Domani andrà in scena, nella splendida e moderna cornice dello stadio Wanda Metropolitano di Madrid (nuova elettrizzante casa dell’Atletico), l’ultimo atto di questa edizione della Champions League. Tottenham-Liverpool, però, non è soltanto una mera questione tra due squadre inglesi. Tantissimi, infatti, sono i tifosi – sparsi in giro per il mondo – di entrambe le compagini. E anche in Italia, sia i Reds che gli Spurs possono vantare una degna rappresentanza. In particolare, abbiamo chiesto a due tifosi “d’eccezione” di commentare questa inedita quanto intrigante finale della competizione europea. Francesco Stati e Carlotta Betti, rispettivamente editore e redattrice per theWise Magazine, hanno raccontato le loro emozioni come tifosi di queste due splendide realtà, dalla genesi del loro sentimento alle aspettative per una Finale tutta da vivere.
Abbiamo chiesto a due tifosi italiani di Reds e Spurs come viranno Tottenham-Liverpool, Finale di Champions League
«Ho iniziato ad approcciare il Tottenham quando l’ho visto per la prima volta in Champions League, tra il 2010 e il 2011», spiega Stati. «Mi capitò di vedere delle gare contro squadre italiane. Ricordo, per esempio, la tripletta di Gareth Bale a San Siro. Ricordo bene anche il gol che eliminò il Milan agli ottavi di Champions League, con la corsa per tutto il campo da parte di Lennon, lo scarico per Crouch e la rete, sempre a San Siro. La squadra aveva uno stile di gioco che mi piaceva molto, con esterni molto veloci all’inglese, che si preoccupavano poi di crossare per mandare in porta l’attaccante. C’era una rosa di qualità: a un certo punto arrivò Van der Vaart, che era un po’ l’Eriksen di qualche anno fa, poi c’era Lennon, il secondo esterno offensivo più veloce del calcio all’epoca, insieme a Walcott. Esplose anche Bale, che inizialmente faceva il terzino e poi fu spostato in avanti. Apprezzavo anche molto la divisa, di un bianco luminoso, e lo stemma sociale». Quest’anno il Tottenham ha fatto una buona stagione in Premier League ma è di certo in Europa che ha dato il meglio di sé: «Tra febbraio e marzo il Tottenham era a -5 dal duo di testa. Poi però ha perso con tutte le big e quindi è arrivato al quarto posto. Si pensava al rimontone ma poi è stato risucchiato dalla lotta per la Champions. In campionato poteva sicuramente fare di più ma l’Europa ha tolto energie. In Champions inizialmente sembrava una tragedia: con l’Inter si perse in virtù della famosa garra charrua di Vecino, successivamente si perse anche contro il PSV, una squadra mediocre. In seguito ha fatto il suo dovere, l’unica grande sorpresa è stata quella contro il Manchester City. Agli ottavi ha dominato il Borussia Dortmund, ai quarti ha beccato Guardiola giocando una gara tatticamente intelligente all’andata, subendo poco. Nelle due sfide il Tottenham ha sempre avuto, a conti fatti, la qualificazione in tasca, questo perché inizialmente ha badato più a non prenderle ma è riuscito anche a darle, la gara di ritorno è stata molto inglese. Contro l’Ajax io mi aspettavo il passaggio alla Finale, nonostante l’exploit contro la Juventus da parte degli olandesi: all’andata gli inglesi sono stati rinunciatari (ma mancavano Kane, Son e Vertonghen) mentre al ritorno, dopo aver subito nel primo tempo, la squadra di Pochettino ha dimostrato di essere più forte. Anche in Serie A la rosa del Tottenham sarebbe tra le più importanti».
