Ogni anno finiscono nell’oceano circa otto milioni di tonnellate di plastica. Senza soluzioni concrete, entro il 2050 sarà un oceano di plastica a bagnare le nostre coste, ricco più di rifiuti che di pesci. È critica la situazione in molte spiagge italiane: «per ogni passo che facciamo sulle nostre spiagge incrociamo più di cinque rifiuti, dieci ogni metro. Per lo più sono plastica, un frammento ad ogni passo», fotografa la situazione Legambiente, «ma i rifiuti in spiaggia e sulla superficie del mare rappresentano appena il 15% di quelli che entrano nell’ecosistema marino». Salvaguardare la salute degli oceani non è essenziale soltanto per la sopravvivenza delle specie che li abitano, ma anche per la nostra. E lentamente ce ne stiamo accorgendo. In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, lo scorso 8 giugno, sono state numerose le iniziative partite dal basso per ripulire le nostre spiagge. Noi abbiamo partecipato alla raccolta di rifiuti organizzata dai ragazzi di Ostia Clean-Up, un gruppo spontaneo di volontari nato a metà marzo 2019, scelto dall’organizzazione americana Parley for the Oceans come rappresentante per l’Italia. Simultaneamente, infatti, sono stati organizzati clean-up in altri paesi come Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Indonesia e Sri Lanka. Quella ambientalista è quindi una partita da giocare a livello globale e digitale, e le nuove generazioni sono i soggetti che più sembrano in grado di raccogliere la sfida. I fondatori di Ostia Clean-Up, infatti, non hanno più di trent’anni: sono Giordano, 24 anni, neolaureato in disastri ambientali e cambiamento climatico all’Università di Lund, in Svezia; Bruno, un ragazzo di 26 anni che studia Ingegneria Meccanica presso l’Università di Roma 3 e fa anche il tecnico part-time; e infine Alessio, un ragazzo di 30 anni che fa l’infermiere. Il loro invito ad unirsi per pulire la spiaggia dell’ex Amanusa lo scorso 8 giugno è stato raccolto da decine di persone.
«È stato veramente emozionante per noi poter organizzare con Parley for the Oceans un evento come quello dell’8 giugno», ci dice Giordano, con il quale abbiamo scambiato due chiacchiere. «Abbiamo capito come, anche partendo da un quartiere come Ostia, si può entrare a far parte di un circuito molto più grande che porta cambiamenti a livello globale».
Che cos’è e com’è nato Ostia Clean-Up?
«Ostia Clean-Up è nato dal bisogno di ripulire le spiagge del nostro quartiere. Dopo di che il gruppo si è allargato e abbiamo deciso di occuparci anche di pineta e parchi pubblici, organizzando un evento di pulizia con cadenza settimanale – solitamente il sabato mattina. In parallelo, abbiamo deciso di svolgere sui social anche un lavoro di sensibilizzazione verso un utilizzo consapevole della plastica e scelte quotidiane che possano ridurre l’impatto ambientale di ogni cittadino per risolvere il problema alla fonte».
Cosa ha spinto dei ragazzi a darsi da fare per la prima volta, consapevoli che il cammino per ottenere dei risultati è ancora lungo, se non infinito?
«Lo scorso autunno mi trovavo in Indonesia per un tirocinio e insieme all’organizzazione per cui lavoravo abbiamo creato dei clean-up con la comunità locale per risolvere un problema che lì è veramente immenso. Così, una volta tornato a Ostia, ho deciso di continuare il lavoro dove sono cresciuto. Sinceramente non ci aspettavamo di avere un seguito così grande, quindi all’inizio ero da solo, la volta successiva in sei. La terza in quaranta. Tutta questa spinta dai nostri amici, ma soprattutto da sconosciuti che ci hanno contattato per unirsi a noi, ci ha dato la motivazione per creare la pagina facebook e fare le cose per bene, con continuità. I risultati ovviamente non li otterremo nella pulizia in quanto tale, perché ci stiamo rendendo conto che le aree in cui siamo intervenuti poche settimane fa sono di nuovo in situazioni di degrado. L’obiettivo a lungo termine è quello di sensibilizzare i cittadini a dei comportamenti più sostenibili e coinvolgere più gente possibile per spargere la voce».
