Come di consueto, sul finire di maggio a Milano si svolge il festival del MI AMI, una tre giorni durante la quale è possibile assistere alle esibizioni dei principali nomi della musica popolare italiana attuale, dagli emergenti ai già affermati. Fra i personaggi che hanno calcato il palco della manifestazione milanese di quest’anno compare quello di un rapper quantomeno bizzarro, probabilmente inaspettato, ma di certo non fuori posto: Pippo Sowlo, progetto musicale nato per caso nella periferia di Roma già nel lontano 2014, ma che ha iniziato a diventare virale solo in tempi più recenti. Il successo del rapper capitolino è dovuto principalmente al suo stile goliardico e ironico, dettato dal cattivo gusto, con i suoi brani che a un primo ascolto potrebbero risultare molto indigesti per la crudezza dei temi trattati: sessismo, razzismo, discriminazione verso i disabili, misoginia. C’è chi in questo ci vede una banalizzazione delle pratiche appena elencate, liquidando Pippo come un personaggio che fa del tanto facile quanto disgustoso black humour, mentre c’è chi ne esalta la vena ironica e dissacratoria. Fra queste due distantissime visioni, dove si colloca effettivamente Pippo Sowlo? Andiamo allora ad analizzarne la breve carriera, cercando di evidenziare come funzioni il meccanismo comico nei suoi brani e per quale motivo hanno successo.
Gli inizi e la svolta dark
Pippo Sowlo, come già anticipato prima, è nato casualmente: due studenti universitari del quartiere Torre Gaia di Roma, i fantomatici Filippo e Carlo, decidono per gioco di dare il via a questo progetto musicale. Il primo singolo che i due giovani realizzano è proprio dedicato al loro quartiere e si intitola Torre Gaia $tate of Mind, cui seguirà poco dopo Always do the Spia: nonostante l’artigianalità del progetto in questa prima forma, è già possibile cogliere la vena ironica di Pippo Sowlo. In particolare, Always do the Spia mostra subito bene la direzione che prenderà il nostro: omaggiando (o schernendo) nel titolo lo storico side-project del TruceKlan In the panchine, in questa commistione di lingua italiana e inglese, Pippo Sowlo ribalta la prospettiva del gangsta rap. L’intento comico è chiarissimo: nell’immaginario del rap, dove i protagonisti sono in perenne contrasto con la legge, sentire questo autoproclamato amico delle guardie che minaccia di raccontare tutto quello che sa alla polizia in uno stretto romanesco di strada è quanto meno esilarante.
Per un paio di anni non si hanno notizie di Pippo Sowlo: d’altronde si trattava (e tutt’ora lo è) fondamentalmente di un gioco, niente di più che il risultato di due giovani annoiati che cercano di ammazzare il tempo in qualche modo. Nel febbraio del 2017 ecco che esce un terzo video dal titolo molto diretto, sulla base di Hotline Bling di Drake: Fregne mutilate. No, non si tratta di una canzone sullo spinoso tema della mutilazione genitale femminile dei Paesi mussulmani: Pippo Sowlo decide di tirare fuori un brano che definire provocatorio potrebbe sembrare poco. Il soggetto della canzone sono appunto le ragazze invalide, e proprio per questo motivo apprezzate da Pippo: l’insicurezza provocata dalle menomazioni rende le ragazze più facili da circuire per il perverso protagonista della nostra canzone. È da questo momento in poi che Pippo Sowlo inizia a diventare virale, trainato da questo torbido cattivo gusto dietro alle sue canzoni fra il rap, la trap e il pop: e allora ecco il negazionismo di Loteeto, l’inneggio al terrorismo jihadista di Bvtvclvn, il femminicidio di Poteva essere una bellissima storia d’amore ma e la violenza sulle donne di Sirvia.
Il fenomeno Pippo Sowlo
Una virata così decisa su temi delicati e spesso molto presenti nella cronaca odierna in realtà non è neanche troppo una novità per la scena rap italiana: un esempio sono stati i Lolocaust, il cui nome già rende bene l’idea della loro proposta musicale e che con molta più aggressività di Pippo Sowlo cantavano di stupro, violenza, razzismo e quant’altro e fra i primi a essere etichettati come lol rap. Allo stesso modo, uno dei nomi più noti del rap nostrano aveva realizzato un disco per certi versi simile: Fabri Fibra, che col suo Mr. Simpatia mette in mostra il lato peggiore della sua persona, dove però l’ironia sta quasi a zero e l’obiettivo è mettere in mostra le perversioni dell’essere umano. Tutto questo a dimostrazione che il nostro Pippo non si è inventato poi chissà che: l’esagerazione dei suoi testi va contestualizzata con l’intento chiaramente parodistico delle canzoni, spesso cover di successi altrui o esplicite citazioni. L’esempio più chiaro in questo senso è probabilmente Sirvia: su una base dall’evidente richiamo alla musica di Carl Brave e Franco126, incentrata sugli amori adolescenziali e dei primi vent’anni, Pippo descrive una relazione malata e perversa, in cui lui da protagonista perseguita la sua ex, a cui ha mollato un ceffone in un momento di ubriachezza. L’effetto comico non sta quindi nella violenza gratuita femminile, sembra quasi ridondante sottolinearlo, ma nel contrasto fra l’apparente innocenza del brano con l’effettivo racconto da parte del protagonista, stalker psicotico che si autoassolve rapidamente e continua a perseguitare questa povera ragazza. Di cattivo gusto, certamente, ma si può dire che qua ci sia una banalizzazione della violenza domestica o che si voglia veicolare questo messaggio? Basta un ascolto anche non troppo attento per rendersi conto che non c’è alcuna celebrazione del gesto violento, anzi, per come viene ritratto il protagonista è evidente che ci sia ben poco da prendere esempio.
