Il 25 giugno 2019 il governatore dell’Illinois, J.B. Pritzker, ha firmato la legge con cui sono stati legalizzati l’uso e la vendita della cannabis in tutto l’Illinois a partire dal 1 gennaio 2020. Si tratta dell’undicesimo Stato membro degli Stati Uniti a legalizzare completamente la cannabis, dopo Alaska, California, Colorado, Illinois, Maine, Massachusetts, Michigan, Nevada, Oregon, Vermont e Washington. Il numero degli Stati dove è legale vendere e acquistare marijuana aumenta ancora se si considerano il District of Columbia (dove però è vietata la vendita privata) e i territori delle Isole Marianne Settentrionali e Guam. Una cifra piuttosto curiosa, essendo gli Stati Uniti la nazione dov’è nato il proibizionismo. Com’è stato possibile, allora, sensibilizzare la popolazione e convincere i politici locali dei benefici della legalizzazione?
In realtà, le leggi sulla legalizzazione della cannabis non sono mai state approvate bipartisan. Il binomio Democratici-Repubblicani in questo caso viene rispettato alla lettera. I primi sono a favore della legalizzazione, i secondi invece hanno posizioni prevalentemente conservatrici. Gli Stati dove è legale vendere e consumare marijuana sono tendenzialmente a maggioranza Democratica. Il Partito che abolì il proibizionismo emendando la costituzione nel 1933, si pone oggi a difesa delle droghe leggere, tuttavia con le dovute eccezioni. Tra i candidati alla presidenza nel 2020, infatti, nessuno spicca per posizioni proibizioniste, anzi. È, più che altro, una questione di priorità: candidati come Cory Booker spingono per la legalizzazione a livello federale, mentre altri più restii come Julián Castro vorrebbero maggiori controlli.
Si tratta di un argomento delicato un po’ ovunque: in Italia, ad esempio, è sempre stato un tabù. La religione è sicuramente un fattore decisivo. Tuttavia, in America la libertà individuale è ritenuta più importante dei pregiudizi religiosi. E, al netto dei discorsi puramente ideologici, sono le ragioni politico-economiche ad aver inciso nella diffusione dei movimenti a favore della legalizzazione.
Lo Stato ad aver beneficiato maggiormente della legalizzazione della cannabis è stato il Colorado. Il Centennial State è stato il primo Stato americano a legalizzare l’uso della cannabis a scopo ricreativo nel 2013, anche se i prodotti sono stati lanciati sul mercato nel 2014. Il mercato della cannabis è aumentato di anno in anno, così come le entrate dei venditori. Si stima che quest’anno, addirittura, si raggiungerà la cifra record di 1 miliardo e mezzo di dollari di vendite.
Leggermente diverso l’impatto che ha avuto la cannabis sulla società e sul numero dei reati commessi sotto l’effetto delle droghe leggere. Contrariamente a quanto si pensava, il consumo tra i giovani non è aumentato, anche se la ragione principale delle espulsioni dai licei è stata lo spaccio. Nessun effetto sul numero di diplomati, mentre è in leggero aumento la dispersione scolastica dovuta al consumo della cannabis. Diminuiscono infine il numero di arresti totali, specialmente per quanto riguarda la guida sotto effetto di stupefacenti, mentre aumentano le piantagioni illegali e la percentuale dei ricoveri in ospedale per tossicodipendenza.
Insomma, tanti miti sfatati, ma anche molti campanelli d’allarme che fanno storcere il naso anche ai più fieri pro-legalizzazione. La pericolosa diffusione, seppur non su larga scala, del mercato nero gestito dalle mafie non è un buon segno. È evidente l’indotto economico creato dal mercato della cannabis negli Stati Uniti. Ciò che invece è quasi invisibile, sono le conseguenze sociali della legalizzazione.
