Il 9 agosto 2019, con il raggiungimento del termine necessario della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si conclude l’iter legislativo della Legge numero 69 del 19 luglio 2019 denominata, per il suo contenuto, Codice Rosso. Questa legge, di cui abbiamo già avuto modo di parlare con riferimento al revenge porn, si pone l’ambizioso obiettivo di porre un freno a odiosi reati quali le violenze di genere e quelle domestiche, lo stalking e la violenza sessuale. In particolare, la normativa in esame interviene nella legislazione già esistente apportando modifiche tanto al codice penale quanto al codice di procedura penale, nonché introducendo nuove condotte sanzionabili. L’intervento del legislatore si è reso necessario, oltre che a causa del comune sentire della popolazione italiana e delle purtroppo sempre maggiormente diffuse condotte violente, anche sulla linea di continuità di tutela del soggetto debole iniziata e promossa dalla Comunità Europea. In questi casi la vittima del reato risulta particolarmente debole perché non ha alternative se non quella di cedere al sopruso del soggetto agente. Il filo conduttore dato dalla tutela del soggetto vulnerabile è facilmente riscontrabile, infatti, in diversi interventi legislativi degli ultimi anni che spaziano dalla riforma dei delitti sessuali alla tratta di persone, dall’introduzione del reato di tortura fino ad arrivare, appunto, all’approvazione del cosiddetto Codice Rosso.
Il reato più diffuso su cui la nuova normativa interviene è sicuramente quello dei maltrattamenti familiari, già previsto, nel codice penale italiano, all’articolo 52. Questo particolare delitto ha natura propria in quanto non può essere commesso da chiunque ma solamente da un soggetto familiare o, comunque, che tiene un rapporto ad esso assimilabile con la vittima. La ragione di tale principio deve ricercarsi proprio nella natura del rapporto: la vittima, in presenza di un vincolo di familiarità con l’agente, è sicuramente meno portata a denunciare l’evento lesivo e, in ogni caso, la sua capacità di difesa deve dirsi minata proprio dall’esistenza di un rapporto che non dovrebbe far presagire alcun pericolo. La condotta è libera, e infatti integrano la fattispecie tipica del reato diverse azioni morali o materiali, reiterate nel tempo, dirette all’avvilimento e alla sofferenza della vittima. Sul significato di familiare si è a lungo discusso, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, in particolare riferimento alle figure di convivenza: l’inclusione di queste, pressoché unanime, ha portato a una modifica legislativa in tempi relativamente recenti, nel 2012. Detta modifica, oltre all’inclusione espressa del convivente more uxorio, ha innalzato le pene per l’ipotesi base del reato e anche per la particolare aggravante nel caso di decesso involontario della vittima portandola, così, a ventiquattro anni di reclusione. La riforma ha poi agito nel delitto di omicidio introducendo una particolare aggravante dove, invece, il decesso della vittima a seguito di maltrattamenti familiari sia volontario. Un’ulteriore riforma, nel 2013, ha comportato l’introduzione di una circostanza aggravante nel caso in cui le condotte lesive siano poste in essere alla semplice presenza di un soggetto minore dove, in precedenza, rilevava unicamente a presenza del minore di anni quattordici. Tale circostanza, in sede di conversione del decreto legge, è stata poi estesa a tutti i delitti contro la vita e l’incolumità individuale, e ciò per tutelare il fondamentale diritto al libero sviluppo psicofisico del soggetto minore, costituzionalmente garantito dagli articoli 30 e 31. La giurisprudenza in materia, comunque, è rimasta particolarmente florida arrivando a riconoscere, di recente, l’esistenza di un rapporto para-familiare e, conseguentemente, l’applicabilità del delitto di maltrattamenti fra dipendenti e datori di lavoro di piccole realtà imprenditoriali.
Con la Legge 69 del 2019 vengono effettuati, in particolare, interventi legislativi diretti a inasprire pene già esistenti, oltre a introdurre nuove condotte sanzionabili, da un lato, e interventi di natura procedurale diretti ad abbreviare le tempistiche della macchina giudiziaria, dall’altro. Proprio in quest’ultimo aspetto deve ricercarsi la natura del soprannome Codice Rosso alla legge di recente approvazione. L’intento, infatti, è quello di innalzare alcune ipotesi delittuose al fine di dar loro precedenza, nella procedura interna che va dalla denuncia all’eventuale condanna, rispetto ad altri casi. Codice Rosso, quindi, richiama l’emergenza, la rapidità e l’attenzione di cui andranno a godere determinati casi o, meglio, la previsione di specifiche tutele per le vittime degli stessi. In particolare vengono introdotti dei termini certi per la polizia giudiziaria che, una volta acquisita notizia del reato, dovrà darne immediata comunicazione, anche in forma orale, al Pubblico Ministero, che è invece obbligato a raccogliere le dichiarazioni della vittima o di chi ha denunciato il reato entro tre giorni. Il termine, particolarmente stringente, consente di fornire una sorta di preferenza al fine di evitare il reiterarsi di condotte violente. Tuttavia, questo termine può essere disatteso, ma solo per casi imprescindibili di necessità delle indagini, nell’interesse della persona offesa, o per tutelare minori coinvolti. Come già detto, questa procedura sarà destinata solamente ad alcuni reati, ossia i maltrattamenti in famiglia, le diverse forme di violenza sessuale previste degli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, lo stalking e la violenza di genere. Viene inoltre prevista una particolare procedura al pronto soccorso diretta all’allerta immediata di simili ipotesi, nonché l’aumento della possibilità, per la vittima, di sporgere querela entro dodici mesi rispetto ai sei precedentemente previsti. Un simile termine può, all’apparenza, far storcere il naso, ma in realtà è previsto a tutela della vittima perché questa può, per valutazioni o motivazioni personali, preferire di non sporgere denuncia.
