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Colpevoli di immobilità

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Marco Maffeo

Dopo una lenta agonia che ci saremmo potuti risparmiare, con battibecchi e litigi tra M5S e Lega degni di una soap opera, l’esperimento del governo gialloverde è franato. Durante il comizio a Pescara dell’8 agosto, il leader della Lega Matteo Salvini ha deciso che serve un cambiamento a quel governo che il cambiamento lo avrebbe dovuto realizzare, e l’unico modo per farlo è tradurre in seggi l’enorme consenso di cui la Lega gode secondo i sondaggi. La decisione del ministro dell’Interno arriva dopo mesi in cui è riuscito a far credere all’opinione pubblica di stare cercando in ogni modo di far proseguire il governo. Ora la crisi viene presentata come qualcosa di inevitabile, per la quale Salvini in realtà non avrebbe colpa: la sua scelta non sarebbe data dalla solita ingordigia politica, paradossalmente sarebbe invece quasi un rischio che compie per il bene dell’Italia. Se può aver stupito la scelta di provocare una crisi di governo ad agosto, quando le Camere sono chiuse, chiunque dentro e fuori il Parlamento aveva però ben chiaro che l’esecutivo Conte non sarebbe sopravvissuto a lungo. Eppure il ministro dell’Interno ha avuto campo libero sullo scacchiere politico: M5S e PD sono rimasti pietosamente passivi davanti all’avanzata leghista, permettendo a Salvini di mangiare tutte le pedine avversarie e, anzi, quasi di ingurgitare l’intero scacchiere.

Le responsabilità di M5S e PD nella crisi di governo

Le colpe che ha il Movimento 5 Stelle nella crisi di governo sono molte, ma si sono possono facilmente riassumere in una sola: essere rimasti immobili nel governo con la Lega. Dopo le elezioni europee era diventato chiaro a tutti che inseguire i leghisti sui loro stessi temi fosse stato un errore, ma per il timore di andare subito a nuove elezioni e subire una pesante sconfitta elettorale il Movimento ha preferito continuare l’esperienza di governo. Inutile dire che è stata una scelta tremendamente sbagliata. Oscurato dall’ingombrante presenza del ministro dell’Interno, il M5S è stato letteralmente calpestato dalla Lega, che invocava lo spettro del ritorno alle urne non appena i grillini provavano a fare battaglia su qualche tema e recuperare un po’ della propria dignità. Il tempismo con cui Salvini ha invocato la crisi di governo è stata forse l’umiliazione più grande che ha inflitto ai pentastellati. Prima li ha costretti a votare il decreto sicurezza bis – provvedimento radicalmente all’opposto dei principi del M5S – con la minaccia di andare a nuove elezioni, poi le nuove elezioni le ha chieste comunque usando come pretesto la mozione dei grillini contro la TAV, che in realtà era un inutile tentativo del M5S di salvare le apparenze. Il Movimento è così apparso davanti a tutti succube dell’alleato di governo e svuotato del proprio peso politico, completamente annichilito in caso di nuove elezioni.

Il premier Giuseppe Conte durante la conferenza stampa in cui ha annunciato la crisi di governo. Foto: cronaca.news.

Come il M5S è responsabile per il ruolo passivo nell’esecutivo, così il PD ha ugualmente la colpa di essere stato totalmente immobile tra i banchi dell’opposizione. Rasenta quasi il ridicolo sentire il segretario del PD Nicola Zingaretti dichiarare che i dem sono pronti per andare a nuove elezioni: il PD non è pronto e non lo sarà quando si andrà a votare, perché non c’è stato alcun tentativo efficace per ricostruire il partito. Mentre Salvini ha portato il consenso della Lega alle stelle e ora preme per votare già in ottobre, il PD è riuscito soltanto a dire di voler organizzare una «costituente delle idee» nel mese di novembre a Bologna, quando sarà troppo tardi.  La ripartenza dei dem è lenta, inefficace, anacronisticamente legata a meccanismi da vecchia politica e condanna l’opposizione a diventare una semplice comparsa nel film dell’ascesa di Salvini al governo.

Spaventato dall’esito di eventuali elezioni, parte dell’elettorato di M5S e PD spera che i due partiti approfittino della crisi di governo per dare vita a una nuova maggioranza in Parlamento che scongiuri la minaccia leghista e releghi il partito di Salvini all’opposizione. È una speranza realizzabile in linea teorica, ma pericolosa e in fondo sbagliata in linea pratica: dare vita a un governo a guida PD-M5S permetterebbe sì di rispettare gli impegni che aspettano l’Italia – ad esempio la nomina di un commissario europeo o la nota di aggiornamento del Def – ma avrebbe l’aspetto di una grottesca manovra politica per impedire a ogni costo la nascita di un esecutivo sovranista ed euroscettico. Esecutivo che l’Italia, stando ai sondaggi, sembra invece volere. Un governo PD-M5S darebbe poi a Matteo Salvini un ottimo pretesto politico per schierare il suo elettorato contro le Istituzioni, creando una pericolosa sfiducia nel nostro sistema di governo e incrementando ancora il proprio consenso.

Il segretario del PD Nicola Zingaretti. Foto: Repubblica.

L’importanza di dare una scelta

Ancora non possiamo sapere quando si tornerà alle urne, perché tutto dipende da come si concluderà la crisi di governo nei prossimi giorni, ma secondo i sondaggi è probabile che se si votasse in autunno assisteremmo a un trionfo della Lega, con la coalizione di destra che otterrebbe due terzi dei seggi in Senato e in Parlamento. È evidente infatti che le nuove elezioni avranno più che altro il sapore di un referendum sulla Lega, sul suo leader, sull’immigrazione e sull’Europa. Gli elettori potranno scegliere di voler vivere in un’Italia razzista, impantanata in un clima d’odio, un’Italia che preferisce isolarsi dall’Europa per poter diventare una pedina della Russia di Putin o dell’Ungheria di Orbán. O invece potranno avere scegliere di costruire un’Italia multiculturale, che accoglie, che crede nel sogno europeo e vuole impegnarsi a giocare un ruolo in Europa per poterla migliorare. Ecco, forse sarebbe arrivato il momento che qualcuno desse agli italiani la possibilità di credere nella validità della seconda alternativa.

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Marco Maffeo

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