Secondo uno studio di BDS Analytics, il solo fatto di aver legalizzato la cannabis ha completamente cambiato atteggiamenti, opinioni e comportamenti dei californiani riguardo a essa. La stigmatizzazione delle droghe leggere in California sarebbe in procinto di estinguersi, secondo questo studio. L’indagine è stata condotta su un campione di 1001 abitanti della California, divisi in tre gruppi: i consumatori, ovvero quelli con un’età media di 39 anni che consumano regolarmente cannabis; gli acceptors, che hanno un’età media di 49 anni e non hanno mai consumato droghe leggere, ma potrebbero in futuro; e infine i rejecters, con un’età media di 56 anni, contrari alla cannabis. Il dato più ovvio che presenta questo studio è l’aumento in generale del consumo di cannabis. Molti di coloro che prima erano acceptors sono diventati a tutti gli effetti dei consumatori, mentre i rejecters sono quasi scomparsi.
«Le cose stanno cambiando così in fretta», ha dichiarato Linda Gilbert del BDS Analytics. «Stiamo già osservando importanti spostamenti in pochissimo tempo, e questo ha sicuramente a che fare con la legalizzazione, la nuova distribuzione della cannabis e la diffusione di brand influenti», ha infine spiegato Gilbert. Un fenomeno, dunque, pervasivo in tutto e per tutto, che è riuscito a farsi strada in mentalità storicamente arretrate, ancorate al pensiero proibizionista dei primi anni ’20 dello scorso secolo.
Sorge quindi spontanea una domanda: perché gli Stati Uniti non hanno ancora legalizzato a livello federale la cannabis? La risposta potrebbe sembrare banale, ma in realtà non lo è: l’assetto politico degli USA, ovvero una repubblica federale, talvolta è un ostacolo quasi insormontabile. Nonostante la vendita e il consumo della cannabis sia depenalizzato quasi ovunque, è piuttosto improbabile che il numero degli Stati favorevoli aumenti a sufficienza nei prossimi anni. Molto dipende da chi arriverà alla Casa Bianca, è vero, ma ad un programma non sempre corrisponde una volontà politica.
Una legalizzazione a livello federale farebbe inoltre lievitare il mercato interno, ma avrebbe effetti su tutto il continente nordamericano che forma l’USMCA (ex NAFTA). Il Canada ha legalizzato la cannabis l’anno scorso, mentre il Messico ha già approvato una legge che permette di usare la marijuana a scopi terapeutici. Il gruppo di ricerca Arcview ha calcolato che una legalizzazione della cannabis in tutto il Nord America porterebbe entrate per circa dieci miliardi di dollari. Un mercato immenso, a cui USA e Messico stanno tuttora rinunciando e rinunceranno per altri anni ancora, nonostante l’opinione pubblica sia a favore della legalizzazione, come dimostra questo sondaggio del 2017 di Gallup.
Tra le altre ragioni per cui non c’è stata nessuna legalizzazione a livello federale, occorre ricordare la preoccupazione del legislatore che il consumo giovanile possa aumentare. Un timore smentito dai dati. Infatti, un aspetto interessante che si può notare in quegli Stati dove è avvenuta la legalizzazione è la stabilizzazione del consumo giovanile. Nonostante nei primi anni si registri un incremento, dopo un po’ la percentuale tende a rimanere costante, come hanno dimostrato i dati del Colorado. Infine, l’agenda politica dei principali partiti statunitensi non è incentrata sulla legalizzazione, un tema ritenuto secondario, lasciato alle amministrazioni locali che stanno gradualmente prendendo provvedimenti con uno scopo ben preciso: la legalizzazione.
I pro-legalizzazione dovranno perciò aspettare. Aspettare che il numero di Stati che hanno legalizzato aumenti, com’è successo con i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Soltanto allora, quando la legalizzazione non sarà più prerogativa di poche realtà, qualcosa succederà. Una sentenza della Corte Suprema potrebbe essere la soluzione definitiva, ma anche quella sembra lontana (l’ultima volta che c’è stato un caso rilevante nel 2004, il caso Gonzalez v. Raich, la Corte si è pronunciata contro la vendita e l’uso a livello locale della cannabis), vista la composizione attuale e futura della stessa SCOTUS. Resta infine improbabile anche una legge approvata dal Congresso ed un’utopia un emendamento alla costituzione.