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Sememeotica, parte terza: il meme, linguaggio della Rete

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Laura Valentini

Questo è il terzo articolo di “Sememeotica: perché il meme dominerà la politica”. Un viaggio nella storia dei meme, dalla rivoluzione comunicativa di Internet al loro impatto sulla politica e sulla nostra vita. L’autrice, Laura Valentini, è laureata in Scienze della Comunicazione – curriculum politico-istituzionale all’Università di Roma Tor Vergata. La presente serie prende spunto dalla sua tesi di laurea.

Gli articoli precedenti:
Parte prima: la rivoluzione Internet
Parte seconda: l’epidemia social


Il progresso tecnologico che ha investito le strutture mediatiche del nostro tempo ha inevitabilmente introdotto nuove forme di socialità. Dal 1967 sono passati 41 anni, eppure, a giudicare da ciò che scriveva Marshall McLuhan, sembra solo l’altro ieri: «il tempo si è fermato, lo spazio è svanito. Viviamo ora in un villaggio globale».

Effettivamente la sensazione che suscita un viaggio nella Rete è quella di uno spazio pressoché infinito, dove non esistono confini (nemmeno linguistici, dato che la lingua dominante tende sempre a essere l’inglese), e dove il tempo pare restringersi e dilatarsi a suo piacimento. Una delle tipiche frasi da chat è il classico «Ci conosciamo da poco, ma mi pare di conoscerti da sempre».

Non solo socialità: come i più grandi teorici della comunicazione possono insegnare, da nuovi modi di aggregazione non possono che nascere nuovi codici, nuovi linguaggi in cui esprimersi e, di conseguenza, nuovi modi di relazionarsi. Un meraviglioso ciclo infinito. Data la premessa, sorge spontaneo chiedersi: come comunicano tra loro i vari membri delle infinite communities nate online? Semplice: i meme.

Che cos’è un meme?

Luigi Di Maio e il significato di “meme”, un rapporto controverso (post Facebook di “Logo Comune” del 5 marzo 2017)

Anche se il concetto di meme è ormai divenuto sinonimo di “fenomeno di Internet”, la sua nascita è tutt’altro che recente: esso trae la sua origine da Richard Dawkins, biologo inglese che, nel suo scritto del 1976 Il Gene Egoista, lo definisce, a partire dal concetto di replicatore e dalla radice greca mimeme (“cosa imitata”), come «un’unità di trasmissione culturale o un’unità di imitazione».

Il tentativo di Dawkins, evidenziato dalla somiglianza del termine meme con gene, era quello di avvicinare l’evoluzione darwiniana e i meccanismi di riproduzione biologica alla cultura, spiegando come si diffondono e si riproducono le varie forme di manifestazione culturale (moda, cerimonie, credenze religiose) all’interno di gruppi definiti: citando il suo collega N. K. Humphrey, egli sostiene che:

«Quando si pianta un meme fertile in una mente, il cervello ne viene letteralmente parassitato e si trasforma in un veicolo per la propagazione del meme, proprio come un virus può parassitare il meccanismo genetico di una cellula ospite. E questo non è soltanto un modo di dire: il meme che predispone, diciamo, a “credere nella vita dopo la morte” si realizza fisicamente, milioni di volte, come una struttura del sistema nervoso degli uomini di tutto il mondo».

I post-Dawkinsiani

Nemmeno a dirlo, lo stesso concetto di meme divenne un meme tra gli studiosi nel campo delle scienze cognitive e della teoria evolutiva di Darwin; tra coloro che hanno avuto il merito di ampliare ed arricchire la formulazione di Dawkins si possono annoverare:

  • Dan Sperber, il quale ribadisce la natura rappresentativa di tali fenomeni sostenendo che non esiste alcuna differenza tra questi e le rappresentazioni;
  • Susan Blackmore, psicologa che amplia il significato stesso del termine, definendolo come «qualsiasi cosa possa essere copiata». Inoltre, affianca al replicatore la figura dell’interattore, ovvero colui che interagisce con l’ambiente, custodisce in sé il replicatore e lo protegge. Con quest’ultima aggiunta Blackmore precisa che tale entità, contrariamente a quanto asserisce Dawkins, ha bisogno di un “soggetto ospitante” per essere riprodotto;
  • Daniel Dennett, filosofo e scienziato cognitivo che pone l’accento sulle pressioni ambientali che possono influenzare il meme nelle sue fasi di mutazione e propagazione.

