Quello che il presente articolo analizza potrebbe apparire come un lieto fine ma in realtà non vi è nulla di lieto; anche se, finalmente, si è raggiunto un punto d’arrivo. Con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, si giunge alla fine di un calvario che si protrae ormai da cinque anni, ossia quello che trova il proprio epicentro nel crack delle banche del Centro Italia, nel 2015, e delle banche venete nel 2017. La notizia è stata al centro della cronaca per diverso tempo. Da un lato ha coinvolto le discussioni politiche dei maggiori partiti italiani e, dall’altro, ha destato particolare preoccupazione di un possibile collasso economico ricollegabile ai predetti dissesti bancari. Inoltre, le note vicende hanno coinvolto direttamente migliaia di risparmiatori che, da un giorno all’altro, hanno visto svanire i propri investimenti e, purtroppo, alcune di queste storie si sono concluse nel peggiore dei modi.
La centralità dei singoli investitori, siano essi azionisti od obbligazionisti, ha portato a definire le vicende (e conseguentemente i rimborsi di cui andremo a parlare) come quelle dei “truffati dalle banche”. Tuttavia, se per parte dei soggetti coinvolti ciò può essere vero, il fondo istituito dalla legge n. 145 è ben più ampio e non necessita di alcuna connessione con l’avvenuta truffa. Nello specifico, dunque, prescinde dalle vicende personali che hanno portato all’acquisto degli strumenti finanziari delle banche “incriminate” e, fortunatamente, dalla pendenza di procedimenti o di condanne per il reato di truffa. I soggetti coinvolti e danneggiati, infatti, sono i più disparati e spaziano dai singoli investitori non professionisti, allettati dalla presunta solidità degli istituti di credito, agli imprenditori che hanno investito in azioni bancarie al fine di ottenere prestiti agevolati, fino a coinvolgere veri e propri speculatori finanziari.
I crack bancari
Nel 2015, dopo un periodo di dissesto economico e successiva insolvenza, nonostante il commissariamento, di diversi istituti bancari del centro Italia, il Governo interviene su spinta della Banca d’Italia emanando il decreto legge 183/2015 che ha disposto l’applicazione della neo introdotta procedura di bail-in nei confronti di Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Chieti e CARIFE. La procedura di bail-in prevede sostanzialmente il coinvolgimento diretto di proprietari e investitori della banca oggetto di procedura escludendo i patrimoni fino a centomila euro e, ovviamente, fondi e depositi dei clienti che la banca ha unicamente in gestione. Proprio in base a tale procedura sono stati coinvolti gli azionisti e gli obbligazionisti.
Appare importante capire la distinzione tra questi due strumenti finanziari anche perché, come vedremo in seguito, il fondo introdotto offre due differenti forme di indennizzo per gli uni e per gli altri. Gli azionisti sono, semplicemente, quei soggetti che acquistano azioni (in questo caso della banca) diventandone in parte “proprietari” e partecipando all’utile e alle perdite. In questo caso, dunque, si capisce perché la perdita di valore dell’Istituto si sia riflessa direttamente sul valore dell’azione comportando, di fatto, la perdita di quanto investito. Per ciò che concerne gli obbligazionisti, questi non partecipano direttamente all’impresa acquistandone una quota ma, in pratica, forniscono un prestito alla stessa che verrà restituito con la maggiorazione degli interessi. Questi soggetti, seppur le obbligazioni siano strumenti considerati di minor rischio rispetto alle azioni, si sono visti coinvolti direttamente dalla procedura di bail-in nella loro qualità di investitori.
Una simile conclusione (di azzeramento del valore dei titoli finanziari) è quella che ha visto protagoniste le Banche Venete, ossia Veneto Banca e Popolare di Vicenza, seppure in questo caso non sia stata applicata la procedura prevista a livello comunitario. A seguito dell’introduzione dell’obbligo per le grandi banche popolari di divenire società per azioni, previsto dall’Investment Compact, si è passati dal valore delle azioni determinato dalla dirigenza al confronto diretto con il mercato. Da qui il punto di non ritorno: la Popolare di Vicenza, a seguito dell’avvio di indagini da parte della Guardia di Finanza in cui è stato coinvolto, fra gli altri, l’ex presidente Zonin, ha visto susseguirsi un aumento di capitale e l’acquisizione da parte del Fondo Atlante nel 2016. Nel 2017, infine, la Banca Centrale Europea accerta il dissesto delle due banche venete e, di conseguenza, il Governo approva la loro liquidazione coatta amministrativa. Con la cessione a Intesa San Paolo al prezzo simbolico di cinquanta centesimi per banca e l’intervento statale di ricapitalizzazione dei due istituti si conclude il salvataggio delle due banche venete. Al termine delle suddette operazioni le azioni delle due banche, precedentemente valutate 39,50 euro cadauna per Veneto Banca e 62,50 euro cadauna per Popolare di Vicenza, vengono ridotte al prezzo di dieci centesimi di euro l’una.