Cos’è cambiato dal primo clean-up?
«Tantissime cose. Innanzitutto, abbiamo imparato a rimediare ai nostri errori: ovviamente all’inizio eravamo inesperti e non sapevamo come gestire gruppi così grandi di persone. Con il tempo, grazie a consigli, collaborazioni e ricerca, abbiamo trovato una coordinazione tra noi tre e una metodologia che troviamo ottimale per gestire sia le pagine social che gli eventi pratici in spiaggia. Adesso siamo molto più conosciuti ed è più semplice creare partnership con realtà simili alla nostra dove possiamo dare e ricevere supporto. Stiamo facendo anche in modo di avere un’attrezzatura nostra per equipaggiare i volontari – guanti, sacchi e pinze – in modo che chiunque si possa unire a noi in qualunque momento».
Quanto vi sono stati d’aiuto i social per farvi conoscere e raccogliere volontari?
«Direi che sono stati fondamentali. Per quanto ci piacciano i mezzi di comunicazione tradizionali, abbiamo capito che con la rivoluzione digitale è molto più semplice farsi conoscere e spargere la voce. Specialmente in una realtà come quella di Ostia, che reputiamo una città ma anche un paese allo stesso tempo, è stato relativamente semplice farci aiutare dai nostri amici per diffondere il verbo di Ostia Clean-Up: soprattutto nella nostra generazione, anche solo di vista ci conosciamo più o meno tutti. Ma grazie ai social siamo stati in grado di coinvolgere qualunque generazione – dai piccini ai più grandi – e di crescere molto velocemente. Ci appoggeremo sicuramente a questo strumento in futuro per continuare a crescere molto di più anche oltre i confini di Ostia».
Fate parte di Clean Up Italia, una rete virtuale che mette in contatto tra loro gruppi e associazioni che hanno avviato azioni concrete in tema di salvaguardia e sensibilizzazione ambientale in tutta Italia. Oltre a questa rete che vi collega con le realtà di tutto il paese, avete intenzione di allargare il vostro raggio d’azione?
«Per il momento intendiamo focalizzarci su Ostia, dove già riuscire a ottenere dei risultati concreti sarebbe un risultato incredibile. Il passo successivo sarà quello di allargarsi su Roma e fare qualcosa di concreto oltre il mero livello municipale. Clean-Up Italia è sicuramente un bel punto di riferimento che si sta sviluppando in queste settimane. Stiamo cercando di coordinarci tra i vari gruppi sia per consigli e dibattiti su temi attuali relativi all’ambiente, che per creare eventi simultanei dove piccoli sforzi a livello locale possono essere tradotti in un importante contributo nazionale alla salvaguardia del pianeta. Nel frattempo sto anche facendo ricerche su gruppi che operano all’estero, dove c’è un’altra concezione ambientale rispetto all’Italia. C’è molto da imparare. Chissà se viaggiando ci sarà la possibilità di creare anche qualche partnership transnazionale. A piccoli passi si può fare tutto. Adesso che Ostia Clean-Up è in contatto con Parley for the Oceans cercheremo ovviamente il loro supporto e di creare altri appuntamenti insieme. Abbiamo già in programma un altro clean-up in collaborazione con loro per la fine di luglio – probabilmente il 20 – dove faremo parte del tour italiano di pulizia spiagge che stanno svolgendo quest’estate».
Il fatto che questo tipo di impegno venga dal basso, e soprattutto dai giovani, è sintomo di un positivo e ritrovato senso civico, ma d’altra parte non sottolinea anche un certo disinteresse da parte delle istituzioni?