Il contributo fondamentale lo ha però fornito lo studioso norvegese Mogens Olesen, introducendo tale concetto nell’ambito della teoria della comunicazione; ne ribadisce la natura virale e la necessaria fruibilità da parte di tutti al fine di garantire la sua stessa propagazione da mente a mente.

Effettivamente un passo verso una prospettiva più dal lato comunicativo del meme già era stato avanzato dallo stesso Dawkins, nei successivi L’Orologiaio Cieco (1986) e Virus della Mente (1993): più che come unità minima lo definisce come schema di informazioni, il quale può mutare e propagarsi orizzontalmente, da mezzo a mezzo e ad altissima velocità, come un virus informatico. In ultima istanza ribadisce il suo carattere non autonomo e non teleologico: il suo fine ultimo è unicamente quello di diffondersi, e lo può fare solo attraverso un soggetto portatore.

L’Internet Meme: una definizione accademica

Quest’ultimo inciso posto da Dawkins e la svolta in ambito comunicativo sancita da Olesen sono fondamentali per comprendere le caratteristiche di un particolare sottogenere del meme, ovvero l’Internet Meme. Conosciuto anche erroneamente come “fenomeno di Internet”, viene definito dallo psicologo Carlos Mauricio Castaño Díaz nei seguenti termini:

«An internet meme is a unit of information (idea, concept or belief), which replicates by passing on via internet (e-mail, chat, forum, social networks, etc.) in the shape of a hyper-link, video, image, or phrase. It can be passed on as an exact copy or can change and evolve. The mutation on the replication can be by meaning, keeping the structure of the meme or vice versa. The mutation occurs by chance, addition or parody, and its form is not relevant. An im depends both on a carrier and a social context where the transporter acts as a filter and decides what can be passed on. It spreads horizontally as a virus at a fast and accelerating speed. It can be interactive (as a game), and some people relate them with creativity. Its mobility, storage, and reach are web-based (hard disks, cell phones, servers, cloud, etc.). They can be manufactured (as in the case of the viral marketing) or emerge (as an offline event taken online). Its goal is to be known well enough to replicate within a group».

Long story short, gli Internet Memes, definiti al giorno d’oggi i meme per antonomasia, sono singoli file di testo, link, immagini, brani o video capaci di diffondersi (come virus) per spirito imitativo (come geni) all’interno di gruppi –rigorosamente online; una caratteristica fondamentale del fenomeno è infatti quella di rendersi poco comprensibile agli estranei al mondo della Rete– più o meno estesi; gli utenti possono decidere se far propagare il meme tal quale o modificarlo, ampliandone il significato e quindi il raggio di diffusione.

L’Internet Meme secondo gli studiosi della Rete

Al di là di qualsiasi definizione accademica si possa operare, nessuno può definire cosa sia un Internet Meme meglio degli internauti stessi. Nella sezione FAQ di KnowYourMeme.com, infatti, il moderatore Chris Menning riprende la definizione di Dawkins, precisando però che un meme parte come un’idea, espressa attraverso un mezzo di qualsiasi genere (foto, video, etc.), capace di essere imitata consciamente, ovvero condivisa volontariamente dall’utente.

Perché un Internet Meme possa essere definito tale, il co-creatore di KYM Kenyatta Cheese elenca sei criteri fondamentali:

  • Diffusione Virale: è necessario tracciare la sua via di diffusione (risultati di ricerca, menzioni nei social media, post nei forum, etc.). Da notare che gli Internet Meme differiscono dagli altri in quanto essi nascono e si diffondono esclusivamente attraverso la Rete;
  • Punto di origine: bisogna trovare dove il fenomeno sia nato o apparso per la prima volta, e fornire prove sulla sua diffusione oltre la sua sottocultura originaria;
  • Derivazioni/Citazioni: perché un meme possa essere considerato tale, deve avere alle sue spalle un buon numero di rievocazioni e ricontestualizzazioni, oltre alle varie ri-creazioni spontanee da parte degli utenti. «Is this mutating?»;
  • Apparizioni in centri memetici: deve apparire in siti o communities famosi per la condivisione e diffusione di tali fenomeni (Facebook, Reddit, 4chan, …);
  • Meme organici/forzati: occorre anche chiedersi se il meme sia nato e condiviso spontaneamente o se è frutto di campagne di marketing; difatti si possono osservare di frequente aziende più o meno note che ricorrono a tali mezzi attraverso le loro pagine Facebook per promuovere un servizio, detta in breve astroturfing. Tale fattore è essenziale per conferirgli autenticità, ma c‘è da dire che, anche se nato in tale contesto, la sua diffusione successiva può avvenire in maniera spontanea; un caso esplicativo è la pagina Facebook di Meizu Italia: nota negli ambienti della sottocultura italiana per l’uso di tale strategia, è diventata essa stessa un meme cult tra gli amatori.
  • Spin offs/sub-memes (opzionale): un fenomeno può dar vita ad un’intera schiera di sub-memes.

