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Giulia Bodo e una strana campagna elettorale

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Luigi Bonarrigo

Se l’ennesimo capitolo dell’eterna campagna elettorale italiana non è stato scevro da toni aspri e attacchi senza quartiere, un posto d’onore lo merita il susseguirsi di diatribe che hanno animato la vita politica di Vercelli. Nel capoluogo di provincia piemontese, infatti, un batti-e-ribatti polemico tra destra e sinistra ha animato la sfida per le elezioni comunali cittadine, vinte al ballottaggio dal centrodestra. Carnefice prima e “vittima” dopo è stato l’onorevole leghista Paolo Tiramani. Il politico valsesiano, infatti, il 3 giugno era salito alla ribalta delle cronache nazionali per un post giudicato come sessista dai più: nell’immagine postata su Facebook, infatti, il deputato Tiramani metteva a paragone l’immagine abbellita da manifesto elettorale del candidato del centrosinistra Maura Forte con un’indecorosa foto della stessa Forte scattata in chissà quale occasione.

La querelle ha visto poi la nascita di un nuovo capitolo domenica 9 giugno, giorno del ballottaggio nella città bicciolana. Arena dello scontro è sempre la piazza virtuale di Mark Zuckerberg. Protagonista, questa volta, è Giulia Bodo. Attivista per i diritti omosessuali, iscritta a +Europa, Giulia è anche sorella del candidato sindaco del partito di Della Vedova, Federico Bodo. «Chissà che a forza di fare politica sulla pelle della povera gente, uno un giorno si pieghi a raccogliere il telefono in macchina mentre guida», scrive Giulia Bodo a Tiramani facendo riferimento all’incidente in cui nel giugno 2016 è morto Gianluca Buonanno, eurodeputato, più volte sindaco di diversi paesi della Valsesia e grande amico di Tiramani.

Il commento di Giulia Bodo al centro delle polemiche, lasciato in un post sul profilo del parlamentare leghista Paolo Tiramani.

Non si sono fatte attendere molto le prese di posizione delle forze politiche coinvolte. Federico Bodo, coordinatore del gruppo +Europa Vercelli, prende le distanze dalla sorella Giulia: «Tengo a sottolineare che lei non parla né a nome mio, né a nome del Partito che in sede locale rappresento. Trovo fuorvianti i titoli che declamano augurio di morte a chicchessia, ma tengo ad evidenziare come la nostra campagna elettorale si sia distinta per correttezza, focus sul merito degli argomenti e assoluta assenza di riferimenti personali. Questo è il nostro movimento e questo rimane il mio intento come Coordinatore». Il candidato sindaco del centrosinistra, Maura Forte, la cui coalizione vedeva al suo interno +Europa, ha subito preso le distanze dal post incriminato. Il caso, però, crea così tanto clamore da varcare i confini della città risicola e arriva a coinvolgere il direttivo nazionale del partito europeista, con il leader politico, il moderato Della Vedova, che si scusa con Tiramani e sventola la possibilità di un’espulsione dell’attivista vercellese dal partito che fu Radicale, scatenando una bagarre nei commenti tra la componente più liberale del movimento e quella più moderata.

In tutto questo marasma, abbiamo interpellato la diretta interessata, Giulia Bodo, per chiederle cosa ne pensasse del vespaio mediatico che è nato in seguito alle sue parole e come vivesse la vicenda che l’ha vista, suo malgrado, coinvolta.


Innanzitutto, com’è nata questa polemica e questo caso mediatico?

«Non so come dirti. Un pregresso non c’è, diciamo che Tiramani e vari esponenti di destra (e non solo) nei miei confronti e nei confronti della mia famiglia, in passato, hanno avuto tutto fuorché espressioni politically correct. Ma ci tengo a precisare che quella battuta che ho fatto non era una ripicca, non era una vendetta, era una battuta. Una battuta di black humor, dato che sono una persona abbastanza cinica e non accetto che ci possano essere dei temi che sono tabù».