Analizzando, invece, le nuove ipotesi di reato, viene innanzitutto introdotto il delitto del revenge porn all’articolo 612-ter del codice penale. Avendo già avuto modo di trattare in maniera approfondita le dinamiche e gli sviluppi di questi particolari casi, è utile qui ricordare che la nuova ipotesi delittuosa andrà a sanzionare, con la multa da cinquemila a quindicimila euro e la reclusione da uno a sei anni, chiunque diffonda senza il consenso della persona interessata contenuti multimediali di natura pornografica, avendoli ricevuti, creati o sottratti se gli stessi fossero dovuti rimanere privati.
Un altro particolare reato, introdotto dalla Legge n. 69 del 2019, è quello inerente ai particolari e, purtroppo, relativamente diffusi episodi di aggressione con l’acido. Non occorre indagare a fondo in questo senso visto che, negli ultimi anni, tali spregevoli episodi sono balzati agli onori di cronaca e chiunque può averne sentito parlare. Un crimine di questo genere, che coinvolge indipendentemente uomini e donne, non poteva ulteriormente essere ignorato dal legislatore che è intervenuto addirittura aumentando il campo di applicabilità delle condotte integranti il fatto illecito. La nuova norma, infatti, prevista dall’articolo 583-quinquies, andrà a sanzionare con la reclusione da otto a quattordici anni chiunque cagioni una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso. Pertanto, come anticipato, la condotta lesiva è libera purché diretta allo sfregio del viso. Inoltre, se dal fatto deriva la morte della vittima, è prevista la pena dell’ergastolo.
Parimenti “sentita” è la terza ipotesi introdotta all’articolo 558-bis del codice penale e diretta a punire quei soggetti che, ledendo la libertà personale di altri, impongono il matrimonio. Nello specifico, viene sanzionato chiunque, con costrizione o minaccia, costringa una persona a contrarre matrimonio o unione civile. La pena prevista, in questi casi, è la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chiunque induca al matrimonio abusando della posizione di inferiorità della vittima, sia essa data dal rapporto familiare, lavorativo o domestico. La pena, infine, è aumentata nei casi in cui la vittima sia minore degli anni diciotto o, ancora, da due a sette anni di reclusione se sia inferiore agli anni quattordici. La disposizione, oltretutto, è applicabile al cittadino italiano se il fatto è commesso all’estero e al cittadino straniero residente in Italia, così come se la vittima è un cittadino italiano o comunque residente nel territorio italiano.
Il Codice Rosso, da ultimo, è intervenuto apportando ai reati in esame un generalizzato aumento sanzionatorio. Innanzitutto, il reato di maltrattamenti è stato ricompreso tra quelli che consentono l’applicazione di misure cautelari. In secondo luogo, è stata innovata la misura preventiva di allontanamento del soggetto agente dai luoghi frequentati dalla vittima, al fine di consentire l’utilizzo di strumenti tecnologici di controllo come il noto braccialetto elettronico.
La pena per il delitto dei maltrattamenti familiari, poi, viene innalzata da un minimo di tre anni a un massimo di sette di reclusione. Parimenti vengono innalzate le pene detentive per i delitti di stalking e violenza sessuale che, ora, comportano rispettivamente la reclusione da un minimo di un anno a un massimo di sei anni e sei mesi e da un minimo di sei anni ad un massimo di dodici anni. La forbice sanzionatoria per la violenza sessuale, nella forma aggravata della violenza di gruppo, passa invece a un minimo di otto anni e a un massimo di quattordici.
Un intervento legislativo di questo genere, come anticipato in apertura, è stato particolarmente “sentito” a causa delle condotte penalmente rilevanti che quotidianamente accadono. La violenza domestica, in particolare, risulta particolarmente ostica da debellare e ciò, il più delle volte, per la paura della vittima o per la convinzione di quest’ultima che la relazione tossica che sta vivendo sia del tutto normale o, peggio ancora, ad essa imputabile. Con il Codice Rosso, quindi, si vogliono aumentare le tutele alle vittime andando ad agire, da un lato, sul fattore deterrente dato dall’aggravio delle pene e, dall’altro, fornendo uno strumento di velocizzazione dei procedimenti al fine di far sentire effettivamente tutelato il soggetto offeso in tempi certi. A questo discorso è doveroso un plauso alle neo introdotte ipotesi di reato che mirano, finalmente, a occupare zone d’ombra precedentemente scoperte dallo strumento penale, a partire dalla previsione del revenge porn. Non deve dunque meravigliare che tale riforma abbia trovato largo appoggio da maggioranza e opposizione di governo, oltre che da diverse associazioni di settore.
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