Alla sua terza stagione rilasciata lo scorso 4 luglio su Netflix, Stranger Things si conferma un fenomeno seriale mondiale capace di totalizzare oltre 40 milioni di visualizzazioni in quattro giorni. Lo show creato dai fratelli Duffer – una produzione originale Netflix – è una serie televisiva che intreccia fantascienza, horror e dramma, ambientata negli anni Ottanta in una cittadina di provincia americana e con protagonisti un gruppo di bambini/ragazzi alle prese con le creature mostruose di una dimensione parallela – il cosiddetto Sottosopra – che sconfina nella loro vita quotidiana continuamente. La serie deve la sua fortuna alle doti interpretative dei giovanissimi attori, alle presenza di qualche volto noto del cinema (Winona Ryder) e all’ambientazione temporale che riecheggia la giovinezza di moltissimi spettatori e strizza l’occhio a coloro che hanno vissuto gli anni Ottanta in differita.
Prima di proseguire, avvertiamo che in questa recensione ci sono alcuni spoiler.
Eleven (Millie Bobby Brown) aveva chiuso il portale del Sottosopra nell’episodio finale della seconda stagione di Stranger Things, ma qualcosa è andato storto anche stavolta, come se quella dimensione oscura e mostruosa restasse tenacemente attaccata alla realtà. Hawkins, Indiana, non è una cittadina americana come le altre: i topi si comportano in modo strano, qualcosa sta divorando i prodotti chimici degli abitanti della comunità e le persone stanno scomparendo. Lo sanno bene i giovani protagonisti dello show – Mike, Dustin, Lucas, Will, Eleven e Max – che in passato hanno dovuto lottare contro le creature raccapriccianti sbucate dal Sottosopra. Il cervello pensante di questa dimensione è il mostro ombra (Mind Flayer, ndr), un essere gigantesco dalle fattezze di un ragno che governa tutti gli organismi del Sottosopra. Non totalmente estirpato da Hawkins nella seconda stagione di Stranger Things, il mostro ombra sta creando un esercito di combattenti per ottenere il dominio totale della cittadina, impossessandosi di alcuni abitanti e servendosene per i propri scopi. Ancora ignari di quello che sta succedendo in città, i personaggi dello show sono impegnati in altre attività: Mike, Lucas, Will, Eleven e Max vivono la loro adolescenza tra drammi e primi amori; Nancy e Jonathan affrontano per la prima volta lo spietato mondo del lavoro all’interno di una redazione giornalistica; Dustin, Steve e Robin (new entry della stagione interpretata da Maya Hawke, la figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke) si dilettano al nuovo centro commerciale di Hawkins (lo Starcourt Mall) e Joyce e Hopper sono coinvolti in una strana danza di corteggiamento. I primi sospetti arrivano quando Billy Hargrove (Dacre Montgomery) diventa uno strumento nelle mani del Mind Flayer e quando il piccolo Dustin intercetta uno strano segnale radio in lingua russa proveniente dal centro commerciale, dove è stata costruita una base segreta sotterranea in cui un potentissimo macchinario sta provando a riaprire il Sottosopra.
La prima scena del primo episodio – Mike e Eleven che si stanno baciando nella camera da letto della ragazza – dichiara fin da subito il tema dominante nella terza stagione di Stranger Things: l’adolescenza e, con essa, la scoperta dell’amore e la paura di crescere. Le coppie formatesi nel season finale della stagione precedente (Mike-Eleven e Max-Lucas) sono ora impegnate in battibecchi amorosi e altre insidie adolescenziali, e l’unico che ne resta fuori è Will, ancora desideroso di giocare a D&D con i suoi vecchi amici che lo ignorano per le ragazze. Will soffre la distanza che percepisce tra lui e i suoi compagni e in una delle scene più drammatiche della stagione distrugge la sua capanna dei giochi ricordando amaramente il tempo passato: questa è la prima manifestazione fisica della paura di crescere simboleggiata a lungo dai mostri del Sottosopra che tormentano i ragazzi. La necessità di affrontare il tema dell’adolescenza spacca la stagione in due blocchi – la prima metà sbilanciata a favore dei drammi adolescenziali, la seconda a favore dei drammi del Sottosopra – ma è coerente con la crescita evidente dei protagonisti/attori. Un’altra spaccatura che ritroviamo nella terza stagione è la guerra fredda che divise le due superpotenze mondiali (Stati Uniti D’America e Unione Sovietica) dal 1947 al 1991 (anno della caduta dell’URSS). La competizione e l’ostilità tra i due blocchi contrapposti trova espressione nella base segreta russa all’interno del centro commerciale, dove alcuni scienziati stanno tentando di riaprire il portale del Sottosopra con un macchinario che sconvolge i campi magnetici di Hawkins. Gli orrori della dimensione liberati dalla straordinaria energia della macchina sono una metafora della minaccia atomica che incombeva sul mondo in quegli anni difficili e, in perfetto stile auto-elogiativo americano, l’arrivo finale dell’esercito all’interno della base vuole testimoniare la superiorità degli Stati Uniti rispetto alla Russia.