«Sicuramente se le istituzioni, sia a livello nazionale che locale, negli ultimi anni avessero portato avanti un impegno effettivo verso la lotta alle plastiche monouso, al cambiamento climatico e al degrado ambientale, oggi non si sarebbero mobilitati così tanti giovani per portare avanti una rivoluzione globale verso un pianeta più verde. Tuttavia crediamo anche che a volte le istituzioni non abbiano i mezzi per fare tutto il lavoro, ma che debbano essere sempre accompagnate da un dovere civico da parte dei cittadini. Questa non vuole essere una giustificazione verso la mancanza di azioni, ma piuttosto un incentivo per collaborare in futuro verso il raggiungimento di un obiettivo comune. Purtroppo ci stiamo muovendo talmente in ritardo, che l’unico modo per ottenere dei risultati è farlo insieme. Per questo oltre che denunciare le mancate azioni delle istituzioni, è fondamentale rimboccarsi le maniche e cominciare a fare qualcosa per salvare il pianeta».
Poco fa ci sono state le elezioni europee. I partiti ambientalisti hanno ottenuto ampi e soddisfacenti risultati negli altri paesi, ma non in Italia: i Verdi non sbarrano nemmeno la soglia del 3%. Pensi che il loro programma non sia adeguato a raccogliere la sfida ambientalista?
«Non credo che la responsabilità sia del programma, ma della popolazione votante. Come dicevo prima, in altri paesi c’è una cultura e un’educazione diversa nei confronti dell’ambiente. Ho recentemente vissuto un anno in Svezia e mi sono subito accorto di come già dai più piccoli ci sia maggiore attenzione e rispetto per la natura. In Italia ha preso il 34% un partito che non solo fino a poco tempo fa si rifiutava di riconoscere anche solo l’esistenza del cambiamento climatico, ma che nel suo programma attuale non menziona praticamente mai la questione ambientale. Purtroppo sia certi partiti che una gran parte della popolazione non riconoscono la crisi che stiamo vivendo e danno priorità a tematiche secondarie che fanno perdere il senso di ciò di cui abbiamo bisogno ora. È per questo che è fondamentale portare avanti dei programmi di sensibilizzazione, a partire dai più piccoli e quindi dalle scuole. Magari tra qualche anno anche con lo stesso programma dei Verdi vedremo dei risultati completamente diversi. Vorrei sottolineare che il fatto che gli italiani residenti all’estero abbiano dato il 10% ai Verdi sia sintomatico dell’inconsapevolezza che si vive all’interno dei nostri confini».
Negli ultimi mesi, però, è aumentato l’interesse per l’ambiente, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Penso a Greta Thunberg e al movimento Fridays For Future.
«Credo che sia assolutamente positivo oltre che necessario. Per quanto Greta sia stata attaccata da ogni dove con accuse di strumentalizzazione e quant’altro, ciò che vedo io sono tantissimi giovani che seguendo il suo esempio hanno cominciato a fare qualcosa di concreto e a scendere in piazza. Negli ultimi mesi i media finalmente hanno cominciato a dare priorità a temi come il cambiamento climatico, cosa che precedentemente veniva sempre posta in secondo piano. Credo che grandissima parte di questo successo sia dovuta a Greta e al movimento Fridays for Future, motivo per cui vanno soltanto elogiati.
Per quanto siano oggettivi l’inconsapevolezza italiana a livello ambientale o i numerosi problemi che ci sono a Ostia, l’inizio di questo progetto ha riacceso in me tantissime speranze. Fin da subito ci siamo sentiti spinti e sorretti da tantissime persone del nostro quartiere, che raccolta dopo raccolta hanno smontato tantissimi degli stereotipi che ci circondano sui giornali ogni giorno. Quindi, per quanto io stesso a volte sia cinico e creda che stiamo veramente indietro rispetto ad altre realtà, Ostia Clean-Up mi ha fatto capire che una volta data la giusta motivazione, la gente risponde e sa farsi valere. Diciamo che c’è ancora speranza per il futuro».