Il Meme Compass: come si classifica un meme?

Avendo chiaro di trovarsi davanti ad un’entità definibile come meme, occorre operare una classificazione di genere: in questo può aiutarci il Meme Compass, strumento creato dal redditor MartensCedric allo scopo di connotare e definire in maniera “scientifica” il gusto degli utenti. Egli pone sull’asse delle X il potenziale umoristico (dankness) e sull’asse delle Y la provocatorietà (edginess), delimitando quattro aree di definizione:

  • Dank: il significato originario del termine veniva usato per connotare ambienti umidi e oscuri, successivamente venne usato dagli hippies per riferirsi a marijuana ritenuta di alta qualità –difatti, a detta loro, l’erba buona dovrebbe essere appiccicosa, umida, di colore scuro e dall’odore forte. Un dank meme deve quindi possedere buone qualità umoristiche e referenziali; la locuzione connota anche meme dal carattere innovativo o intenzionalmente bizzarro. Solitamente richiede una comprensione profonda del contesto di nascita, di conseguenza non può essere accessibile alle grandi masse.
  • Normie: i normies sono persone poco avvezze all’uso e consumo di meme, che tendono a diffondere ciò che condivide la massa (o la maggior parte dei loro amici su Facebook). Solitamente apprezzano fenomeni caduti in disuso–dead memes– o considerati di bassa qualità a causa del potenziale umoristico esaurito.
  • Edgy: termine inglese per “nervoso, irritabile”, appare su Urban Dictionary nel 2005 per indicare persone o comportamenti che tendono a sfidare il buon senso e le norme sociali, mostrando un lato oscuro. Un meme classificato come tale agisce proprio in questo modo, causando shock tra gli utenti che ne vengono a contatto. Filosoficamente, si può configurare come un’opera attinente al sublime kantiano: infatti il piacere (umoristico) dato da tali fenomeni è suscitato dallo sgomento provato nei confronti della natura umana stessa, capace di aleggiare tra la bontà assoluta e la cattiveria più bieca espressa nell’edgy.
  • Wholesome: l’aggettivo indica persone e atteggiamenti mirati a promuovere il benessere del corpo, della mente e dell’anima; tale tipo quindi supporta e veicola idee di compassione, amore, positività, comprensione reciproca e affetto, senza sottintendere sarcasmi (unironically). Il wholesome è inoltre ascrivibile, contrariamente all’edgy, alla categoria di bello kantiano: esso è ravvisabile nello humor suscitato dai buoni sentimenti che il meme veicola, i quali si accordano facilmente all’idea comune di ciò che c’è di bello nel mondo.
Il meme compass.

Il Memes Cycle Life Chart: quanto vive un meme?

Come disse lo stesso Dawkins, non tutti i meme sopravvivono alla lotta per la supremazia delle menti: applichiamo questo concetto a internet, luogo dove spazio e tempo si restringono in maniera estrema, e osserviamo come la durata di vita di un Internet Meme non solo si riduca drasticamente, ma sia soggetta a una moltitudine di fattori soprattutto estrinseci, quali condivisioni e usi extra-contestuali –questi ultimi inoltre risultano il fattore cardine che può decretare il successo o la morte del meme.

Si è tentato quindi di riassumere il tutto nell’immagine di seguito, ispirata dalle varie fonti reperibili online, soprattutto dalla pagina di KYM dedicata ai Memes Life Cycle Charts.

