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Economia

Stragi USA: un fenomeno simbolo della società attuale

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Lorenzo Ricchitelli

«Io non voglio dare armi a persone instabili dal punto di vista mentale, o a persone piene di rabbia e odio, o a persone malate». Queste sono state le dichiarazioni del presidente USA Donald Trump alla stampa americana all’inizio di un mese terribile per la cronaca americana, che nuovamente ha visto protagonisti l’utilizzo libero e sconsiderato delle armi e, sullo sfondo, il razzismo e il suprematismo bianco come leitmotiv di questi tragici accadimenti. Perché queste parole di Trump sono così controverse, secondo l’opinione pubblica americana e non solo? Il motivo appare abbastanza chiaro: quello del presidente repubblicano è chiaramente uno “sviamento” dal reale problema di fondo, ovvero le gravi difficoltà dovute a razzismo e libera violenza che stanno riaffiorando in questo recente periodo e che vengono attribuite allo stesso Trump, il quale avrebbe fomentato questo clima in maniera indiretta a seguito delle sue dichiarazioni e delle sue azioni politiche in quanto presidente. Possono queste recenti stragi rappresentare una fotografia del periodo socio-politico che stanno vivendo e con fatica affrontando gli USA? Ricostruire gli eventi, andando a cercare così il filo logico che li collega alla società americana contemporanea, può essere un buon punto di partenza.

Le stragi recenti: il ritorno di un problema mai risolto negli USA

La ricostruzione degli eventi inizia con il primo caso di quello che è stato definito terrorismo interno, ovvero il commettere gravi atti criminali mossi da odio razziale o di altro genere, che possono in alcune zone comportare anche la pena di morte. Il 28 luglio 2019 è occorsa una sparatoria a Gilroy, California, dove un diciannovenne di origini italo-iraniane ha sparato con un fucile automatico durante una delle più famose manifestazioni dedicate al cibo che si svolgono ogni anno negli USA. L’elemento che fa riflettere, e che sarà comune anche alle stragi precedenti e successive a questa, è l’aperta simpatia che il killer aveva per l’ideologia suprematista: genericamente, quello che si intende per difesa della superiorità della razza bianca. Le vittime di questo attacco sono state tre, tra cui un bambino di sei anni, con un numero di feriti non inferiore a quindici.

Il Senatore del Vermont Bernie Sanders. Foto: wwwabcnews.go.com

Questo primo evento fece subito mettere in moto le proteste dell’establishment di sinistra americano che, attraverso le parole del democratico Bernie Sanders, ha manifestato il suo sdegno e ha incentivato il congresso nazionale a modificare questa “dittatura” delle armi. Sanders ha difatti affermato:

Il nostro corrotto sistema politico, che è controllato dalla lobby delle armi, si deve svegliare.

Le parole di Sanders non sono state le uniche, anche perché la situazione è precipitata nella prima metà di agosto in un’escalation di morte e violenza inaudita. La mattina del 3 agostopresso la città di El Paso, al confine tra Texas e Messico,un ragazzo di ventun anni è entrato in un centro commerciale Walmart e ha sparato all’impazzata su chiunque gli si ponesse di fronte con un fucile d’assalto, arrivando al tragico risultato di ventuno vittime e oltre venti feriti. Dopo essere stato catturato, Patrick Crusius, autore di questo massacro, è stato interrogato per capire le motivazioni che lo hanno portato a un gesto così folle e disumano. Dalle prime indiscrezioni è emerso che il movente può essere fatto risalire all’odio razziale verso la razza ispanica. Questo episodio, per le modalità e le motivazioni, si collega a quello in California e alimenta il dubbio di fondo, ovvero se veramente sia il clima instaurato dall’amministrazione Trump ad aver attizzato questo focolaio di odio e razzismo, che ormai si può definire incontrollato. La supposizione viene accreditata dalla presa di posizione e dalle dichiarazioni dello Stato del Messico. Il Ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrad ha manifestato pubblicamente l’indignazione  del Messico per l’accaduto e ha lanciato un’accusa molto forte nei confronti del Governo USA:

Consideriamo quanto accaduto come un atto di terrorismo contro la comunità messicano-nordamericana e contro i cittadini del Messico negli Stati Uniti. Il Messico è indignato, ma non proponiamo di contrapporre l’odio all’odio. Agiremo utilizzando raziocinio, rispetto della legge e fermezza.

Il presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador. Foto: www.thedailycases.com/

Questo utilizzo del raziocinio dichiarato dal Ministro messicano viene bissato dalla presa di posizione del Messico a seguito della possibile pena di morte che rischierebbe Crusius a seguito delle sue azioni, tramite le parole del suo presidente Andrés Manuel Lopez Obrador. Il massimo esponente messicano ha affermato che il Paese è contrario alla condanna a morte del ragazzo, poiché la pena capitale è contro la Costituzione del Messico, così come l’ergastolo. Tuttavia il pensiero è duro e fermo, poiché Obrador sta vagliando la possibilità di richiedere l’estradizione per poter processare nel Paese del Centro America Crusius: «Vogliamo una pena severa, che serva da esempio. Visto che si è trattato di un crimine premeditato, con tutte le aggravanti, rischierebbe oltre cinquant’anni in Messico».