La legge 145 del 2018 e l’accesso ai risarcimenti
Date le premesse, il clima politico creatosi e, più in generale, il sentire comune, un provvedimento diretto a indennizzare almeno in parte i cittadini coinvolti non poteva farsi attendere ulteriormente. Dopo anni di proteste continue nelle sedi dei vari istituti bancari coinvolti, promesse elettorali e, purtroppo, gravi fatti di cronaca nera, è stato istituito con la legge di bilancio 2019 il Fondo Indennizzo Risparmiatori. In particolare, dunque, la legge 145 del 2018 ha previsto un apposito fondo dotato, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, di 525 milioni di euro. Tale fondo si occuperà di versare, nelle modalità di cui parleremo tra poco, un indennizzo per i risparmiatori che hanno subito un ingiusto pregiudizio dalla liquidazione coatta amministrativa degli istituti bancari nel periodo fra il 16 novembre 2015 e il 1 gennaio 2018. L’ultimo passaggio per l’ufficializzazione e l’avvio definitivo degli indennizzi era rappresentato dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di attuazione a opera del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tale passaggio si è concretizzato in data 21 agosto 2019 rendendo così possibile la presentazione delle domande e dando il via al decorso del termine di centottanta giorni entro cui proporle. Analizziamo ora nel dettaglio la procedura.
A quanto corrisponde l’indennizzo?
L’importo erogato sarà differente a seconda del prodotto finanziario a suo tempo acquistato, vale a dire se obbligazioni o azioni delle stesse banche. Per quanto riguarda le obbligazioni, queste saranno risarcite nel limite del 95% del costo di acquisto entro il limite massimo complessivo di centomila euro per ciascun risparmiatore. Per le azioni, invece, la misura dell’indennizzo è ben inferiore e pari al 30% del costo di acquisto e, anche in questo caso, nel limite massimo di centomila per ciascun risparmiatore. L’indennizzo, così determinato, sarà inoltre corrisposto al netto di eventuali rimborsi già percepiti in via transattiva o, comunque, in qualsiasi altra e diversa forma di ristoro, rimborso o risarcimento.
Chi può accedere alla procedura?
Come già anticipato, possono proporre la domanda tutti i risparmiatori coinvolti nell’acquisto di azioni o obbligazioni delle banche liquidate fra il 16 novembre 2015 e il 1 gennaio 2018. Fra questi devono comprendersi persone fisiche, imprenditori individuali, imprenditori agricoli o coltivatori diretti, organizzazioni di volontariato e promozione sociale, oltre alle micro-imprese che occupano al massimo dieci dipendenti con un fatturato annuo non superiore a due milioni di euro. Ha diritto a richiedere l’indennizzo, inoltre, chi è susseguito al risparmiatore in qualità di erede o chi è divenuto titolare degli strumenti finanziari a seguito di un atto di trasferimento tra vivi ma, in questo caso, è richiesta l’esistenza di un rapporto di familiarità con il risparmiatore, sia esso coniuge, convivente more uxorio, unito civilmente o parente entro il secondo grado.
Sono invece espressamente escluse le controparti qualificate, fra cui le società di investimento, i clienti professionali individuati dalla Consob e i soggetti che a far data dal 2007 hanno rivestito, nelle banche oggetto di liquidazione, incarichi nel consiglio di amministrazione o di vigilanza, membri del collegio sindacale, consiglieri delegati, direttori o vicedirettori nonché i loro parenti e affini di primo e secondo grado.
Come verranno concessi gli indennizzi?