Non ritieni quindi di doverti scusare…

«Non ritengo di dovermi scusare né ritengo di aver fatto niente di male, perché ho solo fatto una battuta sulla caducità della vita.
Credo nel principio di causa ed effetto, credo che nella vita chi mette in circolo energia positiva da questa verrà ripagato. Credo di aver messo in circolo delle energie positive con la mia battuta, dato che l’ho fatta ad una persona che ogni giorno lede la dignità degli altri, con le sue parole, senza nemmeno rendersene conto, per farla riflettere sul fatto che quell’evento che ho menzionato potrebbe capitare anche a lui. Certo, il pensiero sottostante era che se passate le giornate a godere delle morti in mare di gente che secondo voi è nata dalla parte sbagliata del mondo non vi dovete poi indignate se offendiamo la memoria di Buonanno, che, per inciso, era un razzista, omofobo e che, tra l’altro, io non ho nemmeno nominato e non avevo alcun interesse a nominare.

Ho fatto una battuta riferita ad un incidente che può capitare, chi ci ha voluto vedere Buonanno ce l’ha visto. Sinceramente io il riferimento l’ho trovato abbastanza “black” e ammetto di aver riso, così come avrà fatto chiunque apprezzi il black humor. A mio modo di vedere, sono convinta che sia semplicemente una questione di mancata comprensione del sarcasmo e della satira. Non vedo perché devo avere delle remore nel fare una battuta solo perché viene presa come un affronto alla lesa maestà dei leghisti. Siamo nel 2019 e abbiamo ancora un diritto alla libertà di espressione».

Però le critiche sono giunte anche da forze politiche a te vicine.

«Mi spiace che il mio punto di vista non sia stato capito da tanti che, in teoria, dalla mia parte ci stanno e che sono pronti a cambiare idea su di me nonostante ormai siano almeno dieci anni che mi spendo per le battaglie liberiste e libertarie su tutti i fronti, dal chiedere la rimozione del crocifisso quando sono andata a votare, al mio sbattezzo che ho reso pubblico, lo sciopero della fame per il 41bis di Provenzano nel 2014 o per la Diciotti quest’anno. Insomma, penso si possa dire tutto tranne che io non sono una persona che si impegna direttamente per cambiare ciò che non le piace e il fatto che qualcuno metta in discussione il mio impegno decennale per colpa di una battuta mi fa pensare che quel qualcuno, forse, non sia particolarmente intelligente e che l’ho sopravvalutato. Pazienza».

Non credi che in questa campagna elettorale si sia andati un po’ troppo oltre, si siano alzati un po’ troppo i toni?

«Sì, assolutamente. Ma ricordiamo anche che i toni beceri li ha portati nella politica il Movimento 5 Stelle. Da laureata in scienze politiche ricordo i toni dell’epoca Berlusconi, il Bunga Bunga ecc. Poi da lì si è arrivati al Vaffanculo Day, la mancanza di rispetto nei confronti delle istituzioni con insulti, eccetera. Ripeto, però, che non credo che quello che ho affermato io si configuri come augurio, un augurio è un’altra cosa e invito tutti a controllare sul dizionario. La strumentalizzazione delle mie parole è chiara, così com’è chiaro che Tiramani non aspettasse altro e che forse il mio unico errore sia stato quello di servirgliela su un piatto d’argento, ma non mi riconosco nelle accuse che mi sono state rivolte e non mi sento una persona diversa da quella che ero prima solo perché ho fatto una battuta che la gente non capisce».

Sei stata vittima di una strumentalizzazione, quindi.

«Beh sì, perché questa gente è la stessa che sostiene il Congresso delle Famiglie, che sostiene il ministro Fontana, quello che afferma che il Pride è una carnevalata, che i gay fanno schifo. C’è una serie di diritti che io vedo in pericolo e non ritengo che si possa continuare a combattere con le stesse armi della condiscendenza, del “va beh lasciamoli lavorare” eccetera. L’unica garanzia che abbiamo è l’Europa, a livello nazionale così come a livello locale, dato che, in più piccolo, le situazioni sono le stesse».

