a tutti quanto si possa essere validi: lo sbaglio in Azerbaigian, dettato dall’inesperienza, gli può essere perdonato. È necessario tuttavia valutare fino a che punto la Ferrari possa puntare su Leclerc a breve termine per tentare la rimonta al titolo mondiale, oppure se convenga credere maggiormente nella prima guida incaricata da Binotto, Sebastian Vettel.
Sebastian ha iniziato il campionato di Formula Uno nel peggiore dei modi possibili. Lo abbiamo visto infatti ripartire esattamente da dove la Ferrari era arrivata l’anno scorso, un 2018 che si era chiuso in maniera assolutamente negativa: una stagione che Vettel contava di dimenticare sin dalle prima gare in Australia, puntando magari a vincere come l’anno passato, per ribadire a tutti che il numero uno fosse ancora lui a Maranello e che meritasse l’investitura del Team Principal. Missione, allo stato attuale, fallita. Il quattro volte campione del mondo con la Red Bull finora non ha centrato che due podi e, oltre a soffrire la concorrenza interna di Leclerc, sta dando la sensazione di non essere completamente a suo agio sulla nuova SF90 che aveva fatto così bene nei test precampionato. Tutti questi fattori potrebbero aver portato all’ex Red Bull una vera e propria ansia da prestazione: se non riuscirà a superarla presto tornando il pilota impeccabile di qualche tempo fa non farà altro che regalare un altro anno di transizione alla scuderia di Maranello. Vettel dovrà cercare di mettere da parte le proprie insicurezze e cercare di non sbagliare più niente, né in qualifica né in gara. Perché alcuni errori possono essere perdonabili, ma finora sono costati troppo alle potenzialità e alla storia della Ferrari che rischia, salvo miracoli, di dover dire addio già domani nel Principato di Monaco alle ambizioni stagionali per colpa di alcuni errori che, contro chi non ha sbagliato quasi niente, pesano come macigni sul Cavallino rampante.
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