La terza stagione di Stranger Things è splatter: rimasti sempre fuori campo, ora i dettagli, il sangue e la carne si mostrano in primo in piano: topi e persone esplodono dopo essere stati posseduti dal Mind Flayer e compongono il mostro di carne che muta forma per inseguire le sue prede. Gli inseguimenti del mostro peccano di inverosimiglianza: come potrebbe un enorme e orrenda creatura aggirarsi tra le strade di Hawkins senza essere notata e scatenare un’isteria collettiva? Queste scelte d’autore fanno assomigliare Stranger Things 3 ad una sagra della carne che vorrebbe sorprendere – ma in realtà disgusta – lo spettatore per distrarlo dalla ridondanza della trama: il Sottosopra potrebbe essere popolato da una miriade di creature, ma i protagonisti sono messi sempre di fronte alla stesso tipo di minaccia (un essere abnorme e disgustoso che caccia esseri umani, dal democane al mostro di carne). Gli autori della serie avrebbero potuto e dovuto osare di più! Stranger Things 3 è stato inclemente anche con il personaggio di Hopper: in questa ultima stagione lo sceriffo di Hawkins è stato eccessivamente coinvolto dai suoi drammi genitoriali e amorosi e troppo violento per ottenere le informazioni che gli servivano (scena con il sindaco, ndr). La sensazione è che il suo personaggio sia stato forzato a fini comici e narrativi. Al contrario, il personaggio di Billy Hargrove – l’attraente fratellastro di Max – è stato una scoperta. Personaggio negativo dal carattere prepotente e violento, Billy si è rivelato un cattivo traumatizzato da un padre meschino che non lo ha mai amato. Sotto la sua facciata da bullo e anche mentre è posseduto dal mostro ombra, Billy conserva ancora l’umanità e la sensibilità che dimostra nella straziante scena della sauna – in cui ha tutta l’aria di un bambino spaventato dalle terribili azioni che il mostro ombra gli fa commettere – e che, alla fine, lo rendono un eroe. Un’altra eroina della stagione è Joyce Byers, anche stavolta straordinaria nelle sue scoperte e avventure nel Sottosopra con cui ha un legame particolare da quando imparò a comunicare con il figlio Will intrappolato al suo interno. La coppia Joyce – Jim Hopper non è ancora nata, ma è già in crisi: i due sono ridotti a macchietta comica fatta per divertire lo spettatore, ma non sempre riescono nel tentativo.
La terza stagione della serie è priva dell’unione che ha caratterizzato le stagioni precedenti e divide i personaggi in gruppi differenti: il gruppo Steve, Robin, Dustin e Erica che si infiltra nella base dei russi, il gruppo Mike, Lucas, Will, Eleven, Max, Nancy e Jonathan che scandaglia la città di Hawkins e il gruppo Hopper, Joyce e Alexei “Sminroff” che parte in automobile per scoprire il mistero dei campi magnetici. Calato abilmente nell’epoca narrata, metà anni Ottanta, Stranger Things 3 sfiora anche il tema del consumismo – i fasti del centro commerciale che seducono Max e Eleven – del capitalismo che distrugge i piccoli negozi e del maschilismo. Quest’ultimo si riversa tutto sulla povera Nancy Wheeler che, all’interno della redazione giornalistica in cui è stata assunta, deve sopportare le prevaricazioni e le prese in giro dei colleghi maschi più maturi che la trattano alla stregua di una segretaria e che respingono tutte le sue idee di pubblicazione. Gli anni Ottanta, in fondo, non sono così diversi dagli anni duemila.