Ciclo di vita di un Internet Meme

Come si può notare dalla complessità del grafico, un meme può attraversare diversi stadi:

  • Può cadere in disuso o morire dopo diverso tempo (o addirittura nascere “già morto”);
  • Può perdere gradualmente la vicinanza al contesto originale, divenendo sostanza per normies. Tale fase è chiamata nel grafico fase di normieing: gli utenti specialisti del settore solitamente preferiscono usare il termine normification, traducibile come “normificazione” e corrispondente del termine “normalizzazione”, ma normieing a parere dell’autrice appare più appropriato, in quanto mantiene intatta la radice originale. Il fenomeno del normieing è –purtroppo– molto comune, e l’esempio più calzante è costituito dai rage comics, fenomeni che hanno avuto il loro boom nel periodo 2011-2013 per poi finire in pasto a pagine Facebook di dubbio gusto;
  • Può divenire immortale, ossia venire ricordato sempre con affetto dai membri della community, senza mai perdere il suo potenziale umoristico. Con il boom dei social media destinati alle masse (Facebook, Twitter, etc.), i memi che riescono a raggiungere tale stadio sono estremamente rari; solitamente si tratta di contenuti originali (OC) di altissima qualità o di fenomeni nati nel periodo 1998-2011, considerato l’Età dell’Oro degli Internet Meme (uno tra tutti è il mitico Rickroll);
  • Se il meme riesce a restare a galla, pur perdendo molto del suo potenziale, c’è la possibilità che venga ripescato a periodi alterni per goderne ancora (posthumor) o che venga usato in maniera ironica (metairony) per prendere in giro l’intera cultura dei meme su Internet, gli utenti che ne fanno un uso eccessivo e addirittura se stesso, violando la sua struttura e il suo messaggio originario. La complessità del processo metaironico è spiegata nella tabella di seguito, tradotta da un articolo del sito The Philosopher’s Meme. La meccanica dei layers of irony è ciò che regge la metairony in quanto, ogni volta che un utente decide di prendere in giro un fenomeno in maniera assurda, viene applicato uno strato di ironia a esso. Più strati si applicano, più il meme diviene surreale, fino addirittura a perdere il suo connotato originario (vedi shitposting).
Traduzione in italiano della tabella della Metairony ideata da The Philosopher’s Meme.

Tali meccaniche, nonostante possano sembrare sconnesse e proiettare il sistema di comunicazione memica in una perenne autodistruzione, rispondono pienamente al paradosso di Gustavo Zagrebelsky, e rivelano quanto tale sistema trovi nella mutazione continua il suo fattore primario di stabilità.

I memes: una breve storia

Volendo rintracciare una precisa origine storica degli Internet Memes, bisogna partire dal presupposto che alcuni di questi fenomeni e tormentoni nati prima degli anni 2000 siano andati perduti in forum, BBS e gruppi Usenet ormai chiusi, però non c’è dubbio sul fatto che tali comunità chiuse abbiano dato il “la” a quello spirito goliardico che ora è alla base della diffusione di tali contenuti in rete. Forse eccessivamente goliardico, se guardiamo a cosa ne è stato di LUE ai tempi della sua chiusura definitiva.

LUE

LUE, acronimo per Life, the Universe and Everything, è il primo punto di partenza a noi noto: è una board di GameFAQs.com, forum interamente dedicato ai videogames fondato da Jeff “CJayC” Veaser nel 1995, in cui gli utenti, nell’intento del fondatore, potevano liberamente discutere di filosofia, della loro vita quotidiana o semplicemente di qualsiasi cosa gli passasse per la testa, il tutto senza alcuna restrizione di contenuto.

Quest’ultimo presupposto è stato la causa della crescente degenerazione di LUE, trasformando la board in un covo di disadattati sociali (che amavano autodefinirsi LUEsers) i quali, nascosti dietro la maschera di un profilo, si sentivano liberi di condividere tra loro ogni genere di bruttura: da discussioni interamente incentrate sul sesso alla pornografia, fino alla condivisione degli shock sites, ovvero domini in cui sono archiviati video e immagini disturbanti e/o di natura sessuale, spesso sfocianti nel gore. I siti web Goatse, Tubgirl e Harlequin Fetus costituiscono la Unholy Trinity di LUE. A tutela della sanità mentale del lettore, l’autrice sconsiglia la visita di tali siti. Ma non può impedirla.

A seguito di alcune vicende che hanno visto il ban di migliaia di LUEsers, CJayC nel 2003 ha reso la board inaccessibile agli utenti registrati dopo tale data, decretandone così la fine. Nonostante le vicende spiacevoli che l’hanno vista protagonista, LUE è considerato a tutt’oggi come il primo focolaio noto di fenomeni di Internet; tale attribuzione è dovuta alla diffusione ossessiva di LUEshi, un artwork di Super Mario fatto interamente di caratteri ASCII, al di fuori del suo contesto di nascita (oltre che alla sopracitata condivisione di shock sites, ricordati e temuti ancora oggi).

LUEshi.