A discapito di questo, c’è qualche giocatore della rosa del Liverpool che vedrebbe bene a Londra? «Nonostante la bravura di Lloris, uno dei più forti del mondo, sicuramente Alisson, il più forte del mondo. Qualunque club dovrebbe partire da uno così per difendere la propria porta. Per il resto le squadre sono più o meno equivalenti, hanno giocatori molto simili e non c’è tutta questa differenza secondo me, forse si potrebbe portare uno degli esterni offensivi, probabilmente Salah o più di lui addirittura Manè. Il modo di farle giocare probabilmente è diverso. Forse il Liverpool è più forte in chi fa impostazione di gioco», spiega. L’exploit, però, resta: «Sinceramente, io mi aspettavo che la squadra si fermasse ai quarti, perché il City è più forte. Sono stato fortunatamente smentito ma il club rappresenta un caso particolare, da un anno e mezzo non compra e non vende giocatori. Non hanno nessun blocco del mercato ma è una strategia per poter investire nello stadio, che probabilmente sarà la chiave del futuro, visto che fattura cifre impressionanti, circa 900.000 euro a partita. Adesso il Tottenham è un grande club, questa è la via per farlo diventare grandissimo, ha fatto investimenti tali che potrebbe restare sempre tra le big. Non è detto nemmeno che le stelle della squadra debbano partire quest’estate, sono scettico su questo. A meno che non vada via Pochettino, il Tottenham rimarrà così e mi sembra destinato a sorpassare anche l’Arsenal, che ha perso l’Europa League e non andrà in Champions».
Beatles and Reds
Dall’altro lato della barricata, Betti racconta brevemente la sua passione per i colori rossi: «Mio padre simpatizzava per il club sin dagli anni ’70, il Liverpool era già allora molto forte in Europa. Quando ho iniziato a capirci qualcosa di calcio, avevo già un’immensa passione per i Beatles. Tra le sue influenze, la musica e la politica, ho finito per appassionarmi alle vicende del Liverpool». Quest’anno, in Premier League, è arrivata l’ennesima batosta difficile da digerire, con un campionato perso nonostante 97 punti fatti, uno in meno del Manchester City: «In realtà il tifoso del Liverpool è ormai talmente tanto abituato a soffrire che se ne fa una ragione», spiega ironicamente Carlotta. «Ci abbiamo sperato fino alla fine. Sicuramente è qualcosa di molto sentito ma se chiederai a qualsiasi tifoso di calcio se sia meglio vincere il campionato o la Champions, ti risponderà che che preferirebbe la seconda. Certamente però è difficile accettare la sconfitta in questa Premier League, perché spesso il Liverpool è stato sopra di molti punti, bastava gestirsi meglio ma la squadra non ci è riuscita». Due i giocatori avversari temuti maggiormente in vista della gara di Madrid: «Nel momento in cui si è fatto male Kane, tutti erano abbastanza contenti perché lui è fortissimo. Ma il Tottenham ha mostrato che, anche senza di lui, è una squadra molto forte, battendo una compagine lanciatissima come l’Ajax. Anche Son è un giocatore molto valido, mi piace tanto». Li porterebbe nella sua squadra? «Difficile dirlo, perché il Liverpool secondo me è completo come squadra così com’è. Però magari, per risolvere certe partite delicate o rimontarne altre, forse proprio Son potrebbe fare al caso dei Reds, anche solo per fare da ricambio come adesso sta facendo Shaqiri. Certo è che poi sarebbe difficile mettere in panchina un giocatore così». La Finale tutta inglese è anche e soprattutto la rivincita di un movimento molto spettacolare ma spesso criticato: «Dopo anni e anni in cui si è parlato del calcio inglese come di un campionato vivo ma scarso a livello tattico, penso che la doppia finale europea sia una bella smentita di quanto è stato detto. Poi ovvio, le gare a eliminazione diretta e quelle secche sono diverse dalle partite di Premier League ma il dominio europeo è una bella dimostrazione di concretezza».
Non ci resta, dunque, che attendere domani: Tottenham-Liverpool non potrà che assecondare le aspettative, incoronando – in ogni caso – una squadra meritvole di successi e di stima, anche per il cuore di molti italiani.