Hai subito degli attacchi dopo il tuo post su Facebook?

«Dopo aver fatto la battuta ho ricevuto un sacco di minacce di morte, ho tutti gli screenshot chiaramente. Ho gli screenshot di tutta la gente che diceva che ho bisogno di un TSO, che mi merito la morte. Il livello è quello, e tutto per una battuta. Non credo di meritarla io la gogna mediatica onestamente. Magari la gogna mediatica la meriterebbe un Deputato della Repubblica Italiana che fa continui attacchi ad personam, che usa il corpo delle donne come argomento di discussione. Non mi aspetto che un funzionario pubblico si relazioni così coi cittadini a cui deve rendere conto, dato che gli pagano lo stipendio. Tra quei cittadini ci sono anche io. Forse il mio modo di agire è stato impulsivo, forse il mio continuo ascoltare di “Magari muori” di Taffo mi ha fatto pensare che una battutina, in quella circostanza, ci stesse bene».

Guardando alla prospettiva un po’ più generale, pensi che per evitare certe situazioni sia necessario porre un freno, un limite, alla libertà di espressione se si toccano certi argomenti?

«Secondo me dovrebbe essere stabilito un limite, per evitare che si scenda in terreni irrecuperabili. Il che non vuol dire limitare la libertà di pensiero, ma fascismo e razzismo non sono libertà d’opinione, sono dei reati e bisogna smettere di istituzionalizzarli, perché è proprio l’istituzionalizzazione dell’odio che porta a tutto questo e, anche chi, chiaramente, vorrebbe rapportarsi con rispetto alle istituzioni e alle opinioni reciproche, dal momento in cui viene offeso sul personale poi ovviamente sta zitto fino ad un certo punto. C’è gente che dalla sera alla mattina pretende di sindacare su diritti acquisiti delle persone e per forza poi questo scatena una reazione nella controparte. D’altra parte io sono una Radicale da sempre e credo fermamente negli strumenti della disobbedienza civile e della protesta non violenta. Non andrò mai in giro a picchiare nessuno e, anzi, non ho intenzione di farlo, da non-violenta da sempre quale io sono».

Ragionando in termini meramente politici, pensi che questa tua discussione possa aver danneggiato il sindaco uscente di Vercelli, Maura Forte?

«Ma guarda, se io posso aver contribuito ad aver spostato anche solo la metà dei 1500 voti che la separavano dal candidato sindaco del centrodestra, magari avrei potuto pensare di candidarmi io al posto di mio fratello, ma non credo proprio di avere tutto questo potere.
Non credo proprio di aver dato un qualche contributo né in un senso né in un altro».

Della Vedova si è esposto con un post su Facebook riguardo la tua posizione, cos’è successo?

«Di +Europa ci sono due piani: su quello locale sono state prese le distanze da parte di mio fratello, candidato sindaco, che ha semplicemente detto che io sono un’iscritta ma che non parlo a nome del partito, non essendo una candidata. Ho partecipato agli eventi di +E perché credo agli ideali di quel partito, se rimangono quelli… E qui subentra il secondo piano, quello nazionale. Benedetto Della Vedova ha ritenuto di scusarsi con Tiramani, di non interpellarmi e di paventare una mia espulsione sulla pagina di +Europa. Questo ha scatenato una “insurrezione” da parte della corrente radicale che conosce la mia militanza e che si domanda che partito liberale e libertario possa essere +Europa se senza colpo ferire si espelle un iscritto. In realtà, per ora, io non so niente. Non mi è stato notificato alcun provvedimento da parte del [direttivo] nazionale di +Europa e a parte questo post su Facebook io non sono a conoscenza di nient’altro. Certo che se dovessero procedere in questo senso pazienza, probabilmente allora non è il partito in cui ho creduto».

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