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Spettacolo

Tadao Andō: toccare una mela verde per vivere cent’anni

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Elena Testa

Giovedì 5 settembre 2019 il Teatrino di Palazzo Grassi, a Venezia, ha visto come ospite d’eccezione l’architetto giapponese, premio Pritzker, Tadao Andō. La conferenza è da collocarsi nell’ambito della Japan Week, la settimana che la città ha dedicato al Paese del Sol Levante, patrocinata dal Comune di Venezia e dalla Fondazione Italia Giappone con il sostegno dell’Università Ca’ Foscari, con eventi e incontri con personalità politiche e non, italiane e giapponesi. Durante la conferenza, l’architetto ha ripercorso le tappe principali della sua carriera, iniziata con l’apertura del suo studio a Ōsaka nel 1968. Non è la prima volta nella città lagunare per Tadao Andō: sua è, infatti, la progettazione del restauro dell’area di Punta della Dogana (2009), spazio espositivo per le opere di arte contemporanea della Fondazione François Pinault.

Il pomo della longevità

Andō apre la conferenza con un saluto a Oliviero Toscani: fu proprio il fotografo, nel 1992, a fargli ottenere la commissione per la realizzazione del Centro Fabrica di Benetton a Villorba, in provincia di Treviso (inaugurato poi nel 2000). Abituato a lavorare su edifici ex novo, in aree in cui non è ancora presente nulla, Andō racconta di essersi reso conto dell’importanza che il nostro Paese attribuisce alle costruzioni storiche, con una sorta di compromesso a cui dover giungere per potervi lavorare e creare. Nel momento in cui fu contattato da Toscani, Andō stava lavorando a un progetto per l’imprenditore e collezionista d’arte François Pinault a Parigi; il progetto, tuttavia, fallì, per poi confluire anni dopo nel già menzionato restauro di Punta della Dogana a Venezia. In entrambi i casi, la sfida più importante è stata preservare la storia già presente nei siti.

Una delle sale di Punta della Dogana a Venezia. Lo scatto mostra il connubio tra l’edificio storico e le aggiunte moderne in cemento e vetro, tipiche dell’architettura di Tadao Andō. Foto: Luca Girardini.

Ma perché Tadao Andō parla proprio di una mela verde? Questa è l’immagine che gli ha da sempre ispirato la realizzazione di un mondo di architetture in cui le persone potessero ricevere stimoli e provare emozioni all’interno degli spazi da lui creati. Le stesse persone, ormai, vivono fino a cento anni; e per vivere fino a cento anni, secondo Andō, è fondamentale mantenere la propria curiosità. Anche questa longevità è direttamente collegata al simbolo della mela. Andō ne ha realizzata una dal diametro di trenta metri (posta davanti al Museo d’Arte della Prefettura di Hyōgo). Egli le attribuisce un valore che si potrebbe definire apotropaico: con l’ironia che ha caratterizzato tutta la durata del suo intervento, l’architetto spiega che chiunque la tocchi anche una sola volta riuscirà a raggiungere il secolo d’età.

Tadao Andō: da Michelangelo a Casa Azuma

Per vivere in un contesto umano, Andō spiega che è necessario innanzitutto costruire una propria casa. Passa poi a raccontare dei viaggi che compì agli albori della sua carriera, studiando le architetture anche tramite la realizzazione di numerosissimi schizzi artistici e planimetrie. Il primo dei suoi viaggi, nel 1963, lo portò a girare l’intero Giappone, mentre in quello di pochi anni più tardi girò l’Europa e l’Africa. Mostrando foto e disegni del Pantheon e di opere di Michelangelo, Tadao Andō ricorda come egli abbia imparato moltissimo in Italia. Fu particolarmente colpito dalla scala michelangiolesca della Biblioteca Medicea Laurenziana a Firenze che, a suo dire, è riuscita a creare un intero universo. L’universo in cui il genere umano abita è uno soltanto, e ognuno deve essere cosciente di vivere in questo universo, ci ammonisce Andō.

