Nel precedente articolo sono state illustrate a grandi linee le innovazioni tecnologiche che il 5G sta introducendo nel mondo delle telecomunicazioni globali, con l’obiettivo di dissipare i dubbi in merito. Tuttavia la discussione generale sul 5G è incentrata principalmente sui presunti rischi per la salute collettiva e sembra sempre più alimentata dai diffusori seriali di bufale e da una frangia di politica internazionale più interessata al consenso irrazionale che allo sviluppo tecnologico. Questo articolo nasce come complemento al precedente e con lo scopo di riportare brevemente gli studi in merito e i motivi di un allarmismo ingiustificato.
Il presunto pericolo delle radiazioni elettromagnetiche per la salute sono da decenni un tema che divide la comunità medica e scientifica mondiale. Quello che è certo è che le radiazioni dovute alle telecomunicazioni sono non-ionizzanti, cioè non trasportano sufficiente energia per quanto per poter ionizzare un atomo o una molecola, ovvero staccare uno o più elettroni da quest’ultimi, ma al massimo di portarlo ad un livello o sottolivello energetico superiore. Praticamente tutte le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore rispetto alla luce visibile (dall’infrarosso in poi, quindi radiofrequenze, microonde, etc.) sono considerate non-ionizzanti, mentre quelle di lunghezza minore come l’ultravioletto e i raggi X o gamma sono considerate ionizzanti. Un’altra distinzione pratica è basata sull’energia per particella trasportata, secondo la quale se è minore di 33 elettronVolt (l’energia necessaria per ionizzare l’acqua) la radiazione si considera non-ionizzante. Le radiazioni nelle varie radiofrequenze hanno sempre energia molto minore di tale soglia. I pericoli per la salute dovuti dalle radiazioni ionizzanti sono noti e comprovati, nonché di massima gravità in caso di forte e/o prolungata esposizione, e vanno dai danni permanenti ai tessuti ai carcinomi fino alle mutazioni genetiche. La ragione è appunto nella loro capacità di ionizzare molecole, incluse quelle del DNA umano, creando tali disfunzioni dalla “base” del nostro organismo.
Decisamente minori sono gli effetti da esposizione a radiazioni non-ionizzanti: in particolare, gli effetti generici da esposizione prolungata a radiazioni in radiofrequenza si limitano ad un aumento della temperatura corporea di qualche decimo di °C e ad un riscaldamento della cute che può portare a degli eritemi. Tuttavia si sono osservati nel corso degli anni casi particolari di disturbi molto simili a delle reazioni allergiche, come nausea, vomito o eruzioni cutanee, in ambienti con un tasso di radiazioni elettromagnetiche comunque tollerate dalla maggioranza della popolazione; casi particolari invece si sono verificati per sintomi psicologici, come spossatezza, difficoltà nella concentrazione o esaurimento nervoso. C’è chi definisce questa sintomatologia come ipersensibilità elettromagnetica o in breve EHS, sebbene l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha mostrato tramite numerosi studi come non esista una relazione causa-effetto tra tali disturbi e l’esposizione a radiazioni in intervalli di frequenze utilizzati nelle telecomunicazioni, dichiarando così come tali disturbi siano da attribuire ad altri fattori scatenanti quali stress o ciclo sonno-veglia irregolare.
I vari studi medici e scientifici in merito che hanno portato l’OMS ad una posizione non del tutto definita non hanno mai convinto alcune organizzazioni di persone che invece ostracizzano l’utilizzo e la diffusione delle reti di telecomunicazioni permeative come le reti cellulari. Nell’articolo precedente è stato illustrato come probabilmente l’evoluzione più importante del 5G è l’utilizzo delle bande di frequenze delle onde millimetro, fino a poco tempo fa esclusive per applicazioni scientifiche e militari.
