Lo scorso 15 maggio il Senato dell’Alabama, con 25 voti a favore contro i soli 6 contrari, ha approvato una legge sull’aborto, che prevede il divieto di utilizzare la pratica dell’interruzione di gravidanza anche negli estremi casi di stupro; la legge sottoscrive che l’unico caso permesso è quello di una situazione grave di salute per la donna e la possibilità che la gravidanza possa ulteriormente aggravarne le condizioni. La notizia ha creato sdegno all’interno del suolo statunitense e non solo, con una presa di posizione forte da parte dell’opinione pubblica internazionale e in particolare dalle celebrità mondiali che si sono schierate in blocco in opposizione a questa misura legislativa; questa svolta arriva in un periodo storico in cui il diritto delle donne in toto è riemerso con una mobilitazione globale (guardare ad esempio al movimento ni una menos, nato da un collettivo femminista in Argentina e che si è espanso nel mondo a macchia d’olio), creando una sorprendente strappo con la tendenza del periodo.
La legge però non è ancora effettivamente entrata in vigore, poiché contiene un provvedimento controverso e che ha destato scalpore: i medici che scavalcano la disposizione e praticano l’aborto verranno condannati alla pena massima negli Stati Uniti, l’ergastolo, pari a 99 anni di reclusione. Questo provvedimento sta portando il posticipo della firma del governato dell’Alabama, la repubblicana Key Ivey, poiché si crea una palese contraddizione con il precedente della sentenza “Roe contro Wade“: con questa sentenza della Corte Suprema USA del 1973, è stata legalizzata a livello federale la pratica dell’interruzione di gravidanza. La legge in questione non è un caso isolato, dato che sono in corso dei procedimenti per l’approvazione di leggi analoghe in altri quattro stati americani, Georgia, Ohio, Missouri e Tennessee, a conferma di un movimento soprannominato pro-life che soprattutto quest’anno sta facendo molte pressioni sulla Corte Suprema, la quale cerca sempre di astenersi ma che viene costantemente coinvolta data la pendenza di questa contraddizione tra la materia dell’aborto e il precedente prima citato del 1973. Può essere la presidenza di una figura come Trump, e tutti i fattori endogeni ed esogeni che comporta, un elemento determinante per la rivalsa di questo movimento tipicamente repubblicano e considerato bigotto? In un periodo storico, in cui sono stati fatti passi enormi quali l’integrazione tra persone di diversa nazionalità ed etnia, persone di differente sessualità ma soprattutto nell’era della gender equality, si potrebbe facilmente rispondere di si; ad avvalorare questa tesi è la rinomata posizione di Trump a favore della limitazione dell’aborto, e l’influenza del Presidente stesso potrebbe dare quella spinta finale alla Corte per cambiare la sua maggioranza, data l’attuale difficoltà a mantenere una posizione di estraneità. La reazione da parte del fronte democratico è stata di totale opposizione e condanna, con varie opinioni celebri che si sono esposte per incentivare l’interruzione a questo procedimento: importante è la presa di posizione di Kamala Harris, senatrice per lo stato della California ma soprattutto candidata democratica alle prossime elezioni del 2020, definendo scandalosa la legge dell’Alabama, ma anche da sottolineare l’opinione di Bernie Sanders, ex candidato alla corsa alla Casa Bianca nel 2016 battuto poi da Hillary Clinton, ha usato il suo profilo twitter per appellarsi direttamente alla senatrice dell’Alabama, definendo « grottesca » l’azione dello stato del sud; Sanders ha difeso strenuamente la legge del 1973 che ha portato un diritto inviolabile per le donne, ma sopratutto ad un pericolo sociale dato che:« queste leggi sono incredibilmente pericolose, sono regressive e sono palesemente incostituzionali».
Ugualmente forte e decisa è stata la reazione delle vip donne sul web: la celebre modella ventisettenne Emily Ratajkowski ha pubblicato una foto provocatoria sul suo profilo privato di instagram, un nudo quasi integrale, con una descrizione in cui esplicita il suo sdegno per la legge che sarebbe stata decisa da « 25 vecchi bianchi »; anche la cantautrice Lady Gaga ha dato la sua dura opinione, con una critica specifica sul provvedimento contro i medici, sottolineando come questi fossero stati paradossalmente puniti più degli stupratori stessi. Probabilmente l’attacco più duro è stato sferrato dalla cantante Rihanna, la quale in un post ha pubblicato la foto dei 25 membri del senato dell’Alabama che hanno approvato la legge sull’aborto, sottolineando il suo sdegno con un perentorio « SHAME ON YOU!!! », diretto alla senatrice dello stato colpevole.
Oltre alle singole affermazioni, importante è stata la diffusione dello slogan men shouldnt be making laws about women’s bodies, il quale è apparso nei post di moltissimi personaggi celebri, sia maschili che femminili, come manifesto di un movimento contrario a questa tendenza, il quale ha dato vita ad una vera e propria petizione per fermare questo procedimento.
In questi giorni è arrivata la presa di posizione più attesa, quella del Presidente USA Donald Trump: attraverso il suo profilo twitter il Presidente ha confermato la sua posizione apertamente Pro-life, ma ha sottolineato che il suo pensiero comprendeva: « tre eccezioni – lo stupro, l’incesto e la protezione della vita della madre ». La tattica di Trump appare molto chiara: avere una posizione moderata sulla spinosissima questione per mettere un freno alle costanti paure dell’ala più moderata del Partito Repubblicano. Difatti Trump non ha smentito la sua campagna a favore dei diritti dei nascituri, non distaccandosi dal movimento anti abortista che sta spopolando negli ultimi anni, con la tacita speranza di arrivare alle elezioni del 2020 con una Corte Costituzionale a maggioranza conservatrice.
Questi giorni non hanno visto protagonisti solo le figure pubbliche, poiché sono state organizzate svariate manifestazioni da parte di migliaia di persone che sono scese lungo le vie delle principali città americane. Oltre 400 manifestazioni si sono svolte, e molte e variegate sono state le testimonianze raccolte dai giornali:
Penso che sia molto sbagliato che un estraneo debba decidere se posso o non posso avere un bambino, se devo portare avanti una gravidanza o meno (una giovane donna);
Non saprò mai cosa significhi essere una donna o cosa vogliano dire le lotte che combatte ogni giorno… ma sono sotto attacco in questo momento e i loro diritti lo sono, quindi credo che sia arrivato il momento di supportarle e di manifestare per loro ( un giovane ragazzo);
Queste poche voci sono il simbolo del sentimento del popolo che in maniera compatta fa emergere quella sensazione di attacco ad uno dei diritti fondamentali dell’essere umano, ma sopratutto la percezione che quest’onda estremista stia cercando di andare ad intaccare quella sfera di conquiste sociali, civili, politiche che sono state fatte negli ultimi anni. Quello che sta emergendo è proprio una regressione della società americana, sottolineata ad esempio da un coro emblematico che si è erto durante la manifestazione a Charlotte, nella Carolina del Nord: «Non torneremo indietro».
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