Rendering di Casa Azuma. È visibile la scala che collega i due piani attraverso il giardino interno aperto. Foto: youmanist.it

Tornato in Giappone, nel 1968 Tadao Andō aprì il suo studio a Osaka. Il suo primo lavoro fu la casa del fratello di un amico: un lavoro che egli definisce piccolissimo, ma in cui afferma con orgoglio di essere riuscito a creare un proprio universo. La casa doveva inizialmente ospitare tre persone, ma man mano che la famiglia del committente si allargava con nuove nascite anche Andō lavorò per estenderla ed aumentarne gli spazi, dopo essere stato costretto a comprare l’edificio. Quando si crea architettura ci sono sempre degli esseri umani che la useranno, ed è a loro che si deve pensare. Andō aggiunse così un piano superiore e allargò lateralmente la costruzione, procedendo con vari espedienti. Pochi anni dopo l’architetto si dedicò al progetto di quella che è oggi conosciuta come Casa Azuma o Casa Row, completata nel 1976: una casa a due piani, insolitamente alta e stretta (tre metri di larghezza per quindici di altezza). Oltre alle dimensioni, l’edificio – senza riscaldamento né aria condizionata – ha la particolarità di avere la camera da letto al piano superiore e il bagno a quello inferiore: li collega una scala che attraversa il giardino interno, senza tetto ed esposto in qualsiasi momento alle intemperie. Agi e funzionalità non sono le uniche priorità: le cose, per dirla con il termine giapponese usato da Tadao Andō, devono essere hageshii, cioè d’impatto. Non sono solo la razionalità e il comfort a dover essere presi in considerazione quando si crea architettura. Un architetto che non si pone problemi è inutile.

L’arte contemporanea a Naoshima

Successivamente, l’argomento si sposta sull’isola di Naoshima, nel Mare Interno del Giappone. L’isola è famosa per ospitare numerosi musei, alcuni dei quali progettati da Andō stesso, e opere di arte contemporanea a dispetto della sua ridotta estensione (poco più di quattordici chilometri quadrati). L’isola è stata in passato devastata e deforestata per fare spazio allo sfruttamento da parte di alcune industrie, che l’hanno poi abbandonata. Il proprietario della Fondazione Benesse (che oggi gestisce un hotel e altri musei a Naoshima), Sōichirō Fukutake, si occupò di piantare alberi in tutta l’isola allo scopo di rimboschirla e contattò Tadao Andō affinché collaborasse alla sua riqualificazione. Tra i progetti da lui curati a Naoshima, degna di menzione è l’ideazione del museo d’arte Chichū (2004), che contiene anche una sala in cui sono esposte alcune delle celebri tele delle Ninfee di Claude Monet, illuminata esclusivamente dalla luce naturale, affinché i visitatori possano comprendere al meglio le condizioni in cui il pittore francese lavorò. L’arte moderna e quella contemporanea hanno bisogno di un lungo periodo di osservazione per essere comprese: anche questa operazione finisce per suscitare quella curiosità che Andō individua come requisito per una vita longeva.

La sala del museo Chichū in cui sono esposte le Ninfee di Claude Monet.

Parigi, 2020: la Bourse de Commerce

Andō parla poi della costruzione del padiglione giapponese in occasione dell’Expo 1992 a Siviglia. In questo caso, la sfida da affrontare è stata la poca dimestichezza degli artigiani spagnoli con le costruzioni in legno. Il padiglione è situato in una posizione elevata, per cui per raggiungerlo è necessaria una scala mobile. L’attrattività e l’interesse di questo spazio sono date dal fatto che, una volta giunti tramite la scala mobile davanti al suo ingresso, i visitatori non hanno altra scelta se non quella di entrare all’interno. Poco dopo, l’architetto iniziò a lavorare su Punta della Dogana a Venezia insieme a un team interamente veneziano. La conferenza si conclude con la menzione dei lavori di restauro alla Bourse de Commerce di Parigi, iniziati nel 2015. Qui, a pochi passi dal Louvre, sotto una cupola dal diametro di sessanta metri troverà spazio il nuovo museo della Collezione Pinault. Al momento di mostrare le foto della lavorazione dell’enorme plastico architettonico, la cui realizzazione ha richiesto sei mesi, ridendo Tadao Andō rivela di essersi servito dell’aiuto di studenti di architettura giapponesi al secondo anno di studi, in quanto avrebbero avuto una minore comprensione della direzione del lavoro rispetto a studenti più anziani. Il museo della Bourse de Commerce verrà inaugurato a giugno 2020.

Il progetto del museo della Bourse de Commerce a Parigi, che verrà inaugurato nel 2020. Foto: magazine.bellesdemeures.com

La vita è lunga: per viverla al meglio servono curiosità, forza fisica, cose belle e buoni amici. Il globo terrestre è unico e le risorse presenti su di esso finiranno per esaurirsi. Non saranno solo scienza e tecnologia a dover rimediare a questa situazione: anche l’arte dovrà fare la sua parte. Tadao Andō sorride e conclude con l’augurio che ogni essere umano possa giungere a cento anni, risplendendo proprio come una mela verde.

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Elena Testa

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