Va inoltre detto che l’operazione compiuta da Pippo Sowlo non tocca solo temi scomodi legati alle minoranze, ma anche lui stesso è l’oggetto della presa in giro dei suoi brani. L’esempio più esilarante probabilmente è Condorello, con la partecipazione di Mortecattiva (fra le altre cose, uno dei membri dei già citati Lolocaust) e di Christian The Seeker, aka Matteo Corradini dei the Pills: in un mondo come quello del rap, dove la figura machista dell’uomo è predominante, quale può essere una umiliazione? Pippo ha trovato la risposta nell’organo genitale maschile: quale rapper si vanterebbe di avercelo piccolo? Qua, per quanto volgare, l’effetto comico è ancora una volta predominante e innegabile: Pippo Sowlo non si vergogna delle dimensioni esigue del suo membro, fregandosene di quello che le altre possono pensare e riducendo le sue relazioni col mondo femminile puramente alla sfera sessuale. Qua il linguaggio sfrontato del rapper, sempre in cerca di affermarsi sugli altri, diventa quindi una spiegazione della frustrazione maschile.
E se quanto appena detto non bastasse, Pippo Sowlo cala l’asso con la sua risposta al dissing lanciatogli da Inoki, indignato dal personaggio impersonato da Pippo. Re: Inoki riporta prima le accuse inviate via WhatsApp dal rapper della vecchia guardia, a cui Pippo risponde lanciandosi in una serie versi direttissimi, come da programma nelle regole del rap. Poi, però, di colpo, la musica rallenta, si frena, cambia l’atmosfera: e allora ecco che Pippo getta la maschera, dà ragione a Inoki, si dichiara un suo fan, confessa di nascondersi dietro al personaggio come meccanismo di difesa e si scusa. Un altro caposaldo del rap ribaltato quindi, sempre in favore di un effetto comico: il rapper che, invece di ostentare arroganza e ribattere colpo su colpo agli attacchi degli hater, abbassa la cresta, fa dietro-front e cerca di chiarirsi. (E comunque, pace fatta con Inoki).
Nella musica di Pippo Sowlo non c’è pretesa artistica, ma si cerca in tutti modi di costruire una battuta andando a pescare su temi molto delicati. Come dovremmo aver capito da anni ormai, è lecito scherzare su tutto, con la dovuta premessa che ciò sia fatto bene. Di esempi di questo genere ce ne sarebbero a migliaia, ma giusto per rendere l’idea prendiamo Mel Brooks, uno dei più grandi geni comici americani e spesso capace di far ridere con la sua presa in giro del nazismo: in particolare nel suo film del 1969 The Producers, sciaguratamente tradotto in Per favore non toccate le vecchiette e vincitore dell’Oscar alla miglior sceneggiatura originale, viene raccontata la storia di un produttore di Broadway che tenta di mettere in piedi il peggior musical possibile. Fra i copioni disponibili sceglie Springtime for Hitler, un musical nazista che celebra l’avvento del Führer al potere. C’è una vera esaltazione del nazismo in tutto ciò? Ovviamente no! Lo stesso Brooks è figlio di ebrei europei sfuggiti all’Olocausto e ha servito nell’esercito americano nella Seconda Guerra Mondiale: mentre per chi sta al di qua dello schermo il surreale ballo degli ufficiali delle SS che inneggiano a Hitler è evidentemente dissacrante e canzonatorio, il finto pubblico che assiste allo spettacolo all’interno del film se ne esce disgustato, salvo poi rientrare nella svolta veramente comica del film (che non riveliamo per non rovinare al lettore la sorpresa). Senza voler mettere sullo stesso piano Mel Brooks e Pippo Sowlo, c’è l’elemento in comune di cercare di far ridere affrontando temi così pesanti e drammatici. Il rischio di far storcere il naso a qualcuno è sicuramente presente, ma alla fine è il pubblico a stabilire se un prodotto sia effettivamente offensivo o no. In questo senso, la risposta degli ascoltatori di Pippo Sowlo pare chiara: il rapper capitolino riesce a far ridere parlando di temi spesso tabù, una cosa per niente facile e inevitabilmente controversa.