YTMND: il meme si evolve

Anche lo YouTube dei suoi albori ha contribuito alla sottocultura della Rete, favorendo la diffusione di fenomeni come Boxxy, PINGAS e il Leekspin, ma la parte del leone la fa, senza ombra di dubbio, YTMND.com.

Creato da Max Goldberg nel 2001, tale sito è interamente dedicato alla creazione di tormentoni –detti anche fads; a partire da una sequenza di immagini o da un’animazione accompagnate da una clip audio, YTMND rende possibile generare un video riprodotto in loop. È da qui che sono nati altri fenomeni ricordati con affetto dai veterani della Rete, come Nigga stole my bike o il personaggio di Moon Man.

Il sito ha un ruolo cruciale nella storia dei meme, visto che, come afferma Marco Frullanti in Facebook killed the Internet star, «la semplicità di creazione dei contenuti ha reso possibili pratiche di mashup da parte degli utenti dei contenuti preesistenti, permettendo così la generazione massiccia di contenuti originali a partire da un frame culturale preesistente, di solito grazie al nuovo effetto di senso dovuto allo sconvolgimento del contesto; la stessa cosa che succede con quelli che siamo abituati a chiamare meme».

Purtroppo, la piattaforma non è andata incontro a un destino felice, in quanto attualmente risulta inaccessibile.

4chan: l’invasione dei meme

Il vero e proprio boom degli Internet Memes si è però avuto a partire dal 2003 con 4chan.org, imageboard fondata da Christopher “moot” Poole e acquistata da Hiroyuki Nishimura nel 2015. Una imageboard è un sito internet in cui le discussioni vengono avviate esclusivamente a partire da immagini, le quali mantengono un rapporto di significato con le risposte che vengono a susseguirsi.

Il suo sistema è basato prevalentemente sull’anonimato: gli utenti non sono obbligati a registrarsi per postare e commentare, e l’unico metodo di identificazione è dato da un codice alfanumerico associato al post. Questi fattori hanno contribuito a costruire attorno agli utenti di 4chan una caratteristica aura di estremo cinismo e misantropia, insieme a quel tono “senza compromessi” divenuto poi tipico dell’internauta medio.

4chan è costituito da diverse board nate nel corso del tempo, ognuna delle quali incentrata su un argomento specifico –politica, videogames, fitness, etc.–, ma la prima nata, la più emblematica e (avvisiamo) colma di contenuti dissacranti e pornografici è /b/ – Random.

/b/, culla dell’Internet

La board /b/ non ha argomenti di partenza, è completamente autogestita ma, a differenza della defunta LUE, ha alla base un framework di regole basilari provviste da moot stesso, aggiornate di volta in volta. Grazie a questa specie di “costituzione”, si è potuta evitare la degenerazione della community, anzi essa stessa si è rivelata la base di movimenti rivoluzionari importantissimi nati online, uno fra tutti gli Anonymous (ricordate Pool’s Closed?).

All’interno di /b/, tra un thread incentrato sul sesso e uno sull’ironia al nazismo, sono nati migliaia di fads ricordati con affetto dagli internauti, tra cui il già citato Rickroll, i Lolcats, Chocolate Rain e Pepe the Frog –quest’ultimo ha rivestito un’importanza cruciale durante la campagna elettorale americana di Trump del 2016, ma ci arriveremo più avanti–, poi trasmigrati in altri social media nel corso degli ultimi anni.

È stato proprio grazie a /b/ e ai suoi frequentatori assidui (i /b/tards) che oggi gli internauti possono godere in maniera diffusa, nel bene o nel male, dalla loro bacheca di Facebook o dashboard di Tumblr, dei meme che costituiscono, a tutti gli effetti, il mezzo di comunicazione del popolo della Rete. Con buona pace di Beppe Grillo.

I meme oggi

Ogni giorno migliaia di fads vengono utilizzati al posto dei muri di testo nei commenti, ribadendo la potenza comunicativa degli Internet Memes, capaci di riassumere in un singolo file multimediale interi concetti. Del resto, nulla rende di più di un’immagine capace di rappresentare una reazione umana. E anche se al giorno d’oggi la scena della sottocultura di Internet sembra dipanarsi tra pagine Facebook, reblog di Tumblr, vari subreddit e altre piattaforme atte alla creazione di meme (Memegenerator per esempio), nessuno discute l’importanza fondamentale che rivestono 4chan e le sue board, sia sul piano della subcultura stessa, sia se si guarda al rapporto che intercorre tra la politica odierna e le community online.


Parte quarta >>>

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Laura Valentini

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