La procedura individuata dal legislatore può definirsi come un procedimento a doppio binario. Da un lato, infatti, è prevista una “procedura semplificata” attraverso la quale l’indennizzo verrà corrisposto automaticamente. Dall’altro, invece, è previsto un controllo più stretto sulla domanda operato da un’apposita commissione del MEF e diretto alla verifica dell’effettiva violazione delle norme di buona condotta bancaria previste dal TUF. L’accesso alla procedura semplificata, o che dir si voglia forfettaria, spetta a chi alternativamente abbia un patrimonio mobiliare di proprietà del risparmiatore inferiore ai centomila euro (esclusi i titoli oggetto della domanda e le assicurazioni sulla vita) o un ISEE inferiore ai trentacinquemila euro per l’anno 2018. Per quanto riguarda l’ISEE, questo può essere agevolmente calcolato presso il sito dell’INPS o recandosi in un qualsiasi sindacato. Il patrimonio mobiliare, invece, fa riferimento ai conti correnti e depositi, sia bancari che postali, ai titoli di Stato e ai buoni fruttiferi e alle azioni e obbligazioni possedute.
Per chi, invece, non è in possesso di nessuno di due diviene cruciale quanto fornito, al momento della domanda, ai fini di provare le violazioni del TUF da parte della banca. Tali violazioni possono essere individuali o di portata generale, contrattuali o extracontrattuali, poste in essere anche col carattere della sistematicità degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza. Da un punto di vista pratico, e a titolo meramente esemplificativo, vi rientrano la mancata o insufficiente comunicazione del rischio al risparmiatore, la valutazione dell’acquirente e delle sue conoscenze rispetto al profilo di rischio, l’incongruità rispetto all’età del cliente o la vendita di azione per accedere ad altri servizi come mutui a tasso agevolato ma anche la pubblicazione, da parte della banca, di dati fuorvianti per l’investitore in relazione alla solidità e situazione della banca. Secondo stime del Ministero, questi soggetti, costituiscono il 10% rispetto al totale dei risparmiatori lesi.
Quanto alle tempistiche, gli indennizzi verranno disposti tramite bonifico secondo i riparti che verranno di volta in volta approvati dalla commissione appositamente istituita presso il MEF. Verranno soddisfatti innanzitutto in ordine cronologico e fino ai limiti della disponibilità del fondo, ossia entro il suo esaurirsi. Saranno privilegiati quegli indennizzi di importo inferiore ai cinquantamila euro e, successivamente, quelli in via forfettaria di quei soggetti che risultano in possesso di uno dei due requisiti appena visti.
Qual è il contenuto dell’istanza?
La domanda, che va presentata unicamente nella forma dell’istanza telematica nell’apposito portale, ha un contenuto ben determinato. Il punto in questione appare particolarmente critico, in quanto l’assenza di parte della documentazione richiesta, unitamente allo stringente termine di centottanta giorni per presentare l’istanza, può comportare la perdita del diritto al risarcimento. Fra i documenti richiesti, in linea generale, ricordiamo quelli utili al fine di identificare il soggetto e l’oggetto della domanda quali i documenti d’identità, le proprie coordinate bancarie e quelli che provano l’acquisto degli strumenti finanziari. Eventualmente, poi, andrà allegato ogni documento necessario per provare le violazioni da parte della banca; requisito, questo, obbligatorio per quei soggetti che non rientrano nel rimborso “forfettario”. Sono previste, da ultimo, due autocertificazioni. Nel caso, invece, di titolarità degli strumenti finanziari per successione mortis causa, si rende necessaria un’ulteriore dichiarazione sostitutiva.
Entro quando va presentata l’istanza d’indennizzo?
La domanda deve essere presentata entro centottanta giorni a decorrere dal 22 agosto 2019.
Dove va presentata l’istanza d’indennizzo?
L’istanza diretta all’accesso al FIR può essere compilata unicamente in via telematica e dall’area personale del sito appositamente istituito, previa registrazione.
La previsione di un apposito fondo per ristorare, almeno in parte, le forti perdite di chi aveva riposto tutte le proprie speranze e, cosa non da poco, i propri risparmi in istituti bancari poi falliti era un atto dovuto. Tuttavia, data la mole di documentazione richiesta e il sistema unicamente telematico per la presentazione dell’istanza ci si ritrova di fronte al rischio, concreto, che gran parte degli indennizzi non venga corrisposta. Mediamente, infatti, la maggior parte dei risparmiatori “truffati” è composta da persone anziane o comunque non pratiche con la stringente burocrazia che situazioni del genere impongono. Il consiglio, dunque, è quello di farsi assistere nella compilazione della domanda e nel suo invio da professionisti del settore o comunque da associazioni che si occupano della tutela dei consumatori.