Il secondo episodio in poche ore: la sparatoria di Dayton

La situazione di violenza incontrollata continua a poche ore di distanza da questa sparatoria: all’una di notte del 5 agosto a Dayton, in Ohio, il giovane Connor Betts si è recato nel quartiere Oregon della città e ha sparato sulla folla, con la conseguenza di nove vittime e ventisei feriti, con l’utilizzo di un’arma automatica, vero e proprio filo rosso delle stragi degli ultimi mesi. Vi sono degli elementi molto rilevanti che aggravano la situazione di queste due tragedie avvenute a poche ore di distanza: la loro preparazione sembra essere stata accurata e l’azione non è avvenuta in modo confusionale e senza alcun tipo di precauzione, dato che entrambi gli attentatori erano ben equipaggiati. Crusius è entrato nel Walmart munito di cuffie (come quando si spara al poligono) e occhiali, mentre Betts era addirittura equipaggiato con un corpetto anti-proiettile. Purtroppo quello che si è verificato negli ultimi due mesi non è una novità negli USA, poiché nel corso degli ultimi decenni ogni anno vi sono sempre stati episodi di violenza causata dalle armi, con moventi di varia matrice; ma sicuramente la recente presidenza di Trump ha intensificato, indirettamente, questo fenomeno che ha radici socio-culturali profonde.

La posizione di Trump e il problema del traffico di armi negli USA

Il predecessore alla Casa Bianca ora presieduta da Trump, il democratico Barack Obama. Foto: www.forbes.com

La situazione attuale viene comunemente associata al tipo di posizione politica che ha sempre assunto l’amministrazione Trump. A tal proposito, anche se indirettamente, è intervenuto dopo lungo tempo in silenzio l’ex presidente USA Barack Obama, il quale ha chiarito con un post su Twitter la sua posizione riguardo il recente clima che si è sviluppato nel Paese:

Bisogna fermamente respingere il linguaggio che viene dalle bocche di chiunque dei nostri leader alimenti un clima di paura e di odio o tenda a minimizzare il razzismo. Leader che demonizzano coloro che non ci assomigliano o suggeriscono che gli immigrati minacciano il nostro modi di vivere o che l’America appartiene solo a un certo tipo di persone.

Forte è stata la risposta di Trump alle accuse che gli sono state mosse ultimamente. Il presidente USA ha affermato che non sono il razzismo e il suprematismo bianco le cause di queste stragi, bensì: «A premere il grilletto sono stati odio e disabilità mentale». Dunque, il presidente pone la lente dell’attenzione sul fatto che questi due killer fossero semplicemente mossi da disturbi mentali forti e da un odio represso, poiché non c’è posto per altro in America. Trump è intervenuto su Twitter negli scorsi giorni per respingere le affermazioni non solo di Obama ma anche dei media, i quali, secondo il politico repubblicano, stanno essi stessi fomentando un clima di odio, peggiorando così solamente la situazione. Ma il caso delle armi non può passare inosservato. econdo i dati solo da inizio anno 246 sono state le vittime nelle sparatorie di massa. Non è questo il dato più raccapricciante: negli USA il numero delle armi supera quello degli abitanti, con 327 milioni di persone a fronte di 350 milioni di armi che circolano.

Le parole di Trump lasciano spazio a dubbi per il futuro

Trump ha sottolineato come ci sia la necessità di controllare più fermamente la circolazione di armi in America, legando questo provvedimento possibilmente alla riforma sull’immigrazione. Purtroppo però i fatti contraddicono il presidente, poiché le maggiori vittime di queste recenti stragi sono state proprio le minoranze etniche che abitano il Paese. Dunque, il clima socio-culturale in un’America sconvolta da queste tragedie è più che mai controverso, poiché imperversano episodi e proclami di odio razziale e manifestazioni di suprematismo bianco: il presidente smentisce però che vi siano questi problemi e che vadano altresì condannati, anche se la campagna sull’immigrazione e il progetto del muro al confine messicano non fanno che lasciare spazio a supposizioni che collegano il governo Trump a questo nuovo clima culturale. In aggiunta, Trump ha alimentato il dubbio dell’opinione pubblica affermando di non essere intenzionato a interrompere la compravendita di fucili automatici negli USA, impegnandosi per un maggiore controllo sulle armi, nonostante le numerose dimostrazioni dell’uso sconsiderato di questo tipo di arma nella quasi totalità dei tragici casi esposti. Solo il tempo potrà dire se gli Stati Uniti troveranno una direzione per gestire quella che è una crepa interna che nel tempo si sta sempre più ingrandendo, rischiando nel lungo periodo di frantumare la società americana.

 

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Lorenzo Ricchitelli

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