Ugo Nespolo poliedrico e lineare, pittore e regista. Nespolo artista e critico, reinterprete, Nespolo simbolico. Precursore, avanguardista, condizionale e mai indicativo. Una ricerca sperimentale e stratificata, la sua, che dagli anni Sessanta non si è mai arrestata. Al contrario, il suo lavoro pare che stia da sempre procedendo per ramificazioni, arborescenze, senza mai tradirsi o rischiare di corrompersi.
Sono gli anni Sessanta quando affiora nel panorama artistico la figura di Ugo Nespolo. Ha circa vent’anni e il suo esordio lascia presagire un futuro fuori dal coro. Pierre Restany presenta i suoi lavori alla Galleria Schwarz di Milano, presso la quale espongono anche Baj, Duchamp, Schwitters e Arman. Con le prime opere Nespolo riesce ad anticipare il movimento di Arte Povera, alle cui mostre iniziali partecipa con entusiasmo. Si manifesta in queste prime esperienze la potenza sorgiva di un’arte ancora giovane ma tutt’altro che immatura e, al contrario, perfettamente conscia di sé.
La linea quasi programmatica che prende Nespolo durante la sua carriera pare realizzarsi proprio agli inizi dell’esperienza artistica. Rimane forte un’impronta Pop, ma l’imperativo è quello di fare arte. Farla in ogni modo, con ogni mezzo, qualsiasi supporto, e non votarsi mai ad una sola scuola, piuttosto a molte, senza per questo legarvisi a doppio filo. E infatti, in un’intervista riflette così sulla separazione dal movimento di Arte Povera:
Credo però che sia stato anche importante un clima di disgregazione dell’idea di gruppo che si è andata affermando proprio negli Anni Sessanta e Settanta.
Voglio dire, forse sono tornato alla manualità e all’eclettismo, anche perché ho voluto manifestare il mio individualismo. Come se ci fosse stato un doppio parallelismo: ero affascinato dalla Pop Art e allo stesso tempo dalla possibilità di affermare in qualche modo la mia individualità.
Appartengono a questo periodo le opere Molotov, Condizionale, Power Violence e molte altre tavole senza titolo. Secondo Restany, il minimo comune denominatore fra le opere di questo periodo è la frammentazione della realtà. Vale a dire che il reale e tutto ciò che vi appartiene non si manifestano nel proprio statuto oggettivo e irriducibile. Gli elementi adoperati vengono spogliati di ogni connotazione universale o generale, di ogni cliché, di tutte le informazioni che si hanno a riguardo. Questo è il motivo per cui
oggetti e forme di Nespolo vivono al condizionale e non all’indicativo. Essi affermano la loro presenza, non s’impongono in quanto tali. Ci suggeriscono invece la potenzialità di una dimensione spazio-tempo entro la quale – una volta integrati – assumeranno il loro pieno significato.
Ulteriore marca dell’eclettismo di Ugo Nespolo è il legame con le esperienze cinematografiche. Il suo Cinema degli Artisti è un cinema sperimentale, d’autore, in cui gli attori sono gli stessi artisti – oltre che i suoi amici. E dunque compaiono Lucio Fontana, Michelangelo Pistoletto, Enrico Baj, Alighiero Boetti. Man Ray a Parigi gli fornisce un testo da adoperare per il film Revolving Doors.
Anche la produzione cinematografica risente della stratificazione – e dunque scomposizione – della realtà. Lui stesso presenta i suoi film con un gioco che ha per unica regola la messa al bando della razionalità. Così i personaggi appaiono come nevrotici, i loro movimenti veloci e meccanici, accelerati da una smania senza senso. Ma lungi dall’essere cinema surrealista, le sue pellicole altro non sono che la dimostrazione evidente di una realtà paradossale. Allarga le maglie del concreto per scoprirne i meccanismi profondi e apparentemente inspiegabili.
Si innova ancora una volta la sua arte. Si ampliano i supporti e i materiali adoperati, sfibrando senza acutizzare il suo eclettismo. A New York, Nespolo impara che la figura dell’artista non può più essere separata dalla realtà contingente. Il paradigma dell’uomo di cultura che adopera la cultura stessa come baluardo contro la società in cui vive è ormai inapplicabile. La contaminazione non è affatto inquinamento. Da qui le applicazioni di Nespolo nei confronti di sperimentazioni artistiche tra le più varie: le copertine dei dischi, l’abbigliamento, gli orologi Swatch, le Vespe, le grafica pubblicitaria per il Campari.
Non si dica per questo che la sua produzione artistica scade nel kitsch. Nell’attenzione agli oggetti d’uso quotidiano si invera la compresenza di una bellezza che non è più separata dalla merce né dal consumo.
Come Nespolo stesso afferma, non c’è bisogno di particolari conoscenze filosofiche o economiche per rendersi conto che l’oggetto artistico è anche un prodotto di consumo. Ma ciò che il kitsch produce non è una convergenza tra la forma della merce e gli obiettivi dell’arte. Per Nespolo, il kitsch si manifesta come un «eccesso di messaggio». Vale a dire che kitsch è l’esasperazione attentamente calcolata di aspetti periferici. Il risultato è un’arte elitaria anacronistica rispetto al tempo in cui si vive, un fenomeno comprensibile solo a specialisti investitori e minoranze appassionate.
Nespolo ha inoltre confezionato costumi teatrali e si è occupato delle scenografie di spettacoli come la Turandot di Busoni, il Don Chisciotte di Paisiello, l’Elisir d’amore di Donizetti e la Butterfly di Giacomo Puccini. Non solo: nel 2000 si è occupato del tour di Ivano Fossati.
Appare chiaro, quindi, come mai la mostra milanese definisca Nespolo un artista fuori dal coro. Il rapporto con gli oggetti d’arte in quanto tali, il rapporto con il messaggio che veicolano, un così amplio ventaglio di possibilità e produzioni artistiche lo collocano a pieno diritto nell’Olimpo degli artisti eccentrici, inassimilabili, oltre ogni convenzione.
Il percorso della mostra è costruito come un viaggio all’interno della produzione dell’artista. La compongono duecento opere che evidenziano l’originalità di Nespolo da un lato e la sua linea coerente seppur irriproducibile dall’altro. Tra le opere esposte spiccano i diversi materiali – ceramiche, vetro, metalli, legno –e i differenti supporti di cui si avvale.
La mostra, visitabile gratuitamente a Palazzo Reale dal 6 luglio al 15 settembre 2019, è curata da Maurizio Ferraris ed è promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e dallo Studio Nespolo, e realizzata grazie a Fondazione Bracco, main sponsor del progetto, con il supporto organizzativo di Skira, editore del catalogo.
In copertina: Ugo Nespolo, Window Poem, 1984, acrilici su legno.
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