L’applicazione nello standard 5G di antenne a microonde porta a due risvolti finora mai studiati nell’ambito dell’impatto sulla salute pubblica: l’utilizzo di tali frequenze per irradiare trasmissioni commerciali, molto più fitte e costanti rispetto a quelle non commerciali, e la maggiore capillarità delle antenne installate, poiché le onde millimetro hanno un raggio molto corto e non penetrano i corpi che ostacolano il “raggio visivo” dell’antenna. Ciò ha portato ad un atteggiamento molto diffidente da parte di alcuni stati: ad esempio i governi di Belgio e Svizzera hanno momentaneamente sospeso le applicazioni sperimentali del 5G nel loro territorio, in attesa di studi specifici sollecitati anche dallo SCHEER, la commissione dell’Unione Europea sullo studio dei rischi ambientali, sebbene la posizione politica della UE in merito al 5G è di libertà di scelta per ogni suo stato membro. Lo stesso è accaduto anche negli Stati Uniti d’America, dove la scorsa primavera alcuni parlamentari federali hanno richiesto provvedimenti alla FCC, mentre le giurisdizioni di New Hampshire e Vermont hanno anch’esse sospeso le sperimentazioni 5G nei loro territori. In altri stati come la Russia invece le installazioni e le sperimentazioni per il 5G hanno avuto da subito il via libera dai governi nazionali.
E in Italia? Al momento sono ancora in corso le fasi sperimentali in tre aree definite dal Ministero dello Sviluppo Economico nel 2017 per quanto concerne le trasmissioni in banda delle onde millimetro (26 GHz): la città metropolitana di Milano (area 1), le province di Prato e L’Aquila (area 2) e di Bari e Matera (area 3). Solo dall’inizio di quest’anno si stanno installando le infrastrutture in altre aree del paese (hinterland Roma, Napoli, Torino e Verona) per nuove sperimentazioni, che dovranno concludersi entro il 31 Dicembre 2021. Per l’utilizzo nel quadrienno 2018-2022 delle bande già in uso dai vecchi standard l’anno scorso c’è stata un’asta a cui hanno partecipato gli attuali concorrenti del mercato fonia-dati nazionale, per un incasso da parte dello Stato di oltre sei miliardi di euro. L’unico ente che finora ha espresso perplessità è stato il Codacons, che circa un mese fa ha inviato un esposto a varie procure della Repubblica chiedendo la sospensione delle sperimentazioni.
Le posizioni politiche dei governi sovra citati, per quanto legittime e solo a livello precauzionale, non trovano corrispondenza con la comunità scientifica internazionale, che sempre attraverso l’OMS ha ribadito la sicurezza nell’utilizzo di reti wireless e cellulari, sempre per l’impossibilità di dimostrare un’effettiva relazione causa-effetto tra le radiazioni ad onde millimetro ed alcune malattie che gli vengono “contestate”. Gli studi richiesti semplicemente ci sono già. La critica dell’utilizzo delle onde sulla portante a 26 GHz neanche regge poiché è comunque come detto una frequenza già utilizzata da decenni in applicazioni non commerciali, come ad esempio i radar spaziali o per il traffico aereo, senza aver provocato comprovati rischi collettivi per la salute.
Tuttavia alcuni gruppi di persone persistono, invero più per fede che con il supporto delle prove, nel credere a questa correlazione tra radiazioni elettromagnetiche di reti wireless e malattie quali il cancro alla pelle. Non solo, con l’avvento del 5G hanno ricominciato a diffondere notizie tendenziose, se non bufale. Ad esempio promuovono un parallelismo senza correlazione con il negazionismo sui danni alla salute dovuto dal fumo di tabacco durante il secolo scorso. Però all’epoca non c’erano gli strumenti efficaci oggi a disposizione per poter definire con certezza le casistiche ed il relativo tasso d’incidenza delle malattie legate al consumo di tabacco. È il classico trucco dello scostamento dell’onere della prova tramite l’argomentazione ad ignorantiam: il fatto che non è stata dimostrata l’assoluta incorrelazione tra radiazioni elettromagnetiche ed alcuni rischi per la salute non implica assolutamente che invece siano correlate, anzi per banale inferenza è decisamente più probabile il contrario. Sebbene gli argomenti specifici di ogni tecnologia implicano una conoscenza profonda non alla portata di tutti, non bisogna mai cadere nel tranello delle facilonerie “da complotto” che spesso nascondono nient’altro che una copia di un libro in più da vendere o un voto in più per le prossime elezioni.
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